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Cronache

Lottizzavano cattedre a Medicina, 22 a rischio processo

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Sono ventidue le persone che potrebbero finire a processo nell’ambito dell’inchiesta sulle presunte irregolarità nei concorsi alla facoltà di medicina dell’università di Firenze. La procura del capoluogo toscano ha chiuso le indagini, che vedono accusati gli indagati per associazione a delinquere, corruzione, rivelazione di atti d’ufficio e abuso di atti d’ufficio. Sotto la lente degli inquirenti erano finite le logiche spartitorie che avrebbero regolato l’assegnazione delle cattedre e la programmazione dei concorsi a professore associato e ordinario. In particolare, tra il 2015 e il 2021, a “individuare i vincitori dei concorsi” – secondo i magistrati – sarebbe stato un “comitato” composto da quattro persone, tutte accusate di costituire un’associazione a delinquere.

Dagli accertamenti, coordinati dal procuratore aggiunto Luca Tescaroli e condotti dalla Guardia di finanza, è emerso che l’associazione avrebbe avuto come presunto capo l’ex rettore di Firenze Luigi Dei (ora in pensione), il collaboratore più stretto, l’ex prorettore Paolo Bechi (anche lui in pensione), l’ex direttore del Meyer Alberto Zanobini, interdetto pochi giorni fa dal gip dalla funzione per tre mesi, e il professore Marco Carini, ex direttore del dipartimento oncologico e di chirurgia a indirizzo robotico dell’azienda di Careggi, anche lui ora in pensione. Ognuno nell’associazione, secondo l’accusa, abusando dei rispettivi ruoli e poteri avrebbe commesso “una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione volti alla individuazione dei vincitori di concorsi pubblici per professore associato e ordinario banditi dall’università di Firenze, in dispregio della normativa e ai principi di meritocrazia”. In tal modo, avrebbero gestito “le risorse finanziarie disponibili per finalità eminentemente privatistiche”. “Prendiamo atto delle contestazioni e solo dopo aver letto gli atti del fascicolo faremo le nostre valutazioni”, è il commento dell’avvocato Sigfrido Fenyes, difensore dell’ex rettore Luigi Dei.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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Cronache

“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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