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Politica

Il M5S tenta la ripartenza dopo il tracollo, la sfida è tra filo Pd e “terza via”

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Il Movimento 5 Stelle esce a pezzi dalle Regionali. E il day after del voto già prelude al grande scontro che andrà in scena agli Stati generali. Ed è lo scontro tra chi persegue la linea della “terza via” e chi, soprattutto dopo l’ennesimo flop elettorale, vede oramai come inevitabile l’abbraccio al Pd. Sarà uno scontro tra titani e il rischio è che finisca invischiato anche il premier Giuseppe Conte. Il capo del governo, infatti, oggi torna a delineare la sua strategia “giallo-rosa”, quello di un campo largo contro le destre. E’ una strategia che Conte, non a caso, infarcisce di temi “cari” al Movimento, come lo sviluppo sostenibile, la svolta green, la digitalizzazione. Ma, per ora, dai vertici arriva un netto no. Vito Crimi, il nuovo capo politico del M5S post-Di Maio traccia infatti una linea non dissimile da quella del ministro degli Esteri: il Movimento deve correre da solo, partendo dalle origini, ovvero dal fallimento del bipolarismo. Altri “big”, però, si muovono in direzione opposta. E’ noto che, da tempo, Beppe Grillo persegue la strategia dell’avvicinamento al Pd. E’ una strategia che, in molti parlamentari e in qualche ministro, trova dei decisi fautori. E, pur nel suo silenzio, la linea probabilmente non dispiace neppure a Roberto Fico. Dall’altro lato della trincea c’è invece chi vuole un Movimento “terzo” rispetto a sinistra e destra, chi crede, con fermezza, che aderire ad un campo del centro-sinistra significherebbe estinguersi. Lo pensava Di Maio, lo pensa Alessandro Di Battista, lo mettono nero su bianco sui social “big” come Ignazio Corrao, Stefano Buffagni, Laura Castelli. E’ la posizione delle origini, quella che ideo’ Gianroberto Casaleggio e che il figlio Davide di certo non disdegna. E’ tutta qui la battaglia che si consumera’ da qui a marzo. Con un’appendice. Dopo l’ennesimo flop il passo dallo scontro interno alla scissione e’ piu’ breve. Anche perche’, ad intaccare le convinzioni di chi pensa ad un M5S ago della bilancia c’e’ il dato del voto in Emilia-Romagna, culla del Movimento ma teatro di un trasferimento massiccio di voti dall’universo pentastellato al Pd.

“La linea dell’ago della bilancia e’ una linea coerente, ma per esserlo bisogna essere forti”, spiega una fonte vicinissima ai vertici del Movimento. Un gancio alla difficile risalita e’ offerto dal referendum sul taglio dei parlamentari. “E’ un tema prioritario”, assicura Crimi. Un tema che, nel mare di divisioni interne, potrebbe rivedere il Movimento unito. E forse non e’ un caso che nei vertici pentastellati si stia pensando ad uno slittamento degli Stati generali. Dal 15 marzo, data annunciata nei giorni scorsi da Di Maio, al 29 marzo, data del referendum sul taglio agli eletti. E’ su questo tema che Crimi potrebbe chiedere quel rilancio all’unita’ a cui il capo politico fa appello nelle primissime ore del post-Regionali. Non sara’ facile. Il Movimento in queste ore e’ un mix di facce scure e mutismi congegnati ad hoc. In rigoroso silenzio sta Di Maio, l’uomo che sul flop alle Regionali non ha voluto metterci la faccia con una motivazione ben chiara: lui era contrario alla discesa in campo. Non parla Grillo, non parla Casaleggio, non parla il “Dibba” dall’Iran. Anche Fico evita di esporsi. Parlano, eccome, quei parlamentari che gia’ nelle scorse settimane chiedevano una svolta nella struttura e nella direzione politico del Movimento: da Paolo Lattanzio a Giorgio Trizzino. Parlamentari che, in fondo, si ritrovano nella mozione di Emanuele Dessi’, che guarda a un Movimento “riformista”. Parla chi come Buffagni ammette con nettezza che, da quando e’ andato al governo, il “il M5S ha sbagliato a rincorrere gli altri”. E, sullo sfondo, resta il tema della leadership. Il nome verra’ solo dopo la linea che il M5S vorra’ adottare. L’idea di un volto femminile piace e non sono apparse inosservate le nette parole di Chiara Appendino (“Il M5S deve ritrovare fiducia in se'”). Ma ogni ipotesi deve fare i conti con Di Maio. L’ex leader non ha alcuna intenzione di farsi da parte e gia’ domani alla congiunta notturna, la sua presenza non sara’ certo marginale.

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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