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Cultura

Il magistrato e scrittore Nicola Graziano ci fa assaporare i sentimenti veri de “Il vecchio e…l’odore del mare”

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Nicola Graziano. Magistrato e scrittore

Fin da piccolo era abituato a trascorrere la lunga estate trattenendosi fino al tramonto sulla spiaggia fatta di sabbia caldissima che come un mantello accoglieva il suo corpo stanco dopo ore ed ore di nuoto e di tanto divertimento con gli amici dai quali si distaccava solo durante l’inverno per poi rivederli l’anno successivo ed ancora l’altro anno.

Aspettava con il cuore pieno di gioia che la palla di fuoco iniziava la sua discesa verso la linea dell’orizzonte per poi scomparire dopo aver baciato come una carezza il mare calmo e generoso.

Era la fine di un giorno di gioia ed allegria. Era il preludio al riposo. Era l’attesa di un nuovo e splendido giorno.

E così per tutto l’inverno gli restava dentro l’odore del mare che penetrava attraverso le sue narici nella sua mente e nella sua anima, generando forti emozioni che erano la sua invisibile forza.

Poi venne il giorno della malattia, di quella subdola malattia che man mano ti ruba la memoria perché apre la cassaforte dei tuoi pensieri e dei tuoi ricordi, appropriandosene irrimediabilmente.

Lui era un lottatore e resisteva nella difesa dei ricordi, primo fra tutti quello delle giornate in cui si correva in spiaggia come cavalli possenti, in cui passeggiava con sua moglie e i suoi figli sul bagnasciuga, disegnando con il dito la linea dell’orizzonte e del futuro.

La mano tremava ed era sempre più difficile coordinare i movimenti e l’uso della parola.

Il suo sguardo spesso si perdeva nel vuoto e a lui sembrava di volare lontano verso quel mare che gli era stato complice, che gli era stato amico, che gli aveva regalato quell’odore acre e pieno di energia.

“Sto morendo” disse al suo barelliere con le lacrime agli occhi e con tutta la forza che aveva ancora dentro “lo so che sto morendo ma vi chiedo di esaudire il mio ultimo desiderio: portatemi sulla riva del mare, voglio vederlo per l’ultima volta, voglio sentire il suo odore”.

E sul suo fianco cadde sfinito, come dopo uno sforzo immane.

L’autista dell’ambulanza e gli altri uomini a bordo si guardarono negli occhi, mentre uno di loro asciugava le lacrime che ancora bagnavano il volto dell’ammalato.

Fu uno sguardo intenso e d’intesa e così scelsero di deviare il percorso che portava diritto all’ospedale.

Dopo alcuni chilometri erano lì sul lungomare lungo ed assolato ed il mare si presentava come una giovane sposa, ricco di scintillanti nastri d’argento.

Era calmo e sereno, mentre le sue piccole onde carezzavano il bagnasciuga.

Il sole era alto e caldo.

Intanto lui era sprofondato nel sonno come a riprendersi dello sforzo immane che aveva compiuto per rivolgere loro la sua ultima preghiera.

Spalancarono il portellone ed un timido raggio di sole gli baciò il volto, asciugando le sue ultime lacrime.

Si svegliò o meglio gli parve di vivere un sogno e nel silenzio di lunghissimi attimi vide passare davanti a sé mille ricordi e tantissime emozioni.

Quel respiro profondo dell’odore del mare che penetrava le sue narici fu come una medicina che fece svanire per alcuni istanti la sua malattia.

Era solo con i suoi pensieri e con il suo mare ed il suo sguardo si perdeva verso la linea dell’orizzonte.

Sorrise con tutta la forza che aveva ancora nei suoi muscoli mentre non poteva fermare le sue silenziose lacrime.

Aveva oramai più di ottanta anni e sapeva di essere quasi alla fine dei suoi giorni.

“Andiamo via” disse con voce flebile e tremante “mi avete regalato attimi di eternità, così adesso posso affrontare tutto il resto che mi aspetta”.

Come un rito, come una preghiera si misero in moto verso la destinazione ignota che è il futuro di ogni ammalato.

A lui non restava molto altro tempo e si avviava verso l’ignoto silenzio che è la fine della vita.

Aveva chiesto di vedere il mare e di sentirne il suo odore perché morire senza ricordi e senza memoria è un po’ come non essere mai nato.

Involontariamente i giovani che lo assistevano durante il suo viaggio verso l’ospedale gli avevano fatto il regalo più grande.

Adesso poteva finire i suoi giorni immergendo i suoi ricordi nelle acque cristalline e scintillanti del mare, del suo mare che divenne anche il mare di quei giovani volontari che così gli avevano restituito la felicità, rubandolo per un attimo alla malattia.

*L’autore di questo commento è Nicola Graziano , magistrato e scrittore

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Museo di Capodimonte, il fotovoltaico invisibile e l’organico in aumento

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È il primo grande museo nazionale con i tetti in fotovoltaico invisibili, Capodimonte, a Napoli, ha fatto da apripista per altri siti, altri musei per avviare un progetto di efficientamento energetico: Federico Mollicone, presidente della Commissione cultura della Camera ha aperto il suo giro di visite nei musei italiani proprio con Capodimonte. Con lui la commissione che sotto la guida del direttore del museo, Sylvain Bellenger, lo ha girato in lungo e in largo.

“Mostriamo vicinanza a Capodimonte, spiega Mollicone, che sta diventando anche luogo di narrazione e di diplomazia culturale con la prossima mostra al Louvre di Parigi. E’ un’eccellenza ma sappiamo anche che ci sono criticità strutturali che vengono dal passato. Con il ministro Sangiuliano e con la Commissione oggi qui il Parlamento sostiene l’indirizzo in corso che ha delle esigenze di bilancio, ad esempio sul personale e sui restauratori. C’è stato già un grande lavoro su questo e dalle prossime settimane si può rafforzare l’organico. Le criticità nei grandi musei, ha infine detto il deputato, ci sono, nonostante la passione di direttori come Bellenger e altri, ma ci sono limiti di finanza pubblica in strutture meravigliose che hanno problemi di riqualificazione e manutenzione. Il ministro ha presentato politiche attive di defiscalizzazione che estendano il bonus per portare veri sostegni strutturali, dopo il tanto che è stato già fatto con i fondi Ue”.

 

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Cultura

È morta Bice Biagi, figlia di Enzo, giornalista e scrittrice

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La giornalista Bice Biagi, figlia di Enzo,  è morta: aveva 75 anni. Lo ha reso noto Articolo 21, associazione alla quale la giornalista e scrittrice nata a Bologna contribuiva nel ruolo di garante. “Ha sempre avuto come impegno – ricorda Articolo 21 – la difesa dei diritti delle donne e come baluardo di riferimento la Costituzione”, coerente con l’insegnamento di suo padre Enzo. Fin da giovane del resto era stata protagonista di battaglie di libertà.

 

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Cultura

Schiava la madre di Leonardo, trovato atto liberazione

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Un documento originale, ritrovato dallo studioso Carlo Vecce nell’Archivio di Stato di Firenze, riscrive la storia di Caterina, madre di Leonardo da Vinci: una giovane originaria dell’antica Circassia, regione del Caucaso, arrivata come schiava a Firenze e liberata con un atto scritto dal notaio Piero da Vinci, padre di Leonardo, il 2 novembre 1452. A renderlo noto lo stesso Vecce che proprio da questo atto ha fatto partire la sua ricerca che lo ha portato poi a pubblicare con Giunti ‘Il sorriso di Caterina’, biografia romanzata della madre del Genio da Vinci.

“La madre di Leonardo era una ragazza della Circassia – rivela Vecce, professore dell’Università di Napoli e studioso della civiltà del Rinascimento – che a un certo punto della sua vita è stata rapita e venduta più volte come schiava fino ad arrivare da Costantinopoli a Venezia e poi a Firenze dove ha incontrato il padre di Leonardo da Vinci”. L’ipotesi che Caterina potesse essere una schiava girava però da tempo.

“Un po’ per caso, qualche anno fa, sono venuti fuori questi documenti e ho iniziato a studiarli per dimostrare che questa Caterina schiava non fosse la madre di Leonardo, ma alla fine tutte le evidenze andavano in direzione contraria, soprattutto questo documento di liberazione”. Con le parole “filia Jacobi eius schlava sue serva de partibus Circassie”, l’atto ritrovato attesta la liberazione della schiava Caterina, figlia di Jacob, da parte della sua padrona di Firenze, monna Ginevra. Nel suo romanzo poi Vecce arriva a immaginare che Jacob fosse un principe del Caucaso, ma questo rientra tra le licenze letterarie che l’autore si concede tra un documento storico e l’altro. “Quello che c’è nel libro è reale – ha precisato l’autore .- Nel libro la fiction interviene solo per connettere le loro storie e integrare le lacune”.

Tra i punti fermi della narrazione c’è il fatto che Caterina sia arrivata a Firenze grazie a un avventuriero fiorentino di nome Donato che prima di morire, nel 1466, lascia i suoi soldi al convento di San Bartolomeo a Monte Oliveto per la realizzazione della cappella di famiglia. Il notaio che scrive il suo testamento, anch’esso custodito dall’Archivio di Firenze, è sempre Piero da Vinci. Proprio per quella chiesa Leonardo dipinse la sua prima opera, l’Annunciazione in cui, secondo Vecce si vede l’influsso della madre. “Nel dipinto ci sono una montagna e una città marina – spiega Vecce -, Caterina potrebbe avergli raccontato i luoghi della sua infanzia”. Per l’autore “Caterina ha lasciato a Leonardo una grande eredità, sicuramente lo spirito di libertà, il desiderio più grande di una schiava. Nell’opera di Leonardo, infatti, troviamo l’idea di libertà prima di ogni altra cosa”. Oltre a questo, il romanzo, anche se incentrato sulla figura della madre, cambia anche la storia dello stesso Leonardo. Il genio, ha detto Vecce, “non è italiano, lo è solo per metà. È figlio di un notaio, ma per l’altra metà Leonardo è figlio di una straniera, di una schiava, di una donna al più basso gradino sociale di quell’epoca, una donna scesa da un barcone”. Vecce infine racconta che recentemente a Milano, dietro Sant’Ambrogio, nei lavori per la nuova sede dell’Università Cattolica, sta ricomparendo la cappella dell’Immacolata Concezione, nella cui cripta sono stati trovati resti umani di antiche sepolture. Forse, ipotizza Vecce, anche i resti di Caterina, morta a Milano tra le braccia del figlio Leonardo nel 1494, e sepolta in quel luogo.

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