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Cronache

Il Riesame, ‘Baiardo calunniò Giletti, va arrestato’

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Salvatore Baiardo, l’ex gelataio di Omegna e amico dei fratelli Graviano, va arrestato e messo ai domiciliari. A disporre la misura è il tribunale del Riesame di Firenze, che ha accolto la richiesta della procura di Firenze. L’ipotesi di reato è di calunnia nei confronti del giornalista Massimo Giletti e del sindaco di Cerasa Giancarlo Ricca e riguarda il caso della presunta foto (di cui finora non ci sarebbe prova) che ritrarrebbe insieme Giuseppe Graviano, Silvio Berlusconi e il generale dei carabinieri Francesco Delfino. Del controverso scatto Baiardo aveva parlato all’allora conduttore della trasmissione Non è l’Arena, per poi smentire la circostanza davanti ai pm.

La misura – che prevede per Baiardo il divieto di contatti con persone diverse dai difensori e dai conviventi – non è immediatamente esecutiva: bisognerà attendere la scadenza del termine per il ricorso in Cassazione e, laddove la difesa lo presenti, la decisione di conferma della suprema corte. Il cosiddetto tuttofare dei Graviano era finito sotto i riflettori alcuni mesi fa proprio per la sua partecipazione a Non è l’Arena e le sue diverse allusioni riguardanti inediti scenari sulla trattativa Stato-Mafia. Baiardo inoltre, già un paio di mesi prima dell’arresto del boss Matteo Messina Denaro, in un’intervista a Non è l’Arena si era detto convinto che il superlatitante si sarebbe fatto catturare dietro un accordo.

Ma a finire sotto la lente degli inquirenti era stato l’ultimo polverone sollevato dall’ex gelataio, che riguardava la vicenda della presunta fotografia su Silvio Berlusconi con Graviano e Delfino: un’immagine che Baiardo di fronte ai pm avrebbe negato di avere, nonostante ne parlasse in alcune conversazioni captate. La Dda di Firenze aveva indagato Salvatore Baiardo anche per il reato di false dichiarazioni al pm: ai magistrati fiorentini avrebbe detto che il 19 luglio 1992, giorno della strage di via d’Amelio a Palermo, Giuseppe Graviano era con lui e che era stato fermato da un appartenente alle forze di polizia. Le indagini degli inquirenti avrebbero però smentito questa ricostruzione. La procura del capoluogo toscano gli avrebbe inoltre contestato anche la diffusione di notizie coperte da segreto per aver riferito dell’interrogatorio avuto il 27 marzo scorso con i pm del capoluogo toscano. E una ventina di giorni fa Baiardo aveva annunciato la sua entrata in politica, proprio al termine dell’udienza al tribunale del Riesame: “Lo farò con il movimento di centro Avanti Italia”, aveva detto.

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Auto in fiamme, muore una donna

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Tragico pomeriggio a Vado Ligure, in provincia di Savona, dove una donna è morta in circostanze misteriose a causa dell’incendio di un’auto vicino a un distributore di benzina lungo la via Aurelia. Gli eventi hanno destato preoccupazione e confusione nella comunità locale, poiché la dinamica di quanto accaduto rimane ancora avvolta nell’ombra.

Al momento, non è stata fornita alcuna chiarezza sulla natura dell’incidente. Le autorità locali stanno conducendo un’indagine approfondita per determinare se si sia trattato di un gesto deliberato o di un tragico incidente. Ciò che è certo è che la donna è stata trovata senza vita al di fuori del veicolo incendiato, a pochi passi dal distributore di benzina. La sua identità non è stata resa nota pubblicamente, in attesa di informare i familiari più stretti.

L’incidente ha richiamato prontamente l’intervento di diverse squadre di soccorso. I vigili del fuoco hanno lavorato incessantemente per domare le fiamme, mentre l’automedica del 118 ha tentato di prestare soccorso alla vittima. I carabinieri e i membri della Croce Rossa di Savona si sono mobilitati per garantire il controllo della situazione e fornire supporto alle indagini in corso.

 

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Last Banner, aumentano le condanne per gli ultrà della Juventus

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Sugli ultrà della Juventus la giustizia mette il carico da undici. Resta confermata l’ipotesi di associazione per delinquere, l’estorsione diventa ‘consumata’ e non solo più ‘tentata’, le condanne aumentano. Il processo d’appello per il caso Last Banner si chiude, a Torino, con una sentenza che vede Dino Mocciola, leader storico dei Drughi, passare da 4 anni e 10 mesi a 8 anni di carcere; per Salvatore Ceva, Sergio Genre, Umberto Toia e Giuseppe Franzo la pena raggiunge i 4 anni e 7 mesi, 4 anni e 6 mesi, 4 anni e 3 mesi, 3 anni e 11 mesi. A Franzo viene anche revocata la condizionale.

La Corte subalpina, secondo quanto si ricava dal dispositivo, ha accettato l’impostazione del pg Chiara Maina, che aveva chiesto più severità rispetto al giudizio di primo grado. Secondo le accuse, le intemperanze da stadio e gli scioperi del tifo furono, nel corso della stagione 2018-19, gli strumenti con cui le frange più estreme della curva fecero pressione sulla Juventusper non perdere agevolazioni e privilegi in materia di biglietti. Fino a quando la società non presentò la denuncia che innescò una lunga e articolata indagine della Digos. Già la sentenza del tribunale, pronunciata nell’ottobre del 2021, era stata definita di portata storica perché non era mai successo che a un gruppo ultras venisse incollata l’etichetta di associazione per delinquere. Quella di appello si è spinta anche oltre.

Alcune settimane fa le tesi degli inquirenti avevano superato un primo vaglio della Cassazione: i supremi giudici, al termine di uno dei filoni secondari di Last Banner, avevano confermato la condanna (due mesi e 20 giorni poi ridotti in appello) inflitta a 57enne militante dei Drughi chiamato a rispondere di violenza privata: in occasione di un paio di partite casalinghe della Juve, il tifoso delimitò con il nastro adesivo le zone degli spalti che gli ultrà volevano per loro e allontanò in malo modo gli spettatori ‘ordinari’ che cercavano un posto. Oggi il commento a caldo di Luigi Chiappero, l’avvocato che insieme alla collega Maria Turco ha patrocinato la Juventus come legale di parte civile, è che “il risultato, cui si è giunti con una azione congiunta della questura e della società, è anche il frutto dell’impegno profuso per aumentare la funzionalità degli stadi”. “Senza la complessa macchina organizzativa allestita in materia di sicurezza – spiega il penalista – non si sarebbe mai potuto conoscere nei dettagli ciò che accadeva nella curva”. Fra le parti civili c’era anche Alberto Pairetto, l’uomo della Juventus incaricato di tenere i rapporti con gli ultrà.

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Malore in caserma, muore vigile del fuoco

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Ha accusato un malore nella notte tra domenica e lunedì nella caserma dei vigili del fuoco del Lingotto a Torino ed è morto dopo circa un’ora all’ospedale delle Molinette, dove era stato ricoverato. L’uomo, Samuele Del Ministro, aveva 50 anni ed era originario di Pescia (Pistoia). In una nota i colleghi del comando vigili del fuoco di Pistoia ricordano come Del Ministro avesse iniziato il suo percorso nel corpo nazionale dei vigili del fuoco con il servizio di leva, per poi entrare in servizio permanente nel 2001, proprio al comando provinciale di Torino, da cui fu poi trasferito al comando di Pistoia.

Per circa vent’anni ha prestato servizio nella sede distaccata di Montecatini Terme (Pistoia), specializzandosi in tecniche speleo alpino fluviali e tecniche di primo soccorso sanitario. Ha partecipato a tante fasi emergenziali sul territorio nazionale: dal terremoto a L’Aquila, all’incidente della Costa Concordia all’Isola del Giglio, fino al terremoto nel centro Italia. “Un vigile sempre in prima linea – si legge ancora -, poi il passaggio di qualifica al ruolo di capo squadra con assegnazione al comando vigilfuoco di Torino e a breve sarebbe rientrato al comando provinciale di Pistoia. Del Ministro lascia la moglie e due figli”.

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