La Crimea e altri territori ucraini occupati da Mosca riconosciuti come russi, il no definitivo all’ingresso di Kiev nella Nato, una forza europea in Ucraina a garantire la pace ed evitare nuove escalation. Sarebbero questi i punti fondamentali del piano per la fine del conflitto proposto da Donald Trump, è sempre più frustrato dall’intransigenza del Cremlino. Tanto che 24 ore prima dell’annuncio da parte di Vladimir Putin di una tregua pasquale aveva lanciato il suo ultimatum. Nella bozza presentata a Parigi dai negoziatori americani, e rivelata da Bloomberg, sostanzialmente la Russia manterrebbe il territorio che occupa già e la guerra sarebbe congelata lungo le linee del fronte attuali.
Ma a Kiev sarebbero date garanzie di sicurezza che potrebbero anche prevedere il coinvolgimento di militari americani. In pratica, come ha detto anche l’inviato di Trump, Steve Witkoff, tutto si gioca attorno ai cosiddetti “cinque territori” – le regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia, Kherson e Crimea, che la Russia afferma di aver annesso e l’Ucraina non vuole cedere. In realtà Mosca non ne controlla completamente nessuno, ad eccezione della Crimea che ha conquistato nel 2014, ma vuole sia riconosciuta la sua piena autorità.
C’è poi la questione dell’accordo sui minerali, le cosiddette terre rare, una sorta di risarcimento agli Stati Uniti per gli aiuti militari all’Ucraina in questi tre anni di guerra. Washington e Kiev devono ancora finalizzarlo ma sarebbero ad un passo da un accordo che darebbe a Volodymyr Zelensky qualche rassicurazione in più su una presenza americana nel suo Paese. Presenza che potrebbe svolgere la funzione di deterrente nei confronti di una nuova aggressione russa. Trump ha affermato che l’intesa potrebbe essere firmata già giovedì prossimo, quando nella capitale americana arriverà primo ministro ucraino, Denys Shmyhal. L’altro piano di pace circolato in queste settimane è quello fatto trapelare dall’inviato speciale Usa, Keith Kellogg, che avrebbe immaginato per l’Ucraina uno scenario sull’esempio di Berlino dopo il 1945: con truppe britanniche e francesi a ovest del fiume Dnipro, mentre nella parte orientale rimarrebbero i russi nelle zone occupate. In mezzo, le forze ucraine ed una zona demilitarizzata, ossia un’area cuscinetto per prevenire eventuali scambi di fuoco tra gli occidentali ed i russi.
L’idea di un’Ucraina frammentata e stretta tra varie sfere di influenza, però, non è piaciuta a Kiev e nemmeno a Mosca: secondo quest’ultima poi uno scenario del genere potrebbe portare ad una nuova escalation. I negoziati per la pace dovrebbero proseguire comunque la prossima settimana a Londra, secondo quanto riferito da un funzionario americano, per dare il tempo a Kiev di accettare la bozza americana. Se non si arrivasse ad un’intesa e gli Stati Uniti dovessero davvero ritirarsi, gli sforzi per mediare una pace probabilmente naufragherebbero, perché nessun’altra nazione è in grado di esercitare una pressione simile sia su Mosca che su Kiev. Alla Casa Bianca si stanno già studiando le varie ipotesi in caso di mancato accordo e ci sono due ipotesi sul tavolo. La prima è che gli Stati Uniti mantengano invariata la loro attuale politica sul conflitto, continuando a imporre le sanzioni alla Russia e ad erogare aiuti a Kiev. L’altra è che Trump decida di sospendere i pagamenti all’Ucraina e lasciare il Paese in balia del Cremlino.