Il Portogallo sarà la base per l’addestramento dei piloti ucraini di caccia F-16. L’attività di formazione è fornita dalla Norvegia, che dall’autunno del 2023 contribuisce con velivoli e istruttori alle esercitazioni dei piloti ucraini in Danimarca, ma ha ora deciso di trasferire in Portogallo questo tipo di attività di sostegno.
A dichiararlo ufficialmente è stato il Ministero della Difesa norvegese in un comunicato emesso domenica 15 dicembre e subito ripreso dai media portoghesi. Nella nota si sottolinea che “l’addestramento fa parte del contributo norvegese alla Coalizione di Difesa Aerea, in cui le nazioni contribuiscono allo sviluppo dell’Aeronautica militare ucraina, anche attraverso donazioni di velivoli da combattimento”. Oltre all’addestramento degli equipaggi, viene fornito un addestramento nel settore della manutenzione degli aerei.
“Il Portogallo sta raccogliendo il testimone dalla Danimarca, anche se per un periodo più breve, e poi toccherà alla Coalizione delle Forze aeree decidere”, ha affermato il ministro norvegese della Difesa, Arild Gram, sottolineando che “la lotta che gli ucraini stanno combattendo è esistenziale sia per la Norvegia che per la sicurezza di tutta l’Europa”. La coalizione internazionale di F-16 è stata creata a luglio dell’anno scorso ed è guidata da Danimarca e Paesi Bassi. A essa si è unito anche il Portogallo, ma solo nella componente dell’addestramento.
Lo scorso febbraio, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha incontrato a Kiev l’allora ministro degli Esteri portoghese, João Gomes Cravinho, e gli ha chiesto che anche Lisbona prendesse in considerazione l’invio di velivoli. Nella stessa occasione, il capo di gabinetto della presidenza ucraina, Ihor Zhovkva, aveva dichiarato di sperare che dopo le legislative di marzo il Portogallo aumentasse il suo sostegno militare a Kiev, definito allora “piuttosto modesto”.
Le forze della sicurezza pachistane hanno ucciso 15 combattenti appartenenti al Tehrik-e-Taliban Pakistan (Ttp) in tre distinte operazioni nella provincia nord-occidentale del Khyber Pakhtunkhwa (Kp). Lo rendono noto i militari, precisando che le operazioni sono state condotte nel distretto di Karak, nel Waziristan settentrionale ed in quello meridionale. Armi e munizioni sono state recuperate dai combattenti uccisi, che, secondo le stesse fonti, erano coinvolti in numerose attività terroristiche.
Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a otto morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.
Le cause restano misteriose
Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.
L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili
Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.
Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.
Israele nel mirino dei sospetti
Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.
L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.
Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano
L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.
La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.
Le autorità portuali estoni hanno rilasciato oggi la petroliera Kiwala appartenente alla cosiddetta flotta ombra russa sequestrata due settimane fa nel golfo di Finlandia dopo aver constatato la presenza di oltre 40 infrazioni alla normativa sulla navigazione dell’Estonia. Lo comunica il ministero dei Trasporti estone. Secondo quanto comunicato dalle autorità estoni, la nave è stata dissequestrata in seguito alla risoluzione di tutte le infrazioni rilevate. La petroliera era già stata sottoposta a sanzioni da parte dell’Unione europea, del Canada, della Svizzera e del Regno unito.