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Economia

Entrate, +2,8 miliardi da lotta a evasione entro il 2025

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Big data per individuare i contribuenti meno fedeli e intelligenza artificiale per verificare i risultati e il tasso di fedeltà di chi si è adeguato ai rilievi. La lotta all’evasione terrà conto delle difficoltà del contesto economico e punterà sul dialogo e gli adempimenti collaborativi. Ma, alla fine, dovrà portare più frutti: in tre anni ci dovranno essere 2,8 miliardi in più nelle casse dell’erario che punta nel 2025 ad incassare 19,5 miliardi tra accertamenti, controlli, regolarizzazioni e adempimenti spontanei. Da questi in particolare si attendono in due anni circa 6 miliardi. L’impegno dell’Agenzia delle Entrate è scritto nero su bianco nelle tabelle della nuova Convenzione 2023-25 stipulata con il ministero dell’Economia e che è stata appena registrata dalla Corte dei Conti. L’impegno passa attraverso una maggiore efficienza e digitalizzazione, ma anche nella focalizzazione e verifica dei risultati rispetto alla tax compliance.

Così anche i premi di risultato non saranno legati al numero e agli importi indicati negli accertamenti, ma terranno conto della velocizzazione dei rimborsi Iva (tanto utili in momenti di difficoltà economica). Si andrà a vedere anche se sono stati migliorati i servizi e se i controlli fatti risultino a prova di ricorso. Il fisco, anno dopo anno, si adegua alla realtà e cambia. Il lockdown ad esempio ha spinto i servizi da remoto, che diventeranno sempre più diffusi tanto che nella convenzione si dice di “privilegiare” l’utilizzo dei mezzi di erogazione da remoto “quali il canale telefonico mediante il consolidamento del sistema di videochiamata, quello telematico, avvalendosi di soluzioni tecnologiche innovative come la condivisione delle schermo, lo scambio documentale all’interno delle sessioni di assistenza e la possibilità di sottoscrizione digitale dei documenti” Inutile dire che anche per i controlli sono previsti cambiamenti.

Ma prima i dati. L’Agenzia delle Entrate nella convenzione conferma per quest’anno di puntare ad incassare 18,1 miliardi (1,3 in più del 2022), di salire a 19,3 miliardi nel 2024 (con un incremento di 400 milioni) e a 19,6 miliardi nel 2025 (altri 300 milioni in più). “La grave situazione economica e sociale che la pandemia ha determinato impone di indirizzare l’attività di contrasto nei confronti di coloro che, ricorrendo a forme più insidiose di evasione, elusione e frode, non esprimono comportamenti collaborativi e trasparenti”, è scritto nella convenzione. Ecco allora il rafforzamento della tax compliance verrà altresì perseguito attraverso l’invio delle c.d. lettere di compliance, in particolare, quelle dirette a favorire l’emersione delle basi imponibili ai fini dell’Iva e delle imposte dirette, migliorando gli algoritmi di selezione in modo da contenere i casi di “falsi positivi”.

Il 95% dei documenti interpretativi e applicativi varati 60 giorni prima della scadenza 75 giorni come tempo medio per i rimborsi Le conclusioni delle procedure per l’adempimento collaborativo, quest’anno il 60% sul 2018, il prossimo al 100%che “si punterà sulla qualità dei controlli attraverso selezioni più mirate dei contribuenti a maggiore rischio di evasione, rese possibili dall’applicazione di strumenti di data analysis più avanzati – quali lo sfruttamento dei big data – e dall’interoperabilità delle banche dati”. E non basta. Si faranno analisi per verificare il ‘tax gap’ sulle varie imposte, applicarlo ai diversi anni e poi fare un check sui risultati raggiunti. Si userà allora l’intelligenza artificiale, il learning machine e il text mining per migliorare i controlli. E’ previsto anche il monitoraggio del “comportamento dei contribuenti che hanno subito un controllo fiscale per verificare nel tempo il loro grado di propensione all’adempimento e, più in generale, per valutare il livello di fedeltà fiscale.

Inutile dire che anche bonus e agevolazioni percepiti indebitamente – leggi ‘superbonus del 110%’ – rimangono un capitolo su cui si conferma l’impegno. Le 180 pagine del convenzione contengono dati e percentuali. E si capisce che puntano soprattutto a migliorare il rapporto di collaborazione con i contribuenti. Per il rafforzamento della tax compliance si invieranno le cosiddette “lettere di compliance”, migliorando gli algoritmi di selezione in modo da contenere i casi di “falsi positivi”. Ma è previsto anche un miglioramento dei servizi. Basta circolari applicative inviate all’ultimo minuto: il 95% dei documenti interpretativi e applicativi dovrà essere varato 60 giorni prima della scadenza. E poi ci sono i rimborsi fiscali: per l’Iva ordinaria il tempo medio non dovrà superare i 75 giorni.

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Economia

Bilanci di previsione, virtuoso 86% dei Comuni ma non al Sud

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Comuni diventati virtuosi nella presentazione dei bilanci di previsione. Quest’anno sette su dieci già a metà febbraio avevano approvato e trasmesso il documento e alla data del 15 marzo la percentuale di comuni in linea era salita all’84%. Il dato risulta da un’elaborazione dei dati del Mef fatta dal Centro studi enti locali. Il dato, si spiega, è di netta rottura rispetto al passato e testimonia l’efficacia delle misure adottate lo scorso anno dal Ministero dell’Economia per interrompere il circolo vizioso dei posticipi infiniti che aveva caratterizzato gli ultimi decenni.

Ciò che emerge è però, ancora una volta, è “l’esistenza di divari siderali tra varie aree del Paese che vede contrapposti casi come quello siciliano, dove solo 30 comuni su 100 risultano aver approvato e trasmesso il bilancio, e la Valle d’Aosta e l’Emilia Romagna, dove questa percentuale sale al 96%”. Dopo anni di slittamenti nel 2023 un decreto ministeriale, ha riscritto il calendario delle scadenze contabili e anche se è comunque stata necessaria una proroga al 15 marzo quest’anno ben 4.695 comuni, il 59% del totale, hanno iniziato l’anno corrente con un bilancio di previsione già approvato e non si sono avvalsi del tempo aggiuntivo concesso dal Viminale.

Stando a quanto emerso da un’elaborazione di Centro Studi Enti Locali, basata sui dati della Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche (Bdap-Mef), sono stati approvati entro il 15 marzo scorso i bilanci dell’84% dei comuni italiani. All’appello mancano quelli di 1.268 comuni. Questi enti hanno un profilo abbastanza preciso: la stragrande maggioranza è di piccole dimensioni. Nove di questi comuni su dieci hanno infatti meno di 10mila abitanti e il 64% è localizzato al sud e nelle isole. Nel nord Italia, nel suo complesso, risulta essere stato già trasmesso al Mef il 92% dei preventivi. In particolare, spiccano per efficienza: Emilia Romagna e Valle d’Aosta (entrambe a quota 96%) e Trentino Alto Adige e Veneto (95%). Ottimi anche i risultati registrati in: Lombardia (93%), Friuli Venezia Giulia (90%) e Piemonte (89%). Chiude il cerchio la Liguria, con l’85% di comuni adempienti.

Scendendo verso sud la percentuale decresce gradualmente, restando comunque buona al centro, dove mediamente sono stati già approvati e trasmessi 89 bilanci su 100. A trainare verso l’alto questo gruppo sono soprattutto Toscana (95%), Marche e Umbria (93%). Più indietro i comuni laziali, fermi a quota 81%. Meno rosea, ma comunque in netto miglioramento rispetto al passato, la situazione del Mezzogiorno dove i comuni più tempestivi sono stati 6 su 10. In particolare, le 3 regioni in assoluto più distanti dalla media nazionale sono – nell’ordine – la Sicilia, la Calabria e la Campania.

Nella banca dati gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla data del 24 aprile, risultano essere stati acquisiti soltanto 117 bilanci di previsione di comuni siciliani su 391, meno di uno su tre. Al di là dello Stretto ne sono stati trasmessi 236 su 404 (58% del totale), in Campania il 67% dei preventivi sono stati approvati nei tempi. Prima della classe, per quanto riguarda il meridione, è la Basilicata (92% di bilanci approvati), seguita a breve distanza dalla Sardegna (885) e dalla Puglia (86%). Chiudono il cerchio l’Abruzzo e il Molise, rispettivamente con l’80% e il 77% di comuni che hanno già inviato al Ministero il proprio preventivo.

Secondo il Centro Studi Enti Locali questi dati, nel loro insieme, testimoniano un effetto tangibile prodotto dalla nuova programmazione ma preoccupa la distanza abissale che continua a caratterizzare i risultati ottenuti da enti di territori diversi. Il processo di riforma della contabilità e dell’ordinamento degli enti locali, i cui cantieri sono aperti, dovrà necessariamente tenere conto anche delle criticità finanziarie e organizzative, ormai strutturali ed endemiche, di alcuni territori e individuare delle soluzioni efficaci per far sì che queste distanze siano colmate.

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Inflazione, Codacons: con record cacao e caffè rischi rincari

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E’ boom per le quotazioni di cacao e caffè, con i prezzi delle due materie prime che sui mercati internazionali stanno raggiungendo nuovi preoccupanti record, aumenti che potrebbero portare a breve a forti rincari dei listini al dettaglio per una moltitudine di prodotti venduti in Italia. L’allarme arriva oggi dal Codacons, che ha monitorato l’andamento delle quotazioni negli ultimi mesi. A inizio gennaio il prezzo del cacao era pari a circa 4.250 dollari la tonnellata, mentre ieri, mercoledì 24 aprile, le quotazioni sui mercati avevano raggiunto quota 10.800 dollari, con un incremento del +154% da inizio anno, riporta il Codacons. Trend analogo si registra per il caffè, con il Robusta che è passato dai 2.800 dollari la tonnellata dello scorso gennaio ai 4.250 dollari del 24 aprile, segnando un +51,8%, mentre l’Arabica nello stesso periodo sale da 190 a 224 centesimi alla libbra (+18%).

Quotazioni alle stelle che interessano materie prime utilizzate per prodotti molto consumati in Italia, e che rischiano di determinare rincari a raffica per i prezzi al dettaglio di una moltitudine di alimenti, lancia l’allarme il Codacons. Basti pensare che solo per i prodotti a base di cacao e caffè gli italiani spendono oltre 10,2 miliardi di euro all’anno, circa 392 euro a famiglia: il giro d’affari del cioccolato nel nostro Paese è di circa 2 miliardi di euro, con un consumo procapite di circa 2 kg. Cialde e capsule valgono 595 milioni di euro annui, mentre il caffè per moka registra vendite per 640 milioni di euro. 7 miliardi di euro il business del caffè espresso consumato al bar. I prezzi al dettaglio hanno già risentito nell’ultimo periodo dell’andamento delle quotazioni, con i prezzi di prodotti a base di cacao e caffè che sono aumentati sensibilmente rispetto allo scorso anno – aggiunge il Codacons. Ipotizzando un rincaro medio dei listini al dettaglio del +5% come effetto dei rialzi delle materie prime, i consumatori andrebbero incontro ad una nuova stangata da 510 milioni di euro solo per i consumi di caffè e cioccolato.

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Economia

Ocse, in Italia il cuneo fiscale supera il 45% nel 2023

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Per il lavoratore ‘single’ in Italia il peso delle imposte complessive sul salario è in media del 45,1%, sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (era del 45%). E’ quanto emerge dal rapporto Ocse per il 2023 ‘Taxing Waging. Il cuneo fiscale nell’Ocse è stato del 34,8% in media nel 2023 (34,7% nel 2022) e l’Italia figura al quinto posto per l’incidenza più alta tra i 38 Paesi Ocse, dopo Belgio (52,7%), Germania (47,9%), Austria (47,2%) e Francia (46,8%). In Italia, le imposte sul reddito e i contributi previdenziali del datore di lavoro rappresentano insieme il 90% del cuneo fiscale totale, mentre la media Ocse è del 77%. Per un lavoratore spostato con due figli il cuneo è invece inferiore e vede l’Italia all’ottavo posto con il 33,2% (era al nono posto nel 2022), rispetto a una media Ocse del 25,7%.

Tra il 2000 e il 2023 il cuneo fiscale per il lavoratore single è sceso di 2 punti percentuali (dal 47,1 al 45,1%). Nello stesso periodo nei paesi Ocse è sceso di 1,4 punti percentuali (dal 36,2 al 34,8%). Tra il 2009 e il 2023 invece il cuneo fiscale per il lavoratore medio single in Italia è sceso di 1,7 punti percentuali. Durante questo stesso periodo, il cuneo fiscale per il lavoratore single nei paesi Ocse è aumentato lentamente fino al 35,3% nel 2013 e nel 2014, scendendo al 34,8% nel 2023. L’aliquota fiscale netta del dipendente single in Italia nel 2023 è stata in media del 27,7% nel 2023, rispetto alla media Ocse del 24,9%. Tenendo conto degli assegni familiari e delle disposizioni fiscali, l’aliquota fiscale media netta del dipendente per un lavoratore sposato con due figli in Italia era del 12% nel 2023, il 26esimo valore più basso nei Paesi Ocse, e si confronta con il 14,2% della media Ocse.

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