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Andrea Agnelli attacca Report e nega l’evidenza su certi rapporti opachi tra tifo estremo e il suo addetto alla sicurezza

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L’inchiesta di Report non puntava a dimostrare che la Juventus fosse consapevole di pratiche di bagarinaggio allo Stadium e che forse queste pratiche addirittura le agevolava.

L’inchiesta di Report non doveva e non voleva dimostrare che quando uno striscione razzista, offensivo, vergognoso entra allo stadio la responsabilità è molto spesso di dipendenti poco attenti o infedeli delle società. Lo striscione canaglia su Superga non o meno grave degli striscioni razzisti contro Napoli e i napoletani.

L’inchiesta di Report ha mostrato un altro volto della società Juventus. Quello è il giornalismo. C’è dimestichezza di rapporti tra ambienti violenti, mafiosi ed opachi con pezzi della società. Ci sono vicende che la società avrebbe dovuto sanzionare o denunciare all’autorità giudiziaria mentre invece le ha sopportate. Ho scritto sopportate, non supportate. C’è tanta carne a cuocere, c’è molto arrosto nell’inchiesta di Report. Svilirla, puntare l’indice contro i giornalisti, accusarli di aver rimestato, offeso, vilipeso il buon nome di una società è poco serio. Sarebbe stato meglio tacere oppure rispondere nel merito di quanto mostrato da Report sulla Grande Signora.

Oggi, all’assemblea degli azionisti, il presidente della Juventus Andrea Agnelli, ha dedicato un bel pezzo del suo intervento, prima dell’apertura, “a quanto emerso nella trasmissione di Rai 3 ‘Report’”. E l’ha fatto tra applausi scroscianti.

“La Juventus rispetta alla lettera le procedure di vendita e non può accettare che ancora oggi si insinui il dubbio che possa essere associata a fenomeni di bagarinaggio” dice Andrea Agnelli. E lo dice dimenticando che ci sono atti, fatti, testimonianze di chi sostiene esattamente il contrario. Report ha mostrato questo.

“Le uniche cose per cui la Juventus è stata sanzionata- ha aggiunto Agnelli – è l’avere venduto biglietti in numero superiore a quelli consentititi dalla legge Pisanu, e per il fatto che il responsabile della sicurezza, Alessandro D’Angelo, ha favorito l’introduzione di materiale non autorizzato al secondo anello del nostro stadio in occasione del derby del 2014”. Poi un’altra precisazione sul caso degli striscioni sulla tragedia del Grande Torino esposti nella curva sud bianconera in un derby del 2014: “Chi parla di quell’episodio deve attenersi ai fatti, ogni altra considerazione è falsa e infondata. C’è stata una sentenza della Corte Federale d’appello, e gli autori dello ‘striscione canaglia’ sono stati individuati grazie alle tecnologie della Juventus, sono stati consegnati alla giustizia e sono rei confessi. Il nostro responsabile della sicurezza non ha aiutato a introdurre striscioni canaglia”. “Con Cairo ci sentiremo in giornata. Ci siamo scusati in quella occasione per lo striscione su Superga. Il nostro responsabile sicurezza non ha colpe”. Ma come non ha colpe? Ogni partita allo Stadium è foriera di striscioni vergognosi e razzisti e nessuno ha colpe? La questione che Agnelli non tratta è seria: se il suo badante per la sicurezza non c’entra, chi ha la responsabilità dello Stadio? Come entrano certi striscioni? E può spiegare questa intercettazione telefonica del suo addetto alla sicurezza?

 

Quello che non è davvero piacevole della introduzione alla assemblea degli azionisti di Agnelli è la parte in cui dice che “si tenta nuovamente di fare spettacolo, spacciando per inedita un’intercettazione che è già agli atti”. “La vicenda – aggiunge – è stata per noi dolorosa, ogni giorno lavoriamo per mantenere nel nostro stadio tranquillità e sicurezza. E’ un dolore acuito dalla scomparsa di Bucci, per questo rispettiamo in silenzio il lavoro di quanti indagano”. Un omicidio mascherato da suicidio e certe intercettazioni telefoniche non sono puntate di Gomorra, non è fiction ma realtà.

Parole di stima per Giuseppe Marotta da parte del presidente bianconero: “Sono 40 anni che gestisce club di calcio, con successi come quelli del Venezia. Poi l’Atalanta e la Samp lasciata in Champions prima di raggiungere la Juve. La capacità, la conoscenza di Marotta, sono stati strumentali per la crescita di questa Società e anche a lui dobbiamo un caloroso ringraziamento e un applauso. L’elemento che ci ha permesso le scelte che abbiamo fatto è la capacità di Aldo e Beppe di far crescere professionisti sotto di loro, far crescere futuri professionisti che possano prendere il loro ruolo. Si è scelto di conferire i ruoli a risorse già presenti in azienda. Per quanto riferibile a Beppe Marotta, si è scelto di ridistribuire le mansioni in parte a chi già ricopriva un ruolo apicale e a chi fa già parte del Consiglio. Ci sarà quindi una nuova generazione di leader cui affidare la Juventus. Paratici (sport) con al fianco Federico Cherubini, Marco Re (servizi), Giorgio Ricci (ricavi)”.

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Stupri Caivano, l’avvocato Pisani: domiciliari giustizia a intermittenza

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“Non c’è giustizia, noi ci battiamo per tutelare la vittima da crimini atroci e uno dei responsabili delle violenze sessuali e diffusione video pedopornografici va ai domiciliari a Venezia”. Non riesce a trattenere il suo disappunto l’avvocato Angelo Pisani, legale di una mamma delle due cuginette di Caivano stuprate dal branco la scorsa estate. Nei giorni scorsi il tribunale di Napoli Nord ha concesso gli arresti domiciliari a uno dei due maggiorenni ritenuti coinvolti nelle violenze. “Altro che decreto Caivano, altro che rispetto e tutela per le donne e le vittime”, aggiunge Angelo Pisani per il quale con queste decisioni “si veicola un messaggio sbagliato, quello della giustizia a intermittenza”. Intanto, continua, “lui è ai domiciliari mentre le bambine e i fratelli sono chiusi nelle case famiglia senza neanche poter veder e sentire genitori e familiari”.

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Torna libero Max Leitner, il re delle evasioni

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Max Leitner, il re delle evasioni, dopo una vita in fuga e in carcere, ora potrà rimanere libero a tutti gli effetti. A 65 anni, dei quali 27 passati da recluso, il Vallanzasca dell’Alto Adige, per adesso ha chiuso il suo conto con la giustizia anche in riferimento ad una misura di sicurezza, di libertà vigilata, che era stata emessa dal magistrato di sorveglianza di Bologna nel 2015. All’epoca Leitner aveva aggredito alcune guardie carcerarie ma quella specifica misura di sicurezza, legata alla pericolosità sociale di Leitner, non è mai stata applicata. Ora, come riferisce il quotidiano Tageszeitung, il tribunale di sorveglianza di Bolzano, nel riesaminare la pericolosità sociale di Leitner, ha stabilito che essa sia nel frattempo venuta meno, come sostenuto dagli avvocati difensori Angelo Polo e Nicola Nettis, ed ha quindi revocato di conseguenza la misura di sicurezza del 2015 che era rimasta formalmente in piedi. Leitner, che vive a Merano, resta quindi libero, anche se i guai giudiziari per lui non sono ancora completamente finiti: la prossima settimana è in programma l’udienza preliminare per i fatti del settembre 2021 quando Leitner ed un complice spararono dei colpi di pistola, a scopo intimidatorio, contro l’auto di una prostituta in zona industriale a Bolzano.

Con ogni probabilità l’udienza verrà rinviata in quanto Leitner non sarebbe attualmente nelle condizioni di seguirla. Durante la sua lunga carriera da ‘bandito’ non si è mai macchiato di fatti di sangue, accumulando comunque complessivamente pene per quasi tre decenni di carcere. Non era finito nelle cronache nazionali per le sue rapine, ma in quanto negli anni era riuscito ad evadere cinque volte da cinque carceri diversi. Tutto ebbe inizio con una serie di rapine negli anni Ottanta. Seguirono arresti, condanne ed evasioni, come per esempio, quando nell’agosto ’90 fu arrestato dalla polizia austriaca durante un assalto ad un furgone portavalori e successivamente evase dapprima dal carcere austriaco e poi da altre prigioni in Italia. Risale a due anni va il suo ultimo arresto. Leitner aveva giurato che in carcere non sarebbe mai più tornato, anche perché seriamente malato, ma una notte di settembre le porte della casa circondariale di Bolzano si sono riaperte.

Max, anche quando era in libertà vigilata, non riusciva stare lontano dai guai. Come nel settembre 2021. Verso mezzanotte e mezza, una prostituta chiama il 112 perché, mentre lei si era appartata con un cliente, due colpi di arma da fuoco sono stati esplosi contro la sua macchina, che in quel momento fortunatamente era vuota. La donna descrive l’auto grigia che si è poi allontanata a grande velocità nella zona industriale del capoluogo altoatesino. Verso le due di notte una pattuglia di polizia intercetta la vettura, proprio nelle immediate vicinanze del primo fatto. A bordo si trovano Max Leitner e un cittadino austriaco senza fissa dimora di 59 anni. L’altoatesino finge un attacco cardiaco per distrarre i poliziotti e si oppone con forza all’arresto. Nella macchina gli agenti trovano una pistola P38, considerata arma da guerra, un fucile calibro 22 con silenziatore, un teaser, una maschera da carnevale un un finto berretto di polizia. Leitner e la prostituta si conoscevano. Ultimamente Leitner vive a Merano. Chi lo incontra descrive un uomo segnato dalla vita. Si racconta addirittura che non gli faccia piacere non essere più considerato pericoloso, ma forse è solo una delle bizzarrie autoironiche del re delle evasioni.

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Maltratta la moglie, arrestato tre volte in tre anni

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Da tre anni entra ed esce dal carcere il reato di maltrattamenti in famiglia. Quando la violenza supera i limiti, lei lo denuncia e il marito viene arrestato, ma quando esce dal carcere lo riaccoglie in casa e lui riprende a picchiarla. Un copione che accomuna tante vicende di violenza di genere. Ieri sera, i carabinieri di Rimini hanno notificato all’uomo, un cittadino moldavo di 64 anni, un aggravamento di misura disposto dal gip del Tribunale di Rimini, Raffaella Ceccarelli, su richiesta del sostituto procuratore Davide Ercolani. Per l’uomo, denunciato l’ennesima volta lo scorso 27 novembre dalla moglie, una connazionale di 54 anni, madre di due figli, è scattata la detenzione in carcere per la terza volta dal 2020.

La donna ha raccontato ai carabinieri gli ultimi anni di sofferenze e vessazioni da cui non riusciva a liberarsi neanche quando il marito era in carcere perché la minacciava di assoldare dei killer per farla uccidere. La 54enne ha descritto i suoi 30 anni di matrimonio, le botte e gli insulti diventati quotidiani dal 2018, da quando l’uomo con il quale ha avuto due figli, è entrato nel tunnel della dipendenza da alcol. In diverse occasioni, la donna è dovuta ricorrere alle cure dei sanitari. La prima denuncia l’aveva presentata nel 2020, ma poi l’aveva ritirata nella speranza che il marito una volta scarcerato avesse cambiato abitudini. Il primo procedimento del 2020 era stato archiviato ma neanche a dirlo nel 2022, la moglie era tornata in Pronto soccorso con evidenti segni di percosse. Colpi ricevuti anche in pieno petto, particolarmente pericolosi per la vittima cardiopatica e portatrice di pacemaker. Arrestato nell’estate del 2022, lo scorso settembre, il 64enne era tornato a casa con l’obbligo quotidiano di firma alla polizia giudiziaria. Misura che non gli avrebbe impedito di aggredire fisicamente la moglie tanto che tre giorni fa l’ha denunciarlo nuovamente. La donna, infine, avrebbe più volte rifiutato il collocamento in una casa protetta per sé e i figli dicendo di voler rimanere nella propria abitazione per cui ha lavorato tanto negli anni.

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