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Il pentito Genny a Carogna parla di presunti rapporti con Lavezzi e Grava e delle pressioni mafiose sulla società

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Quello che emerge da un verbale di interrogatorio di Gennaro De Tommaso (alias Genny a Carogna) è il ritratto di un napoletano da libro cuore. Ancora di più oggi che da camorrista è diventato collaboratore di giustizia e dunque acquisisce quell’aurea da santo che racconta il Verbo. Le verità di De Tommaso, che dopo essersi preso 20 anni di carcere solo per traffico di droga s’è pentito e sta parlando con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia.  Altro che camorrista, narcotrafficante, spietato uomo di strada, esponente di primo piano della tifoseria più violenta.

Pocho Lavezzi. De Tommaso sostiene che lo cacciò da una discoteca

No, Genny a carogna si dipinge come un mediatore, un pacificatore, uno che controllava persino che i calciatori del Napoli si comportassero da professionisti ineccepibili e che non frequentassero brutta gente e brutti posti. Ai pm che lo ascoltano su molte cose riguardanti i traffici droga, ad esempio, De Tommaso fa sapere che quando vide a notte fonda Ezequiel Lavezzi in una discoteca, lo affrontò con veemenza e gli disse che un campione del calcio non  poteva stare a quell’ora in un posto dove peraltro girava troppa cocaina (detto da lui che la vendeva c’è da credergli). Non solo, lo costrinse letteralmente a lasciare quel posto. Genny a Carogna informò dell’accaduto anche la società del Napoli, allora il direttore generale era Pierpaolo Marino.

Gennaro de Tommaso. Questo è lui all’Olimpico per la finale di Coppa Italia nel giorno in cui rimase ferito Ciro Esposito

 

Gennaro De Tommaso sta raccontato ai magistrati fatti di camorra e tra le pieghe emergono questi fatterelli succulenti che lo ritraggono nel modo in cui appare (quasi una persona equilibrata), in un mondo, quello del calcio, in cui la situazione è sempre borderline. La società sportiva Calcio Napoli ha sempre tenuto alla larga gente come Gennaro De Tommaso, ha sempre allontanato chiunque (ma proprio chiunque) era sospettato di una qualche forma di intelligenza con certa melma della società napoletana. Ogni tanto però tocca sempre affrontare queste propalazioni di camorristi o aspiranti pentiti che non hanno grandissima aderenza con la realtà fattuale.

Gennaro De Tommaso. Genny a Carogna è stato già giudicato e condannato come narcotrafficante a 20 anni di carcere

In ogni caso, sulla base di alcune dichiarazioni messe a verbale da a Caragona, la Procura distrettuale antimafia di Napoli, quei magistrati che indagano sui giovanissimi boss di Forcella, vuole (deve) vederci più chiaro, eventualmente diradare ogni ombra (se c’è davvero) “sui presunti rapporti con la società sportiva calcio Napoli”.

Tra i racconti fatti da Gennaro De Tommaso  ce n’è uno che è, se è vero, fastidioso, spinoso, inquietante. Insomma una cosa da approfondire. Ci sarebbero state pressioni del clan Lo Russo (i Lo Russo sono quelli che entravano allo stadio San Paolo direttamente sul terreno di gioco e si piazzavano dietro la porta vedere il match) sulla società perassumere l’ex calciatore Gianluca Grava, a capo del settore giovanile del Napoli. Sono propalazioni, fatterelli privi di qualunque riscontro ma che finiscono nel tritacarne mediatico e mettono a dura prova i nervi di una società che prova a tenere da sempre lontana dai calciatori e dagli spogliatoi del Napoli certa feccia della società napoletana.

Gianluca Grava. Il pentito De Tommaso riferisce che l’assunzione sarebbe stata fatta su pressione del clan Lo Russo

Ma proviamo ad analizzare che cosa ha detto De Tommaso ai magistrati nelle sue sedute di interrogatorio, sulla base dei verbali depositati in cancelleria e dunque accessibili. Il narcos di Forcella pentitosi, tra il 2012 e il 2013, sostiene che avrebbe incontrato Alessandro Formisano nell’ufficio marketing del Napoli al San Paolo, su mandato o pressione di esponenti del clan Lo Russo per dirgli che i camorristi avrebbero chiesto di far entrare Gianluca Grava nel settore giovanile. Una propalazione priva di riscontri che viene respinta con forza sia dal Napoli che dall’ex calciatore che a sempre avuto comportamenti corretti a Napoli, sia come calciatore che come dirigente. Quanto all’incontro con Formisano propalato dal pentito De Tommaso per far assumere Grava, è pacifico che questi non ha alcuna voce in capitolo quanto ad assunzioni o mansioni del personale del calcio Napoli. Non solo, è pacifico e pubblico anche che soggetti come De Tommaso e consimili, vengono tenuti non fuori da qualunque struttura della società, ma lontani il più possibile. E questa è cosa risaputa da chiunque abbia un ruolo nella società: pena il licenziamento in tronco. In questi anni alcuni calciatori (anche bravissimi) sono stati ceduti dalla sera alla mattina anche solo semplicemente perché alla società non piacevano amicizie, frequentazioni.  Ma torniamo ai ragionamenti di De Tommaso. Che cosa sarebbe successo dopo questa presunta richiesta di De Tommaso? Formisano – secondo quanto riferisce sempre il pentito di camorra – avrebbe detto “ti faccio sapere…”. Che pare un modo per allontanare questa gente dalla società.

Questa la storia agli atti dei presunti rapporti tra Genny a Carogna e la società calcio Napoli. Stiamo parlando di dichiarazioni senza riscontri, dove c’è il racconto solo di un narcotrafficante oggi pentito e che dice cose o verosimili o persino vere ma che dimostrano l’assoluta lontananza della società sportiva Calcio Napoli da certi ambienti camorristici che in questi anni sono tenuti mille miglia lontani.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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Sindaci Ue rivendicano diritto a imporre limiti velocità

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Imporre i limiti di velocità sia una prerogativa di città e regioni. A chiederlo sono i 13 firmatari tra sindaci e vicesindaci di città europee che dalle colonne del Financial Times criticano alcune iniziative promosse in Italia, con la riforma del codice della strada, e nel Regno Unito che potrebbero impedire a città e comuni di attuare misure per la sicurezza stradale, come l’introduzione di limiti di velocità più bassi e telecamere per il controllo del traffico. Da Bologna a Firenze e Milano, passando anche da Amsterdam, Bruxelles e Helsinki. Tra i firmatari italiani Matteo Lepore e Dario Nardella, sindaci di Bologna e Firenze e la vice sindaca e assessora alla mobilità di Milano, Arianna Censi.

La lettera fa esplicito riferimento al disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso settembre per riformare il codice della strada, criticato anche in Italia da varie associazioni perché ritenuto svantaggioso per i pedoni. Per sindaci e vice le nuove norme ostacolerebbero “gravemente” la capacità delle autorità locali di creare zone a traffico limitato, installare autovelox e fissare limiti di velocità inferiori che invece sono fondamentali per abbattere le emissioni e rendere anche le strade più sicure. Nella missiva non si fa riferimento solo all’Italia. I firmatari prendono di mira anche il “piano per i conducenti” nel Regno Unito che punta a introdurre misure altrettanto restrittive e alle resistenze in Germania, dove il governo ha finora resistito agli sforzi di oltre 1.000 comuni che vogliono un maggiore controllo sui limiti di velocità locali.

“Politiche nazionali come queste, basate non sulla scienza ma sull’opportunità politica, danneggiano la capacità delle autorità locali di prendere decisioni sul miglioramento della sicurezza e della salute dei propri cittadini”, accusano i rappresentanti locali. Sottolineando l’importanza di limiti di velocità più bassi nelle aree urbane – si legge ancora nel testo – che “stanno prevenendo le morti e migliorando la vita oggi nelle città di tutta Europa”. Non “si tratta di limitare la libertà degli automobilisti, ma di rendere le strade più sicure per tutti, ridurre il rumore e l’inquinamento e rendere la città più invitante per coloro che scelgono forme di trasporto più salutari come camminare e andare in bicicletta”. Insieme ai tre rappresentanti italiani la lettera è siglata anche da Alison Lowe, vicesindaco di West Yorkshire; Thomas Dienberg, vicesindaco di Lipsia; Frauke Burgdorff responsabile della pianificazione di Aquisgrana; Philippe Close, sindaco di Bruxelles; Mathias De Clerq, sindaco di Gand; Melanie Van der Horst, vicesindaco, di Amsterdam; Vincent Karremans, vicesindaco di Rotterdam; Karin Pleijel vicesindaco di Göteborg; Andréas Schönström vicesindaco di Malmö; Juhana Vartiainen, sindaco di Helsinki.

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