Il giovane attivista per i diritti umani Patrick Zaki ha ricevuto la grazia presidenziale in Egitto, secondo quanto reso noto dalle autorità egiziane. La notizia è stata accolta con gioia e sollievo da parte di organizzazioni internazionali e politici italiani che si sono battuti per la sua liberazione.
Ieri, Patrick Zaki era stato condannato a tre anni di prigione, ma oggi il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi ha emesso un decreto presidenziale concedendo la grazia a un gruppo di persone, tra cui Patrick Zaki e Mohamed El-Baqer. Questa decisione è stata presa in risposta all’appello del Consiglio dei segretari del Dialogo Nazionale e delle forze politiche.
La grazia concessa a Patrick Zaki è frutto di una “lunga e costante trattativa” tra il governo italiano e quello egiziano, che ha visto protagonisti il premier Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani che ha svolto diverse missioni in Egitto in questi mesi, e l’Aise, l’agenzia di intelligence che si occupa dell’estero.
La notizia della grazia presidenziale ha scatenato una serie di reazioni positive da parte della comunità internazionale. Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, ha commentato: “Se ieri era un giorno catastrofico, oggi è un giorno di felicità. È importante che Patrick torni a essere libero. Auspichiamo anche che sia abolito il divieto di viaggio”.
Anche politici italiani si sono espressi sulla questione. Carlo Calenda, leader di Azione, ha elogiato il governo e il Ministero degli Esteri per il lavoro svolto, definendo la grazia “un fatto importantissimo”. Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha sottolineato che la politica estera del governo ha dato un contributo decisivo per liberare Patrick Zaki, ottenendo risultati concreti e aumentando la credibilità internazionale dell’Italia.
La segretaria del Partito Democratico (Pd), Elly Schlein, ha twittato la sua gioia per la grazia concessa a Patrick Zaki, ribadendo l’impegno a lottare per la liberazione di altre persone ingiustamente imprigionate e per la verità e la giustizia nel caso di Giulio Regeni.
Anche il Senato italiano ha celebrato la notizia della grazia. Il senatore Filippo Sensi ha interrotto i lavori dell’Aula del Senato per comunicare la notizia all’Assemblea, che è stata accolta da un lungo applauso. Il senatore Giulio Terzi, a nome di Fratelli d’Italia, ha espresso grande soddisfazione per il risultato, attribuendolo al governo come un passo decisivo.
La grazia presidenziale a Patrick Zaki è un segnale positivo, ma resta ancora molto da fare per garantire la libertà di tutte le persone ingiustamente imprigionate e per ottenere la piena verità e giustizia nel caso di Giulio Regeni. La lotta per i diritti umani e la tutela delle libertà civili continua, ma questa notizia rappresenta un importante passo avanti.
– “In attesa dell’ufficializzazione della notizia” della grazia a Patrick Zaki, “mi aggiungo al sollievo e alla felicità espressi in Aula da tutti i gruppi parlamentari”. Lo ha detto intervento in Aula in Senato il ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani, poco dopo che si è diffusa la notizia della grazia a Patrick Zaki. “Questo è un risultato del nostro governo, – ha aggiunto – di quelli precedenti e della diplomazia italiana che non ha mai smesso di lavorare in silenzio. È un grande successo del governo Meloni e dell’Italia intera, ora aspettiamo Patrick Zaki in Italia al più presto”.
Il calvario di Patrick, dall’arresto alla grazia
Tre anni e mezzo di incubo giudiziario, con 22 mesi passati a dormire per terra in carcere e undici udienze di un processo dai connotati kafkiani risoltosi in poco più di 24 ore con una condanna a tre anni di prigione, in teoria inappellabile, e la grazia concessa dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi: è in questo circuito di tempi e circostanze che si è dipanato il caso di Patrick Zaki, lo studente e adesso laureato egiziano in studi di genere all’Università di Bologna. Il 32enne Patrick fu fermato il 7 febbraio 2020 (con formalizzazione dell’arresto il giorno dopo) all’aeroporto del Cairo mentre rientrava in Egitto per una vacanza. Anche se la circostanza è stata smentita dalla procura, le modalità del fermo sarebbero state illegali: gli avvocati di Zaki denunciarono che agenti dell’Agenzia di sicurezza nazionale (la temuta Nsa) lo tennero bendato e ammanettato per 17 ore durante il suo interrogatorio allo scalo cairota. L’attivista inoltre sarebbe stato anche picchiato sulla pancia e sulla schiena e torturato con scosse elettriche. Patrick era tornato a piede libero nel dicembre di due anni fa.
L’accusa di ‘diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese’ al centro del processo conclusosi ieri – per la quale erano comminabili fino a cinque anni di carcere – si basa su un articolo che il cristiano Zaki scrisse nel 2019 su attentati dell’Isis e due casi di presunte discriminazioni di copti, i cristiani d’Egitto, che peraltro vedono nell’amministrazione di Sisi un baluardo contro il terrorismo islamico e l’ostilità su base religiosa di ampie frange della popolazione egiziana. Durante il periodo pre-processuale, tra il febbraio 2020 e il settembre 2021, Patrick aveva subito lo stillicidio di ben 18 udienze in cui furono decisi prolungamenti della sua custodia cautelare passata quasi tutta nel carcere di Tora al Cairo, dopo meno di un mese trascorso nelle celle di due commissariati e di una prigione di Mansura, la sua città natale sul delta del Nilo. Soprattutto durante il primo periodo della pandemia, nella primavera 2020 la sua vicenda giudiziaria fu connotata da nove slittamenti delle udienze per il rinnovo della custodia cautelare.
A Tora Patrick ha dormito sempre per terra, usando coperte come materasso e patendo forti dolori alla schiena. Ricevette la prima visita dei parenti solo dopo cinque mesi e mezzo di reclusione. Si è trattato di un periodo nero in cui l’allora solo studente dell’Alma Mater ha rischiato 25 anni di carcere per una fantomatica serie di dieci post pubblicati su Facebook che istigavano alla sovversione ma che lui ha sempre negato di aver scritto: sarebbero apparsi su un account che porta due (Patrick George) dei suoi tre nomi principali, ma non sono stati mai resi noti o consegnati alla difesa. I testi erano stati usati per accusarlo di ‘diffusione di notizie false’, ‘incitamento alla protesta’ e ‘istigazione alla violenza e a crimini terroristici’, reati che nell’Egitto ancora scottato da due rivoluzioni e dal revanchismo della Fratellanza musulmana possono costare anche il carcere a vita. Oggi la grazia, anche se non è ancora chiaro se a Zaki sarà concessa la totale libertà di movimento. Per esempio per tornare in Italia.