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Economia

I tre fronti di Orcel: Banco Bpm, Commerz, Generali

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Banco Bpm, Commerzbank e ora anche Generali: sono i tre fronti sui quali è attualmente impegnata Unicredit. Sono tre partite finanziarie di rilievo che mirano, con investimenti o aggregazioni, a rendere ancora più forte in Italia e in Europa l’istituto guidato da Andrea Orcel (nella foto in evidenza Imagoeconimica). Le operazioni si intrecciano con le altre sfide finanziarie in corso in Italia, come l’Ops di Mps su Mediobanca, le mire dei gruppi Delfin e Caltagirone per il controllo di Generali, il desiderio del governo di creare un solido terzo polo bancario in Italia.

GENERALI: Unicredit ha rastrellato nelle ultime settimane tra azioni e derivati una quota del 4,1% di Generali con diritto di voto. Ha poi un altro 0,6% che gestisce per conto dei propri clienti. L’operazione viene definita solo finanziaria, con acquisti accumulati nel tempo. Ma è chiaro che l’investimento, che non è di poco conto, ha una valenza nell’attuale contesto di risiko banco-assicurativo. Alla prossima assemblea di Generali si rinnova il Cda e due saranno i gruppi che si contenderanno la maggioranza: da una parte Mediobanca che ha il 13,1% del capitale e dall’altra i gruppi Delfin (9.93%) e Caltagirone (6.92%) che agiscono separati ma che insieme valgono più del 16%. Altro socio di rilievo del Leone è il gruppo Benetton con il 4,8%. Si aggiunge ora proprio Unicredit.

BANCO BPM: Il 25 novembre Unicredit ha lanciato un’ offerta pubblica di scambio su Banco Bpm. per un valore totale di 10,1 miliardi di euro. L’operazione, considerata ostile tanto che il il Banco ha presentato un esposto alla Consob per chiedere di fermarla, è arrivata proprio mentre il Banco era intento nella creazione di quello che veniva considerato un terzo polo bancario italiano dopo Intesa e Unicredit. Ed ha sparigliato le carte. Il Ceo Castagna aveva infatti acquistato una quota del 5% di Mps (lo stesso giorno in cui Delfin e Caltagirone avevano comperato uno stesso quantitativo di azioni) e poco prima aveva lanciato un’opa su Anima, importante società di risparmio gestito, a sua volta azionista del Monte dei Paschi. L’operazione è ancora in corso ed è sottoposta anche alla valutazione del governo per l’uso della golden power. Il 24 gennaio le carte si sono nuovamente rimescolate. Mps, della quale il ministero dell’Economia possiede ancora l’11,7%, da preda è però diventata predatrice lanciando l’Ops su Mediobanca, con l’idea di acquisirla.

COMMERZ: Commerzbank è la banca tedesca leader sul mercato delle Pmi e da 150 anni accompagna l’economia della Germania. Lo Stato è presente dall’azionariato e, come in Italia il Ministero dell’Economia nel Monte dei Paschi, ne deve uscire. Nel frattempo ha speso 18,2 miliardi di euro per sostenere l’istituto durante la crisi. Unicredit ha iniziato a prendere dal mercato azioni di Commerzbank durante l’estate. Poi è uscita allo scoperto l’11 settembre quando, con la vendita da parte della Germania di una quota delle proprie azioni, è salita al 9% è poi salita ancora ed ora ha il 28% dell’istituto. E’ un investimento in cui tutte le opzioni sono aperte: dalla vendita, che di fatto sarebbe una ritirata, alla fusione. Il governo ha definito più volte l’operazione “non coordinata e ostile” e possiede ancora una quota del 12% ma ha deciso di non proseguire con altre dismissioni. Gli occhi sono però puntati ora sulle elezioni tedesche e su quello che dirà il prossimo governo. Commerz ha comunque alzato le difese lanciando un acquisto di azioni proprie e raddoppiando il dividendo, per evitare che gli azionisti vendano altre quote. Nel frattempo anche Barclays e Citigroup hanno rafforzato le proprie posizioni nel capitale della banca tedesca.

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Economia

Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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Banco Bpm boccia ancora l’Ops di Unicredit, ‘inadeguata’

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Ovviamente è ancora un no. E motivato con nuovi argomenti. Banco Bpm boccia una volta di più l’Offerta pubblica di scambio volontaria annunciata da Unicredit e lo fa citando anche “modalità di implementazione” della normativa sulla Golden Power che “da parte di Unicredit non risultano chiare”. Strategia ovviamente, ma intanto l’amministratore delegato di Banco Bpm consiglia chiaramente agli azionisti di non aderire all’Ops. I nuovi passaggi dello scontro sono contenuti nell’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio di amministrazione di Banco Bpm del ‘comunicato dell’emittente’ sull’offerta promossa dal gruppo guidato da Andrea Orcel.

Il Cda “a seguito di un’attenta valutazione dei termini e delle condizioni descritti nel documento di offerta pubblicato da Unicredit il 2 aprile scorso e delle altre informazioni disponibili ha ritenuto l’Ops non conveniente e il corrispettivo non congruo”, afferma Banco Bpm in un comunicato. “L’offerta è completamente inadeguata e quindi noi consigliamo ai nostri azionisti di non aderire”, ribadisce l’amministratore delegato Giuseppe Castagna nella conference call con gli analisti finanziari, aggiungendo che tra le altre cose “loro sono molto più esposti alla volatilità dei mercati”. Nella nota dopo la riunione del Cda, la banca sostiene anche che il valore generato dall’acquisizione di Anima “potrebbe diluirsi all’interno di Unicredit” e che dove “a seguito dell’acquisizione dell’emittente e fermo restando quanto previsto dal provvedimento Golden Power le cui modalità di implementazione da parte di Unicredit non risultano chiare, un’eventuale riduzione delle attività di rischio ponderate dovesse interessare anche la clientela di Banco Bpm, sussisterebbero significative incertezze circa la capacità di confermare gli obiettivi di crescita e di generazione di valore su basi stand-alone”.

La strategia perseguita da Banco Bpm “incentrata sulla generazione di valore per l’azionista attraverso la piena valorizzazione delle opportunità di sviluppo del business presso la clientela di riferimento, con specifico riguardo alle famiglie e alle Pmi, appare diversa da quella implementata da Unicredit”, spiega inoltre la banca guidata da Castagna. Che ricorda come “dopo aver perfezionato un aumento di capitale da 13 miliardi nel 2017 e aver ceduto nel periodo 2017-2019 una parte dei propri asset (tra cui Pioneer Investments, FinecoBank e Bank Pekao), Unicredit ha promosso negli ultimi anni una strategia che ha comportato una riduzione delle attività ponderate per il rischio che tra il 2020 e il 2024 sono passate da 326 miliardi a 277 miliardi”. Per l’Italia “tale orientamento si è tradotto in una riduzione delle attività di rischio ponderate da 131 miliardi a 101 miliardi negli anni dal 2020 al 2024 a cui appare riconducibile una riduzione dei volumi di impieghi da 168 miliardi a 145 miliardi nello stesso periodo”, aggiunge Banco Bpm. ll consiglio di amministrazione “riconosce che l’offerta di Unicredit sottovaluta la nostra banca”, spiega da parte sua il presidente di Banco Bpm, Massimo Tononi, secondo il quale “l’offerta è inadeguata dal punto di vista finanziario e non è giusta per i nostri azionisti”. Il Cda di Banco Bpm ha infatti deciso “che il corrispettivo non è congruo da un punto di vista finanziario. Tale conclusione è supportata, tra i vari fattori considerati, dalle rispettive analisi finanziarie condotte da Citi e Lazard, in qualità di advisor finanziari, e dalle rispettive opinion”, spiega l’istituto di piazza Meda, evidenziando in particolare il “mancato riconoscimento di un premio” per l’eventuale controllo di Banco Bpm.

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