Un fisco meno penalizzante, più collaborativo e che garantisce l’ascensore sociale, senza dimenticare i lavoratori dipendenti. E’ questo il nuovo volto che il governo guidato da Giorgia Meloni intende imprimere al sistema tributario. Le fondamenta sono state poste con il ddl delega approvato definitivamente alla Camera. Ma il cantiere è tutto da costruire, a partire dal reperimento delle risorse. Si va dalla nuova Irpef a tre aliquote alla riduzione delle tasse sulle tredicesime, fino ai premi per chi collabora con il fisco. Una svolta, promette l’esecutivo, che prova a rabbonire chi lo addita di fare regali e aiuti ai furbi: non c’è nessun arretramento sulla lotta all’evasione. “E’ un risultato storico”, che l’Italia aspetta da oltre 50 anni, commenta soddisfatto il padre della delega, il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, che dice di essersi ispirato alle riforme firmate negli anni Cinquanta e Settanta da Ezio Vanoni e Bruno Visentin.
Un cambio di passo considerato necessario per garantire “certezza” e “semplificazione”. Ma anche per correggere un sistema oggi “penalizzante” per il contribuente, con 4 aliquote Irpef che “rendono la vita difficile ai contribuenti”: l’obiettivo è “addolcire la curva”, partendo dalla riduzione a tre scaglioni per arrivare “gradualmente alla flat tax”, ma – è la promessa – senza abbandonare il principio costituzionale della progressività. Garantito anche l’ascensore sociale, dice Leo, che assicura anche come non sia stato “dimenticato il lavoro dipendente”. “Dobbiamo cambiare volto al sistema tributario”, sintetizza il viceministro. “Ma senza abbassare la guardia nella lotta all’evasione”, assicura, spiegando la ratio delle misure finite nel mirino: “Il concordato preventivo biennale non è un regalo agli evasori, tutt’altro” e pure la cooperative compliance vuole solo “mettere le imprese in condizione di avere un rapporto più collaborativo”.
Resta però fortemente negativo il giudizio delle opposizioni. La delega “rende più profonde le già insopportabili iniquità del sistema”, introducendo “nuovi regimi di favore”, “mirabolanti promesse” di riduzioni fiscali, “privilegi corporativi” e promettendo a chi evade “sconti di sanzioni e interessi, tempi biblici di pagamento e futuri condoni”, incalza la segretaria del Pd Elly Schlein. Altro che pagina storica, è una “patacca che non abbasserà le tasse di mezzo euro”, attacca Emiliano Fenu del M5s, avvertendo che “si inducono i piccoli all’evasione con una falsa promessa”. E’ un premio ai “grandi evasori”, rincara Angelo Bonelli di Avs. Iv-Azione vota a favore perché la delega “ricalca in toto il lavoro fatto nella scorsa legislatura”: ma ora “attenzione alle scelte che farete”, dice Luigi Marattin. Gongola la maggioranza: la delega manda in soffitta “la sinistra tassa e spendi”, dice il capogruppo di FdI Tommaso Foti. Meno tasse e agevolazioni per le imprese e i cittadini onesti”, sottolinea Massimo Garavaglia della Lega.
Una riforma che “finalmente sostiene la crescita e mette nelle condizioni migliori chi ha voglia di fare e produrre”, dice Alessandro Cattaneo di Fi, mentre per Maurizio Lupi (Nm) “la semplificazione è un successo”. Il via libera definitivo della Camera arriva con 184 voti a favore (Terzo polo compreso) e 85 contrari. Approvato anche un ordine del giorno del M5s che impegna il governo a garantire che le multinazionali paghino le tasse in Italia. La delega, uscita dal cdm il 16 marzo, ha fatto un percorso di conversione in Parlamento durato poco più di tre mesi, con tre letture, di cui l’ultima lampo alla Camera. Una corsa che ha consentito all’esecutivo di centrare l’obiettivo di chiudere prima della pausa estiva. La vera partita si giocherà ora con i decreti attuativi. “Ci metteremo sin da subito al lavoro”, promette Leo. L’idea è di partire con le 3 aliquote Irpef dal 2024. Lo scoglio restano però le risorse. Solo per questo intervento servirebbero 3-4 miliardi. I margini sono stretti e il rallentamento dell’economia non aiuta. Ma il quadro sarà chiaro solo in autunno con la Nadef.