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Cultura

Pompei, rinvenuta un’iscrizione che spiega come l’Impero compensava suoi eroi

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“A Numerius Agrestinus, figlio di Numerius, Equitius Pulcher, tribuno militare, prefetto degli Autrygoni, prefetto del genio militare, Duumvir per la giurisdizione (ovvero detentore della magistratura più alta nella città di Pompei) per due volte, il luogo della sepoltura (fu) dato su decreto del consiglio della città”: è quel che recita l’iscrizione su una tomba rinvenuta a Pompei durante alcuni lavori. L’ultima scoperta nell’area archeologica.

Una brillante carriera militare, poi il buen retiro a Pompei, nella cittadina campana, famosa per la bellezza del paesaggio e le vedute sul golfo di Napoli, che attirava anche personaggi come Cicerone e Agrippa. È quanto emerge dall’iscrizione trovata durante i lavori per la realizzazione di un’intercapedine, funzionale a risanare dall’umidità gli ambienti sotterranei dell’edificio di San Paolino, nuova sede della biblioteca del Parco Archeologico di Pompei.

Il rinvenimento è stato reso noto oggi sull’E-Journal degli Scavi di Pompei, la rivista in rete che informa “in tempo reale” sulle nuove scoperte e ricerche in corso nel sito archeologico. Hanno contribuito alla lettura e interpretazione dell’iscrizione Maria Chiara Scappaticcio, Professore Ordinario di lingua e letteratura latina all’Università Federico II di Napoli e Alberto Dalla Rosa, Professore Ordinario di Storia Romana all’Université Bordeaux Montaigne.
Lo scavo per la realizzazione dell’intercapedine aveva appena toccato le due estremità della tomba, a forma di semicerchio e riconducibile a una tipologia ben nota a Pompei: si tratta delle cosiddette tombe “a schola”, che consistono in una panchina emiciclica, in tufo, decorata alle estremità con zampe di leone.

Da lì la decisione dei responsabili del Parco di ampliare lo scavo e di musealizzare, nei pressi della nuova biblioteca, un monumento funerario peculiare, che può essere datato al regno dell’imperatore Augusto (27 a.C. – 14 d.C.). L’scrizione sullo schienale della panchina ha rilevato chi fosse il defunto, riservando più di una sorpresa agli addetti ai lavori:
N(umerio) AGRESTINO N(umerii) F(ilio) EQUITIO PULCHRO TRIB(uno) MIL(itum) PRAEF(ecto) AUTRYGON(um) PRAEF(ecto) FABR(um) II D(uum) V(iro) I(ure) D(icundo) ITER(um) LOCUS
L’iscrizione continua in lettere più piccole posizionate al di sotto, al centro dello schienale:
SEPULTURAE DATUS D(ecreto) D(ecurionum)

VIDEO: Gabriel Zuchtriegel, Direttore dell’area archeologica di Pompei spiega il valore del nuovo ritrovamento

“A Numerius Agrestinus, figlio di Numerius, Equitius Pulcher, tribuno militare, prefetto degli Autrygoni, prefetto del genio militare, Duumvir per la giurisdizione (ovvero detentore della magistratura più alta nella città di Pompei) per due volte, il luogo della sepoltura (fu) dato su decreto del consiglio della città.”
Un primo dato sorprendente consiste nel fatto che lo stesso personaggio è noto da un’altra iscrizione funeraria della necropoli di Porta Nocera, dove sua moglie, Veia Barchilla, aveva realizzato un monumento a forma cilindrica per sé stessa e per il marito. Solo successivamente il consiglio dei decurioni avrebbe poi decretato di onorare Numerio Agrestino con un monumento su suolo pubblico.
Un secondo elemento nuovo consiste nella carica di “praefectus Autrygonum”. Gli Autrygoni o Autorigoni erano un popolo delle regioni settentrionali della penisola iberica, dove Augusto tra il 29 e il 19 a.C. fu impegnato nelle “guerre cantabriche”, con l’obiettivo di completare l’occupazione della Spagna, Hispania in latino. Si tratta di una carica finora non attestata che aiuta, a livello storico, a comprendere meglio l’organizzazione del potere romano in una fase di transizione verso il modello imperiale.


“Con questo ritrovamento – dichiara il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano – il sito di Pompei si conferma un luogo di primaria importanza per ampliare la nostra conoscenza e comprendere al meglio la società dell’epoca. Per questo motivo ho fortemente voluto che nell’ultima Legge di Bilancio ci fossero risorse per una campagna di scavo nazionale per ampliare gli scavi in diversi parchi archeologici. A Pompei, in particolare, in questo momento ci sono diversi cantieri come mai era accaduto nei decenni scorsi. Mi piace ricordare, a questo proposito, gli scavi di Civita Giuliana che ho visitato di recente, area strappata all’attività illegale dei tombaroli e recuperata grazie a un accordo tra il Parco archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata. Pompei sempre di più si può considerare come un modello di gestione e conservazione del patrimonio culturale italiano, certificato anche dalla Commissaria europea per la Coesione e le Riforme, Elisa Ferreira, che ha visitato con me il sito il 4 ottobre scorso e si è complimentata per l’utilizzo dei fondi del finanziamento “Grande Progetto Pompei”.
“Vediamo emergere qui la rete del potere che collegava le élites dell’impero, ai cui membri chiedeva l’impegno nelle aree di conflitto, con la promessa di ricompense economiche ma soprattutto di prestigio sociale nella comunità di residenza – spiega il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel – Aver ricoperto ben due volte la magistratura più alta di Pompei, il duumvirato, ed essere stato onorato con un monumento funerario su suolo pubblico, sono espressioni di riconoscimento e lealtà verso qualcuno che si era letteralmente battuto in prima linea per la causa dell’impero. La scoperta inattesa di questo monumento è l’ennesimo esempio di come a Pompei la tutela, la ricerca e la valorizzazione siano strettamente intrecciate tra di loro.”

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Cronache

Addio a Giorgio Forattini, il re della satira: funerali a colori per lo spirito libero che ha raccontato l’Italia con una vignetta

Milano saluta Giorgio Forattini con un funerale “a colori”. Il re della satira, morto a 94 anni, ricordato da colleghi e amici come un uomo libero, ironico e gentile.

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Quando hai smesso di disegnare è finita un’epoca”. È una delle frasi lasciate sui registri all’ingresso della chiesa di Santa Francesca Romana, nel cuore di Porta Venezia a Milano, dove questa mattina si sono svolti i funerali di Giorgio Forattini, il più celebre vignettista e maestro della satira italiana, scomparso il 4 novembre a 94 anni.

La chiesa era gremita per un funerale “a colori”, come lo avrebbe voluto lui. Fiori vivaci, cappotti rossi, arancio, celesti, a ricordare la vitalità e l’ironia con cui per mezzo secolo Forattini ha raccontato l’Italia dalle pagine di La Repubblica e Il Giornale.

Il saluto di Ilaria Cerrina Ferroni: “Amava i colori e la gentilezza”

Oggi sono in rosso perché Giorgio amava i colori”, ha raccontato la moglie Ilaria Cerrina Ferroni, spiegando di aver prestato i suoi cappotti agli amici più cari. “Lo amavano tantissimo, c’è stata una partecipazione straordinaria, che si merita, perché era un uomo buono e gentile”.

Come in uno dei suoi giorni di lavoro, la salma è entrata in chiesa accompagnata da musica celtica, quella che Forattini ascoltava “a tutto volume” mentre disegnava.

Giornalisti, artisti e amici per l’ultimo saluto

Tanti i volti noti del giornalismo e della cultura presenti: Ferruccio de Bortoli, Lina Sotis, Stella Pende, Salvatore Carrubba, insieme alla stilista Chiara Boni, al musicista Mario Lavezzi e all’editore Urbano Cairo.

Era un grande pensatore libero, capace di sintetizzare un editoriale in una vignetta”, ha detto Cairo. “La sua indipendenza lo ha portato a lasciare anche giornali importanti: non si piegava, non aveva paura di dire ciò che pensava. Oggi c’è bisogno di persone come lui”.

Per Carrubba, Forattini è stato “uno spirito libero e anticonformista”, mentre don Aldo Monga, durante l’omelia, ha ricordato la sua onestà intellettuale.

Un uomo libero, un artista che ha fatto riflettere

Le sue vignette rimarranno nella memoria della gente come le canzoni”, ha detto Mario Lavezzi, amico di lunga data. “Con la sua penna Giorgio faceva riflettere e toccava corde umane profonde”.

La stilista Chiara Boni ha ricordato un episodio degli anni ’80: “Durante una mia sfilata, D’Agostino commentava in modo terribile: lui e Ilaria erano in prima fila, piegati in due dalle risate. Era la sua ironia, la sua leggerezza”.

L’ultimo viaggio a Monte Porzio Catone

Pur avendo trovato casa e serenità a Milano, le ceneri di Giorgio Forattini saranno tumulate nel cimitero di Monte Porzio Catone, vicino Roma, accanto ai genitori, al fratello e al figlio Fabio, prematuramente scomparso.

Così si chiude la vita di uno dei più grandi osservatori del potere e dei suoi paradossi, un artista che, con una vignetta, sapeva raccontare un intero Paese.

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Cultura

Addio a Giorgio Forattini, il re della satira italiana: una vita a disegnare il potere

È morto a 94 anni Giorgio Forattini, il più celebre vignettista italiano, autore di oltre diecimila disegni che hanno raccontato con ironia e coraggio mezzo secolo di politica italiana. Dalla Dc a D’Alema, il re della satira che fece ridere e infuriare il potere.

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È morto a 94 anni Giorgio Forattini, il vignettista che ha rivoluzionato la satira politica in Italia. Nato a Roma nel 1931, è stato il primo disegnatore satirico pubblicato quotidianamente in prima pagina sui giornali, guadagnandosi l’appellativo di “re della satira”.
La notizia della sua scomparsa è stata data da Il Giornale, una delle ultime testate con cui aveva collaborato.


Una carriera lunga mezzo secolo

Forattini ha firmato oltre diecimila vignette pubblicate su Paese Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, QN, L’Espresso e Panorama, disegnando con ironia pungente e spesso corrosiva vizi, virtù e ipocrisie della politica italiana.
Le sue prime vignette apparvero nel 1973 su Panorama e nel 1974 su Paese Sera, ma la consacrazione arrivò con la vignetta dedicata al referendum sul divorzio: una bottiglia di champagne con il tappo dalle sembianze di Amintore Fanfani che vola via.

Quel disegno fece epoca e segnò l’inizio di una carriera che avrebbe unito arte, giornalismo e satira civile.

GIORGIO FORATTINI  


Da “La Repubblica” a “La Stampa”: l’artista che sfidò il potere

Nel 1976 Forattini fu tra i fondatori de La Repubblica di Eugenio Scalfari, dove creò la storica rubrica “Satyricon”, primo inserto italiano interamente dedicato alla satira. Lì collaborò con autori come Sergio Staino ed Ellekappa, definendo un nuovo modo di raccontare la politica.
Nel 1982 passò a La Stampa, dove firmò ogni giorno la vignetta in prima pagina e rinnovò l’impianto grafico del giornale. Tornò poi a Repubblica nel 1984 e vi restò fino al clamoroso addio del 1999, dopo la querela per una vignetta su Massimo D’Alema relativa al caso Mitrokhin.


Polemiche, processi e libertà di satira

Forattini non fu mai tenero con nessuno: Craxi, D’Alema, Berlinguer, Spadolini, Prodi, Berlusconi, Bossi, Fanfani — tutti finirono sotto la sua matita tagliente.
Le sue caricature restano memorabili: Craxi come un piccolo duce, D’Alema come un Hitler comunista, Amato come Topolino, Veltroni come un bruco, Prodi come un prete, e così via in una galleria che racconta cinquant’anni di storia italiana.

La sua satira fu spesso oggetto di querelle politiche e giudiziarie. Solo da esponenti della sinistra ricevette una ventina di querele, mentre nel 1982 subì persino critiche dal Vaticano per una vignetta su Giovanni Paolo II e Lech Walesa.

Celebre anche il caso del 1999, quando D’Alema lo querelò chiedendo tre miliardi di lire di risarcimento. Forattini, per protesta, disegnò per mesi il premier “senza volto”.

GIORGIO FORATTINI


Un innovatore della comunicazione

Prima di diventare vignettista, Forattini aveva lavorato come pubblicitario e copywriter per Fiat e Alitalia, firmando campagne di successo. Questo background lo rese uno dei primi a coniugare linguaggio visivo e giornalismo con modernità e ritmo.

Tra i suoi oltre 55 libri pubblicati, molti editi da Mondadori, figurano raccolte di successo come Referendum Reverendum (1975), Il Forattone. 1973-2015 e Arièccoci. La Storia si ripete. L’ultimo, Abbecedario della politica (2017), spiegava con ironia “come nasce una vignetta”.


Premi, riconoscimenti e un’eredità immensa

Nel corso della sua carriera ha ricevuto il Premiolino, il Premio Hemingway, il Premio Ischia Internazionale di Giornalismo, il Pannunzio e l’Ambrogino d’Oro dal Comune di Milano nel 1997.
È stato giurato del Premio di satira di Forte dei Marmi e ha ottenuto la cittadinanza onoraria ad Asti e la benemerenza civica di Trieste.

SILVIO BERLUSCONI e GIORGIO FORATTINI


Il disegnatore che fece pensare gli italiani

Giorgio Forattini non è stato solo un vignettista, ma un cronista del potere, capace di raccontare la politica con la forza dell’ironia e del segno.
Le sue vignette non si limitavano a far ridere: smascheravano ipocrisie, provocavano riflessioni, accendevano dibattiti.

Con lui scompare una delle voci più libere e irriverenti del giornalismo italiano. Ma resta la sua eredità: una matita che non ebbe mai paura di disegnare la verità.

 (Tutte le foto del servizio sono di Imagoecononica)

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Cultura

Tre opere del Settecento arricchiscono Capodimonte: il mecenate Giovanni Lombardi riporta a Napoli il ritratto di Carlo III di Borbone

Grazie al mecenate Giovanni Lombardi e al sostegno del ministero della Cultura, tre opere del Settecento entrano nella collezione del museo di Capodimonte. Tra queste, il “Ritratto di Carlo III di Borbone” di Anton Raphael Mengs, simbolo del legame tra Napoli e Madrid.

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Nuovi tesori si aggiungono al patrimonio del Museo e Real Bosco di Capodimonte. Tre opere del Settecento entrano ufficialmente nella collezione, rafforzando la rappresentanza artistica del secolo borbonico e riaffermando l’importanza della collaborazione tra pubblico e privato nella valorizzazione del patrimonio culturale napoletano.

Protagonista dell’operazione è l’imprenditore e mecenate Giovanni Lombardi, presidente di Tecno, che attraverso lo strumento dell’Art Bonus ha permesso l’acquisizione di due opere. Il terzo dipinto è stato donato dal ministero della Cultura, segno di un mecenatismo diffuso che unisce istituzioni, privati e collezionisti.


Le opere acquisite

Le nuove acquisizioni, presentate ufficialmente a Capodimonte, comprendono il “Ritratto di Carlo III di Borbone” di Anton Raphael Mengs, uno dei maggiori esponenti del neoclassicismo europeo.
Il dipinto, realizzato intorno al 1774, raffigura il sovrano con un tono più intimo e umano rispetto ai tradizionali ritratti di corte: un sorriso accennato e la presenza delle decorazioni dell’Ordine del Toson d’Oro e dell’Ordine di Carlo III, fondato dal re stesso nel 1771.

Accanto al ritratto borbonico, entrano a far parte del museo anche lo “Studio per portale monumentale del monastero di San Gregorio Armeno” (1712) e il “San Domenico di Gesù Maria nella battaglia di Praga contro i protestanti”(1708), entrambi di Giacomo Del Po, pittore romano di nascita ma napoletano d’adozione, attivo tra Sei e Settecento.

Le prime due opere sono state donate da Lombardi, mentre la terza arriva grazie a una donazione del ministero della Cultura.


Giovanni Lombardi: “Volevo restituire queste opere alla città”

Nel corso della presentazione, Giovanni Lombardi ha spiegato la motivazione che lo ha spinto all’acquisto:
«Volevo donarli alla città. Il ritratto di Carlo III era a Madrid e mi sembrava giusto riportarlo a Napoli, a Capodimonte, cioè a casa».
L’imprenditore ha sottolineato come l’opera di Mengs lo abbia colpito «per la sua rappresentazione intima del sovrano, lontana dalla rigidità dei ritratti ufficiali».


Schmidt: “Una doppia vittoria per Capodimonte”

Molto soddisfatto il direttore del museo, Eike Schmidt, che ha definito le acquisizioni «due grandi colpi per Capodimonte».
«Nonostante la reggia contenga capolavori del Settecento, mancavano artisti fondamentali per Napoli come Mengs e Del Po. Ora il museo è più completo», ha detto.

Schmidt ha poi evidenziato il successo della sinergia tra Stato e impresa:
«Questa è la dimostrazione che la collaborazione tra pubblico e privato funziona. L’Art Bonus è un meccanismo virtuoso che conviene alle imprese e alla cultura del Paese».

In sala anche il console generale di Spagna a Napoli, Javier Triana Jiménez, che ha salutato il ritorno a Napoli del ritratto di Carlo III come un simbolo del legame artistico e storico tra Madrid e la città partenopea.


Cresce la collezione del Settecento

Alla cerimonia era presente anche Sonia Amadio, dirigente del ministero della Cultura, che ha ricordato il forte incremento delle acquisizioni negli ultimi anni: «Dal 2016 si è passati da poche unità a diverse decine all’anno».

Un dato che conferma il dinamismo del museo diretto da Schmidt e la volontà di fare di Capodimonte un punto di riferimento internazionale per la valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico napoletano.

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