La dispersione scolastica e’ associata alle caratteristiche della famiglia di origine: se il livello di istruzione dei genitori e’ basso, l’incidenza degli abbandoni precoci e’ molto elevata. Lo rileva l’Istat nel rapporto, pubblicato oggi, su ‘Livelli di istruzione e ritorni occupazionali, anno 2023′. Quasi un quarto (23,9%) dei giovani 18-24enni con genitori aventi al massimo la licenza media – si legge nel dossier – ha abbandonato gli studi prima del diploma, quota che scende al 5,0% se almeno un genitore ha un titolo secondario superiore e all’1,6% se laureato.
In Italia, nel 2023, la quota di 18-24enni con al piu’ un titolo secondario inferiore e non piu’ inseriti in un percorso di istruzione o formazione e’ pari al 10,5%, in diminuzione di un punto percentuale rispetto al 2022. Nonostante i notevoli progressi, osserva l’Istat, il valore resta tra i piu’ alti dell’Ue (la media europea e’ pari al 9,5%): l’Italia, terzultima nel 2021, nel 2023 diventa quintultima (con valori inferiori alla Romania, Spagna, Germania e Ungheria). Il fenomeno dell’abbandono scolastico e’ piu’ frequente tra i ragazzi (13,1%) rispetto alle ragazze (7,6%). Anche i divari territoriali restano ampi: nel 2023, l’abbandono degli studi, prima del completamento del percorso di istruzione e formazione secondario superiore, riguarda il 14,6% dei 18-24enni nel Mezzogiorno, l’8,5% al Nord e il 7,0% nel Centro.
Tra i giovani con cittadinanza straniera, il tasso di abbandono precoce degli studi e’ tre volte quello degli italiani (26,9% contro 9,0%) e varia molto a seconda dell’eta’ di arrivo in Italia. Per chi e’ entrato in Italia tra i 16 e i 24 anni di eta’ la quota raggiunge il 41,2%, scende al 33,4% per chi aveva 10-15 anni e cala ulteriormente, pur rimanendo elevata (19,1%), tra i ragazzi arrivati entro i primi nove anni di vita; all’interno di questa classe di eta’ si nota una tendenziale riduzione quanto piu’ l’arrivo e’ anticipato ai primi anni di vita.
Le donne in Italia sono piu’ istruite degli uomini: nel 2023, il 68,0% delle 25-64enni ha almeno un diploma o una qualifica (62,9% tra gli uomini) e coloro in possesso di un titolo terziario raggiungono il 24,9% (18,3% tra gli uomini). Le differenze di genere risultano piu’ marcate di quelle osservate nella media Ue27. Lo rileva sempre l’Istat, nel rapporto, pubblicato oggi, su ‘Livelli di istruzione e ritorni occupazionali, anno 2023′, sottolineando che “il vantaggio femminile nell’istruzione non si traduce in un vantaggio lavorativo”: il tasso di occupazione femminile e’ molto piu’ basso di quello maschile (59,0% contro 79,3%). Al crescere del titolo di studio, i differenziali occupazionali di genere si riducono: 32,3 punti percentuali per i titoli bassi (36,8% e 69,1% i tassi di occupazione femminili e maschili), 21,6 p.p. per i medi (62,4% e 84,0% i rispettivi tassi) e 6,9 p.p. per gli alti (81,4% e 88,3% i tassi di occupazione).
Donne più istruite ma meno occupate degli uomini
Il divario di genere si riduce per effetto dell’aumento dei tassi di occupazione femminili piu’ marcato di quelli maschili all’aumentare del livello di istruzione raggiunto: il tasso di occupazione tra le laureate e’ infatti di 19,0 punti percentuali superiore a quello delle diplomate (soli 4,3 punti percentuali tra gli uomini) e tra le diplomate e’ di 25,6 punti percentuali piu’ elevato di quello tra le donne con al massimo la licenza media inferiore (14,9 punti percentuali tra gli uomini). Anche le differenze con la media europea si riducono significativamente all’aumentare del livello di istruzione: tra le donne con basso titolo di studio il tasso di occupazione e’ inferiore di 10,2 punti percentuali a quello medio Ue27 (36,8% contro 47,0%), differenza che scende a 9,2 punti percentuali per i medi (62,4% contro 71,6%) e a 3,8 punti percentuali tra coloro con titolo di studio terziario (81,4% verso 85,2%).
84,3% tasso occupazione laureati, 73,3% per diplomati
Tra i 25-64enni, il tasso di occupazione dei laureati e’ 11 punti percentuali piu’ alto di quello dei diplomati (84,3% e 73,3%, rispettivamente). Il gap sale a 15,7 punti tra gli under 35 che hanno conseguito il titolo da uno a tre anni prima (75,4% e 59,7%). Lo rileva l’Istat nel rapporto ‘livelli di istruzione e ritorni occupazionali, anno 2023′, pubblicato oggi. Nella popolazione di eta’ compresa tra i 25 e i 64 anni il tasso di occupazione aumenta, tra il 2022 e il 2023, di circa un punto percentuale per qualsiasi titolo di studio, si legge nel report: i differenziali tra i tassi di occupazione dei diversi livelli di istruzione rimangono pertanto invariati. Nel 2023, tra chi possiede un titolo terziario, il tasso di occupazione raggiunge l’84,3%, valore superiore di 11 punti percentuali rispetto a quello di chi ha un titolo secondario superiore (73,3%) e di 30 punti percentuali rispetto a chi ha conseguito al piu’ un titolo secondario inferiore (54,1%). Il tasso di disoccupazione dei laureati, pari al 3,6%, e’ invece significativamente piu’ basso rispetto a quello dei diplomati (6,2%) e a quello di coloro con basso titolo di studio (10,7%). “Si conferma dunque – scrive l’Istat – l’evidente ‘premio’ occupazionale dell’istruzione, in termini di aumento della quota di occupati al crescere del titolo di studio conseguito”. Nel nostro Paese, tuttavia, le opportunita’ occupazionali rimangono piu’ basse di quelle medie europee anche per chi raggiunge un titolo terziario: il tasso di occupazione medio nell’Ue27 (87,6%) e’ superiore a quello dell’Italia di 3,3 punti percentuali, differenza solo leggermente inferiore a quella osservata per i titoli medio-bassi.