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Economia

Il governo fa muro sul taglio delle tasse sulla benzina

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A tagliare le accise sulla benzina il governo non ci pensa proprio. “Costerebbe un miliardo al mese, 12 miliardi l’anno”, avverte il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, spiegando che questi fondi sono stati utilizzati “per tagliare due volte il cuneo fiscale” e che l’esecutivo intende farlo ancora con la prossima legge di bilancio. Eppure, si ricorda da più parti, questa maggioranza aveva promesso in campagna elettorale il taglio o l’eliminazione di questo balzello. Il governo fa così muro alla richiesta arrivata da consumatori e opposizione di abbassare le tasse sui carburanti. I cui prezzi sono stabili da tre giorni, con variazioni di millesimi, assicura il Mimit. E’ vero, il costo della benzina è stabile ma resta comunque su livelli elevati, in particolare in autostrada dove la verde al self è a 2,019 euro al litro, il gasolio a 1,928 euro. Sarà dunque un controesodo caro quello che si accingono a fare molti automobilisti a cui conviene fare il pieno prima di entrare in autostrada in stazioni di servizio dove i prezzi sono più bassi, con le varie differenze fra regioni.

La verde in self più a buon mercato si trova nelle Marche con un prezzo medio di 1,924 euro al litro, la più costosa in Puglia e Basilicata (1,968 al litro). Nella provincia di Bolzano il prezzo più elevato a 1,982 salito da 1,977 di ieri. Urso annuncia che “il ministero dell’Economia sta preparando la manovra che sarà destinata al taglio strutturale del cuneo fiscale per rilanciare l’impresa e il lavoro e consentire a chi ha salari più bassi di avere un reddito dignitoso”. Saranno quindi “milioni di automobilisti a pagare le tasse per finanziare taglio cuneo”, dice ad esempio Osvaldo Napoli, della segreteria nazionale di Azione. Il ministro continua a difendere il provvedimento che ha imposto di esporre i prezzi medi regionali, a maggiore tutela del consumatore. E affibbia la colpa dei rincari all’Opec+, il cartello dei paesi arabi alleati con la Russia che ha cominciato a tagliare la produzione per far salire i prezzi del barile. “Dal 1 ottobre al 31 dicembre”, aggiunge Urso, partirà il “trimestre anti inflazione” che vedrà “prezzi calmierati su una selezione di articoli rientranti nel carrello della spesa”, penalizzati dall’aumento del costo dei carburanti perché l’88% della merca viaggia su gomma.

L’inflazione, ha spiegato ancora il ministro, “si è dimezzata dal varo del decreto trasparenza che ha dato più poteri anche al Garante del Prezzi “che ha la chiara missione di intervenire in favore dei cittadini e in particolare dei più bisognosi”. Ma Mister prezzi poco può in concreto se non segnalare al governo le situazioni critiche. E così da un lato sono i controlli della guardia di Finanza a evidenziare irregolarità che vengono multate, come oggi in Veneto dove dodici distributori di carburanti irregolari sul fronte dei prezzi sono stati sanzionati per un totale di 50mila euro dal Comando Provinciale delle fiamme gialle di Vicenza. Dall’altro sono i consumatori a irrompere in campo, come il Codacons che ha presentato una denuncia in varie Procure italiane “nei confronti del ministero dell’Economia e delle Finanze per appropriazione indebita e speculazione da aggiotaggio, con diffida a congelare i 2,2 miliardi di euro di accise incamerati solo nell’ultima settimana; e, contestualmente, nei confronti delle pompe e dei grossisti che nel corso di queste settimane hanno speculato sulle vacanze degli italiani”.

Altroconsumo fa sapere che oltre 103mila cittadini hanno sottoscritto la petizione online per chiedere al governo di ripristinare lo sconto sulle accise e azzerare l’Iva sui carburanti, allo scopo di neutralizzare i rincari “inaccettabili” su benzina e diesel. Fino all’inizio di quest’anno era in vigore lo sconto sulle accise, una misura straordinaria che, pur non essendo incisiva come l’azzeramento dell’Iva, un po’ di respiro agli automobilisti lo aveva dato”. Ma era il tempo dei prezzi stratosferici del gas, ora rientrati.

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Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Economia

Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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