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I giudici di Firenze hanno condannato le idee di moralità nella vita pubblica di Marco Travaglio

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È una sentenza di primo grado. Spero, anzi sono certo che sarà “cassata” in appello. E però il Tribunale civile di Firenze che condanna Il Fatto Quotidiano a risarcire con 95 mila euro Tiziano Renzi, papà dell’ex premier Matteo, lascia perplessi per alcuni motivi che provo a spiegare. Comincio da un sospetto. Come non mi piaceva essere giudicato da giornalista nel distretto giudiziario dove lavorava il magistrato che mi chiedeva risarcimenti milionari per supposte diffamazioni che erano “sempre” intimidazioni preventive per ridurmi al silenzio sulla gestione di alcuni pentiti e alcune inchieste, così non mi piace che Il Fatto venga giudicato con una sospetta celerità di una zelante giustizia che nessuno intravede altrove dal tribunale dove risiede il presunto diffamato, Tiziano Renzi. E non è bello che tutto ciò avvenga nello stesso distretto giudiziario dove risiede Matteo Renzi ovvero il figlio del Babbo, l’ex premier, attuale senatore e socio di maggioranza di un partito importante con importanti agganci in luoghi istituzionali importanti come ad esempio uffici giudiziari o organi aventi rilievo costituzionale che si occupano di giudici,  autogoverno ed indipendenza della magistratura. Non sospetto imbrogli, non sospetto nessuno. Dico che c’è una questione ambientale di cui occorrerebbe tenere conto. Non mi piaceva e non mi piace questo sistema. 

Non mi è mai piaciuto il giustizialismo o peggio il giornalismo che interpreta questo sentimento. È patologia di un sistema democratico, non è la soluzione all’impunità dei rei, alla incertezza della pena e al disastro giustizia ma la malattia. Francamente, però, trovo sia una porcheria continuare a contrabbandare per vera senza vergognarsi la storiella che Il Fatto Quotidiano sarebbe il giornale delle Procure, il quotidiano dei giustizialisti o la gazzetta dei grillini o il megafono del qualunquismo o altre scemenze che i detrattori di questo organo di informazione vogliono affibbiargli. Il Fatto Quotidiano, ragiono da lettore,  è un giornale libero ed è un giornale che ha un’anima, un carattere che non deve vendere o svendere ogni giorno sul mercato delle notizie chè convengono all’editore.  Perchè l’editore de Il Fatto sono i lettori de il Fatto. E questo è un fatto. Non hanno gruppi ecomomici alle spalle o lobby o congregazioni o conventicole politiche o cordate di finanzieri o finanziarie.

Ciò detto, e vengo al punto, ho seguito l’inchiesta Consip, anche professionalmente, e non ho mai riscontrato alcun intento diffamatorio, calunniatorio nei confronti di chicchesìa da parte dei giornalisti e del direttore del Fatto. C’era solo il tentativo quotidiano di alzare l’asticella della moralità intorno all’allora potentissimo premier baciato dal consenso e destinato alla gloria eterna. Hanno esagerato? Può darsi. Però, come si diceva in tempi normali, tanto per fare un paragone, se è vero che la moglie di Cesare non solo deve essere onesta ma deve anche apparire tale, Il Fatto usa questa politica editoriale con tutti. Pretende da parenti e amici di chi ha ed esercita un potere comportamenti adamantini. E sor  Tiziano Renzi, per i suoi comportamenti, le sue amicizie, la sua condotta garibaldina in fatto di affari ha sempre suscitato dei dubbi. Attenzione, i dubbi che ha suscitato nei magistrati sono stati rubricati come reati, e sono stati spesso contestati. Quelli che suscita nei giornalisti sono critiche, anche pesanti, ma pur sempre critiche.

Tiziano Renzi dalle contestazioni di reati ne esce poi assolto, pulito? Ne siamo tutti felici. Solo chi non sta bene con se stesso può godere delle disgrazie altrui. Su alcuni incontri tra Tiziano Renzi e altri personaggi coinvolti nell’inchiesta Consip, persino il potente figlio Matteo aveva qualche legittimo dubbio sul Babbo. Io penso e spero che la condanna al pagamento di 95mila euro a Il Fatto venga presto cassata, anche perché una condanna del genere mette a rischio la sopravvivenza l’esistenza del giornale.   

Marco Travaglio. Il direttore de Il Fatto Quotidiano

Marco Travaglio, sostiene, giustamente che i lettori sono “l’unico nostro scudo contro le aggressioni dei potenti”. E aggiunge  che “purtroppo in Italia fare un buon giornale, libero e indipendente” spaventa. Ha ragione, in Italia tutti ci riempiamo la bocca sui media, sull’informazione, sulla libertà, sulla democrazia ma l’idea di fondo dell’establishment è quella di avere non già una buona informazione ma una “informazione buona”, che sta bella tranquilla, a cuccia. Come dice sempre Marco Travaglio, che ha il difetto di essere libero e di dire quello che pensa, i giornalisti italiani devono decidere se essere “cani da guardia delle istituzioni oppure cani da salotto o da riporto di qualcuno”. E questo, ahi noi, è un fatto. Un Fatto Quotidiano che qualcuno deve poter raccontare per il bene del Paese. Da oggi compro quotidianamente il Fatto Quotidiano. Perchè ce n’è bisogno.

 

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Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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