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Cronache

Il Cardinale Zuppi verso Pechino dopo il colloquio con Biden

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Potrebbe essere Pechino, dopo Kiev, Mosca e Washington, la prossima tappa della missione del cardinale Matteo Maria Zuppi, inviato del Papa per la pace in Ucraina. E’ quanto rimbalza in ambienti diplomatici americani nell’ultimo dei tre giorni di visita dell’arcivescovo di Bologna nella capitale Usa, dove martedì ha incontrato per quasi due ore Joe Biden nello studio Ovale dopo una visita al Congresso ad una delegazione di parlamentari statunitensi. Il Vaticano, che ha criticato la recente fornitura americana a Kiev di bombe a grappolo, ha mantenuto uno stretto riserbo.

La Casa Bianca invece ha diffuso in serata dopo il faccia a faccia (totalmente chiuso alla stampa) un comunicato stringato che evidenza in primo luogo il “desiderio” del secondo presidente cattolico americano che il pontefice – con cui ha ottimi rapporti – “continui il suo ministero e la sua leadership globale”, e il suo plauso “per la recente nomina di un arcivescovo Usa a cardinale”. I due, prosegue la nota, “hanno anche discusso gli sforzi della Santa Sede per fornire aiuti umanitari per affrontare le ampie sofferenze causate dalla continua aggressione russa in Ucraina, come pure l’impegno del Vaticano per il ritorno dei bambini ucraini deportati forzatamente” in Russia, che si stima siano non meno di 19 mila. Prima dell’incontro si era sbottonato solo il nunzio apostolico a Washington Christophe Pierre, spiegando che “lo scopo della missione è dialogare, ascoltare ed essere ascoltato: l’obiettivo generale è contribuire alla pace, quello particolare è l’assistenza umanitaria, in particolare ai bambini”.

Il presidente Joe Biden, aveva sottolineato, “ha sempre avuto molta attenzione per il Santo Padre”. Obiettivi già dichiarati fin dall’inizio della missione, anche se al momento – per quello che è dato sapere – il focus sembra tutto sulla dimensione umanitaria dopo la chiusura di Kiev ad una mediazione di pace del Vaticano (comunque subordinata al ritiro russo) e alla freddezza del Cremlino, dove Zuppi non è stato accolto da Vladimir Putin ma dal suo consigliere diplomatico Iuri Ushakov. Ma negli ambienti diplomatici americani non si esclude che quella di Zuppi sia anche una missione esplorativa più ampia, per sondare e capire cosa pensa ciascuna delle parti.

Per questo mancherebbe il tassello della Cina, che ha una forte influenza sull’alleato russo e che non è estranea agli sforzi per la pace. Aprire il dialogo sul fronte umanitario può essere un primo passo per schiudere quello sulla pace, è la convinzione del Vaticano. “Monsignor Bettazzi, assetato di pace e giustizia e di convinta non violenza, mi avrebbe raccomandato di fare tutto ‘l’impossibile'”, ha scritto Zuppi in un messaggio per la recente scomparsa dell’ultimo testimone del Concilio Vaticano II. Il cardinale, che è anche presidente della Conferenza episcopale italiana, ha forti legami con la comunità di Sant’Egidio, nota per le sue negoziazioni di pace in molti Paesi, soprattutto africani.

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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Un 19enne muore in un incidente in bicicletta

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Un giovane di 19 anni, di origine nigeriana, è morto questa sera in un incidente stradale avvenuto lungo via Roma, a Roscigno, nel Salernitano. Secondo una prima ricostruzione, il ragazzo, ospite del centro di accoglienza Sai del comune degli Alburni, stava rientrando dopo aver fatto la spesa quando ha perso il controllo della bicicletta ed è finito contro un albero sul lato opposto della carreggiata. Restano da chiarire le cause dell’impatto: al momento non si esclude alcuna ipotesi, dal coinvolgimento di altri veicoli a una manovra improvvisa per evitare un ostacolo. Possibile anche che il giovane abbia avuto difficoltà a gestire le buste della spesa durante la pedalata. Sul posto sono intervenuti i sanitari del 118, ma per il 19enne non c’era più nulla da fare. Per risalire all’esatta dinamica dell’incidente indagano i carabinieri della compagnia di Sala Consilina.

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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