Collegati con noi

Cronache

Pg Milano non invierà l’atto di revisione sul caso Erba

Pubblicato

del

La Procura generale di Milano non ha intenzione di inoltrare alla Corte d’Appello di Brescia l’ormai noto atto col quale il sostituto pg Cuno Tarfusser ha proposto la revisione del processo sulla strage di Erba, per la quale sono stati condannati all’ergastolo Olindo Romano e Rosa Bazzi per aver ucciso, nel dicembre 2006, Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk di 2 anni, la nonna del piccolo Paola Galli e una vicina di casa, Valeria Cherubini. Tarfusser, per le modalità con cui ha lavorato al suo atto, è finito, tra l’altro, sotto procedimento disciplinare, promosso proprio dalla procuratrice generale milanese Francesca Nanni. La Procura generale sta ancora valutando la situazione, ma non depositerà a Brescia il documento del sostituto pg. Inoltre, sono stati valutati anche i profili per un’eventuale richiesta di revisione da parte dei vertici della Procura generale, ma allo stato, da quanto si è appreso, non sono emersi elementi per un’istanza di questo tipo. E la procuratrice generale ha sempre ribadito che ritiene “falso e offensivo”, anche nei confronti “dell’Ufficio”, sostenere che stia impedendo la revisione del processo.

La difesa di Olindo e Rosa, infatti, viene fatto notare, potrà presentare una propria istanza ai giudici bresciani. Nanni ha accusato Tarfusser, facendo partire il procedimento disciplinare (è stato già sentito dal pg della Cassazione), di aver violato un regolamento interno, anche rapportandosi in autonomia coi difensori di Olindo e Rosa e acquisendo le loro consulenze difensive, su cui si basa la sua istanza. Un regolamento interno in base al quale compete, invece, soltanto ai vertici della Procura generale, tra cui anche l’Avvocato generale, la facoltà di presentare richieste di revisione. Dal canto suo, Tarfusser fa valere il merito della vicenda, convinto della innocenza di Olindo e Rosa e chiarendo di aver agito nel nome della giustizia. Nelle 58 pagine il sostituto pg sostiene che le tre prove – il riconoscimento di Olindo da parte di Mario Frigerio, unico sopravvissuto, la macchia di sangue di sua moglie, Valeria Cherubini, sul battitacco dell’auto dei coniugi e la loro confessione – siano “inficiate” sin dall’inizio da “gravissime criticità mai valutate” nelle sentenze di primo e secondo grado e ora sgretolate “da certezze scientifiche”.

E afferma che i due condannati sono “probabilmente vittime di errore giudiziario”. La Procura generale, decidendo di non depositare quell’atto di fine marzo, non dovrà dare comunicazione formale, ma semplicemente non presenterà alcuna istanza di revisione sul caso, perché non ritiene che vi siano elementi. In ipotesi, ad un certo punto lo stesso Tarfusser potrebbe decidere di inviare autonomamente l’atto a Brescia e la Corte a quel punto dovrà valutarne l’ammissibilità. Intanto, il sostituto pg, che tra circa un anno andrà in pensione, si dice consapevole “di non avere fatto altro che il mio preciso dovere di Magistrato”. Nel frattempo, la difesa potrebbe presentare la propria istanza, come più volte annunciato. “Al momento quella richiesta del sostituto pg, che esiste, è stata sottratta alla valutazione della Corte bresciana e si è verificata così una anomala impasse”, ha spiegato uno dei legali di Olindo e Rosa, l’avvocato Fabio Schembri.

Advertisement
Continua a leggere

Cronache

Berlinguer, atto ignobile sulla tomba di mio padre

Pubblicato

del

“Un atto vigliacco e ignobile”. Sono le parole della figlia, la giornalista Bianca Berlinguer che sul proprio profilo Instagram ha denunciato gli atti vandalici sulla tomba di suo padre Enrico Berlinguer, nel cimitero Flaminio di Roma. “Nei quarant’anni dalla morte di papà la sua tomba è sempre stata piena di fiori portati da tante persone che si sono fermate per un pensiero e un omaggio. E questo – scrive – sempre stato per noi figli un grande conforto. Nell’ultimo mese la tomba è stata per due volte vandalizzata da qualcuno (una o più persone): vasi distrutti, fiori buttati e aiuole calpestate. Un atto vigliacco e ignobile”.

Continua a leggere

Cronache

Prostituzione: adescavano minorenni, 10 arresti a Bari

Pubblicato

del

Avrebbero indotto, favorito, sfruttato, gestito ed organizzato la prostituzione di tre ragazze minori d’eta’. Per questo dieci persone – quattro donne e sei uomini, tutti finiti in carcere – sono stati arrestati dagli agenti della squadra mobile di Bari. Per due clienti, di anni 47 e 42 che, consapevoli della minore d’eta’ delle ragazze non hanno esitato a consumare rapporti sessuali con loro, in cambio di danaro, sono scattati gli arresti domiciliari.

Per un terzo cliente 55enne l’obbligo di dimora nel Comune di residenza. Medesima misura cautelare e’ stata disposta nei confronti di un 45enne barese, gestore di una struttura ricettiva nella quale tollerava l’esercizio abituale della prostituzione. Le indagini sono partite nel marzo 2022 a seguito della denuncia presentata dalla mamma di una 16enne, che ha notato comportamenti anomali nella figlia e riscontrato la sua frequentazione con una maggiorenne, descritta dalla voce pubblica come escort operativa nelle Marche.

I pedinamenti, gli appostamenti, le intercettazioni, una pluralita’ di audizioni, comprese quelle delle minori coinvolte nella prostituzione, eseguite con l’ausilio di psicologhe, hanno consentito di acquisire gli elementi investigativi. I fatti si sono consumati in alcune strutture ricettive, anche di lusso, delle province di Bari e BAT, a partire dal mese di ottobre del 2021.

Le minorenni, all’epoca 16enni, sono state adescate ed introdotte nel mondo della prostituzione con la promessa, riscontrata, di facili guadagni, ove si consideri che alcuni clienti hanno pagato anche centinaia di euro per singole prestazioni sessuali. Il danaro guadagnato con la prostituzione veniva utilizzato, dalle ragazze, per acquistare abiti, borse e cenare in ristoranti costosi, adottando le cautele utili a non far scoprire ai propri parenti le cospicue disponibilita’ economiche e gli acquisti eseguiti.

Per la gestione dell’attivita’, venivano utilizzate utenze telefoniche dedicate, inserite in appositi annunci on line; vi era chi provvedeva alla prenotazione delle strutture ricettive, chi accompagnava le ragazze nelle camere e chi riceveva le telefonate dei clienti, fissando gli appuntamenti. Le maggiorenni arrestate e il 29enne barese sfruttatore attendevano in stanze attigue che le minorenni terminassero le loro prestazioni, per ricevere personalmente il danaro dai clienti e corrispondere alla ragazze la quota loro spettante, corrispondente al 50% della somma ricevuta.

Tra gli indagati anche professionisti.

Continua a leggere

Cronache

Ergastolo per Alessia Pifferi, ‘ha ucciso la figlia’

Pubblicato

del

Ergastolo. Alessia Pifferi (nella foto sotto) è stata condannata al massimo della pena per l’omicidio della figlia Diana di un anno e mezzo, lasciata a casa da sola per sei giorni e morta di stenti. Lo ha stabilito la Corte di Assise di Milano, accogliendo la richiesta del pm Francesco De Tommasi. “È un dolore atroce”, ha commentato la mamma di Pifferi, Maria Assandri, subito dopo la lettura del dispositivo. “Si è dimenticata di essere una madre. Deve pagare per quel che ha fatto. Se si fosse pentita e avesse chiesto scusa… Ma non l’ha fatto”. La piccola Diana era stata trovata morta il 20 luglio del 2022, quando Pifferi era rientrata nella sua abitazione di via Parea a Milano dopo quasi una settimana.

Il tardo pomeriggio del 14 luglio era partita per la provincia di Bergamo, dove abitava il suo fidanzato dell’epoca, lasciando la bimba nel lettino con soltanto un biberon e una bottiglietta d’acqua. Tra le aggravanti che le venivano contestate, la Corte ha escluso quella della premeditazione, riconoscendo invece quelle dei futili motivi e dell’aver commesso il fatto ai danni della figlia minorenne. I giudici, presieduti da Ilio Mannucci Pacini, hanno poi condannato la 38enne a versare provvisionali da 20mila e 50mila euro rispettivamente alla sorella Viviana e alla madre Maria, entrambe parti civili nel processo. L’udienza si è aperta questa mattina con l’intervento dell’avvocato di parte civile Emanuele De Mitri, al quale è seguita l’arringa del difensore Alessia Pontenani. Il legale, che aveva chiesto l’assoluzione perché “è evidente che non volesse uccidere la bambina”, ha ricostruito la storia di Pifferi dall’infanzia al giorno in cui è uscita di casa, lasciandola sola per l’ultima volta. “Non ha mai voluto uccidere la figlia. Esiste il reato di abbandono di minore ed è il nostro caso”.

Pifferi, che già in passato aveva lasciato a casa la bimba per andare dal compagno per il weekend, “lo ha commesso più volte”. Per il difensore, “non è una psicotica, ma una ragazza che è cresciuta in assoluto isolamento morale e culturale”. Da piccola “ha subito abusi, è stata vittima di violenza assistita, non è andata a scuola, ha un deficit cognitivo, è vissuta senza avere un lavoro, era in condizioni di estrema indigenza. Partorisce in un bagno, non sa di essere incinta. Una donna cresciuta in questo modo può non avere problemi?”. La perizia psichiatrica eseguita nel corso del processo dallo specialista Elvezio Pirfo aveva però accertato che la 38enne era capace di intendere e volere al momento dei fatti. Un aspetto, questo, che è stato sottolineato anche dal pm Francesco De Tommasi, replicando che Pifferi “non ha nessun deficit”. Per il pm “c’è una sola vittima e si chiama Diana. E c’è una bugiarda e un’attrice, che è Alessia Pifferi”. Lo stesso pubblico ministero, fuori dall’aula dopo la condanna, ha sottolineato che si tratta di “una sentenza giusta, la prima tappa per l’accertamento della verità. Ci ho sempre creduto – ha detto – e con questo verdetto hanno riportato al centro del processo la vittima”. Della stessa idea è la sorella Viviana Pifferi: “penso che i giudici abbiano fatto quello che è giusto – ha osservato -, perché per me non ha mai avuto attenuanti, non è mai stata matta o con problemi psicologici”. L’avvocato Alessia Pontenani ha già fatto sapere che farà ricorso e che chiederà “la riapertura dell’istruttoria e una nuova perizia”. Pifferi “era molto dispiaciuta per l’atteggiamento della sorella e della mamma” le quali “quando il presidente ha detto ‘ergastolo’ hanno festeggiato”. “Alessia – ha riferito – ha pianto tantissimo”.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto