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Haftar bombarda Tripoli, 300 morti e 40mila sfollati nella guerra in Libia

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Continua la guerra in Libia, che ha mietuto sinora 300 vittime facendo strage di donne e bambini: le forze di Khalifa Haftar hanno bombardato dal cielo un sobborgo di Tripoli, a un passo dal cuore della capitale, causando la morte di almeno 11 persone. Tripoli lo ha accusato di aver usato “aerei stranieri”, mentre Fayez al Sarraj ha chiesto alla Procura militare l’arresto del maresciallo e di altre 63 persone coinvolte nell’offensiva contro la capitale e il governo riconosciuto dall’Onu. In questo quadro in cui i combattimenti non accennano a fermarsi, la compagnia petrolifera Noc ha lanciato l’allarme e chiesto “l’immediata cessazione delle ostilita’” che “mettono in serio rischio le nostre attivita’, la produzione e l’economia nazionale”. La Noc, ha affermato il presidente Mustafa Sanalla, “e’ fortemente preoccupata per la minaccia alle infrastrutture energetiche” e la “militarizzazione” di alcuni impianti e terminal, facendo in particolare riferimento a Es Sider e Ras Lanuf, sotto il controllo delle forze di Haftar. Il bilancio, ancora provvisorio, del bombardamento su Tripoli scattato poco prima della mezzanotte di sabato  è di almeno 11 morti e 30 feriti. Ma il conto delle vittime “potrebbe aggravarsi”.

Il bombardamento ha centrato un’area circa 9km a sudovest dal cuore della capitale. Haftar “copre le sconfitte militari bombardando con aerei stranieri i civili disarmati a Tripoli”, ha accusato Mohanned Younis, il portavoce di Sarraj. Il governo di unita’ nazionale ha messo all’indice il “lassismo e il silenzio” della missione Onu e del Consiglio di sicurezza nei confronti del “criminale Haftar”. Il bombardamento su Tripoli “e’ un crimine di guerra che si aggiunge agli altri perpetrati dall’inizio dell’aggressione”, ha detto. E Sarraj – che ha assunto l’incarico ad interim della Difesa – ha chiesto alla Procura militare di arrestare Haftar e altre 63 persone tra ufficiali, sottoufficiali e sostenitori dei responsabili dell’attacco contro Tripoli. Tra le richieste di arresto anche quelle per i due figli di Haftar, Khaled e Saddam, e del portavoce Ahmed Al Mismari. Il ministro dell’Interno Fathi Bashaga, incontrando a Tunisi l’omologo Hisham al Furati, ha alzato il tiro: Haftar “tenta di ripetere in miniatura le gesta di Hitler”, e’ solo l’ultimo esempio di “minaccia alla regione”. “Il Maghreb arabo e’ in pericolo, a meno che i suoi Paesi non si uniscano contro la dittatura, Tripoli e’ solo l’inizio”, ha ammonito Bashaga. Intanto, salgono a 300 i morti in Libia a causa degli scontri in atto: tra le vittime si contano 90 bambini e 100 donne. E’ il bilancio aggiornato ad oggi reso noto dal presidente dell’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) Foad Aodi, in diretto contatto con i medici libici negli ospedali e nelle zone del conflitto. Oltre 40mila gli sfollati.

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‘Ndrangheta e droga, sospeso finanziere

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C’é anche un appartenente alla Guardia di finanza tra le 142 persone indagate nell’inchiesta “Recovery”, su ‘ndrangheta e traffico di sostanze stupefacenti a Cosenza, condotta dalla Dda di Catanzaro. Il finanziere coinvolto é E. D.. A suo carico é stata applicata la misura interdittiva della sospensione dal servizio . La gran parte delle persone coinvolte nell’operazione scaturita dall’inchiesta sono state condotte in carcere. Per 20 sono stati disposti gli arresti domiciliari e per altre 12 l’obbligo di dimora e di firma.

Ovviamente la sospensione del finanziere non è una sentenza di condanna ma una misura cautelare che nulla toglie alla presunzione innocenza.

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Intrighi e accuse di corruzione a Genova, Spinelli dice: pagavo tutti i partiti, Toti mi ha preso in giro

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Gli interrogatori di garanzia di Roberto Spinelli e di suo padre Aldo hanno rivelato dettagli intriganti su una storia di presunta corruzione che intreccia politica, affari familiari e lotta per il potere nelle dinamiche portuali di Genova. Durante gli interrogatori, che hanno durato poco più di un’ora ciascuno, si è delineata una difesa incentrata sulla vulnerabilità personale di Aldo Spinelli, nonostante l’apparenza di un uomo in salute e determinato all’età di 84 anni.

La vicenda giudiziaria ha preso una svolta significativa quando Aldo Spinelli ha accusato apertamente il governatore Giovanni Toti di averlo ingannato, affermando di essere stato “preso in giro” in relazione alla concessione demaniale del terminal Rinfuse, per il quale avrebbe pagato tangenti per ottenere favori. Questa concessione ha permesso alla sua azienda, Spinelli srl, di aumentare notevolmente il proprio valore di mercato.

Inoltre, Aldo ha messo in luce promesse non mantenute riguardanti la privatizzazione di un tratto di spiaggia a Varazze, una situazione complicata dalla direttiva europea Bolkestein sulla gestione delle coste, che ha impedito qualsiasi sviluppo immobiliare in quell’area. Questo ha sollevato questioni su come le politiche e le regolamentazioni possano influenzare significativamente gli investimenti e le decisioni aziendali.

I legami tra Aldo Spinelli e Paolo Signorini, ex presidente dell’Autorità portuale e unico detenuto in questa vicenda, emergono come particolarmente intensi. Spinelli sostiene di aver aiutato Signorini, considerato amico, in momenti di difficoltà economica, fino a pagare il catering per il matrimonio della figlia di Signorini, con un totale di regali e benefit promessi per quasi 400 mila euro.

Queste accuse si estendono oltre il contesto familiare, mostrando come Aldo Spinelli abbia cercato di mantenere un’influenza nel porto che ha plasmato gran parte della sua carriera e vita. L’imprenditore genovese afferma di aver finanziato legalmente diverse figure politiche, inclusa Emma Bonino, nonostante non la conoscesse personalmente, il che solleva domande sulla natura dei finanziamenti politici e delle relazioni imprenditoriali.

Roberto Spinelli, difeso anch’esso dall’avvocato Andrea Vernazza e coinvolto nelle vicende giudiziarie del padre, ha espresso rispetto e difesa nei confronti di Aldo, evidenziando come il padre sia stato “tirato per la giacchetta” da molti, inclusi Toti e Signorini, in un momento di particolare vulnerabilità emotiva dopo la morte della moglie.

Al termine dell’interrogatorio, Aldo Spinelli ha lasciato l’aula con un’energia inalterata, dichiarando di meritare la libertà e di non essere preoccupato per i futuri sviluppi dell’inchiesta. Questa affermazione sottolinea una fiducia forse incrollabile o una sfiducia nel sistema che lo ha visto protagonista per decenni.

Questo caso solleva questioni profonde sulla corruzione, la solitudine e la lotta per il potere in un contesto dove la legge e le relazioni personali si intrecciano in modi spesso indistinguibili, lasciando una scia di domande senza risposta sulla legalità e l’etica nelle più alte sfere del potere economico e politico italiano.

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Camorra e riciclaggio, sequestrata la pizzeria “dal Presidente” in via dei Tribunali a Napoli

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Anche la società che gestisce la notissima pizzeria del centro storico di Napoli “dal Presidente”, che si trova in via dei Tribunali, sarebbe riconducibile al clan Contini: è quanto emerge dalle indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli che hanno portato all’arresto di cinque persone (tre in carcere e due ai domiciliari). La Dda partenopea (pm Alessandra Converso e Daniela Varone) contesta il trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio, aggravato dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare la camorra. La pizzeria è stata sequestrata dai finanzieri insieme con altri beni.

La pizzeria “Dal presidente”, chiamata così perché aperta dal pizzaiolo che preparò la pizza all’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, si trova in uno dei due decumani del capoluogo partenopeo, meta turistica tra le più frequentate in città. Il valore dei beni sequestrati oggi dai finanzieri ammonta a circa 3,5 milioni di euro. L’impresa di ristorazione sarebbe stata acquistata grazie all’apporto economico e alla “protezione” fornita da un esponente di spicco del clan, alla cui famiglia sarebbe stata destinata una parte dei relativi proventi anche dopo la sua detenzione conseguente a una condanna per associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Le risultanze investigative e dei social network avrebbero permesso di stabilire che la società era gestita, di fatto, dal cognato del detenuto, anch’egli gravato da numerosi precedenti penali, il quale si sarebbe poi affrancato dalla joint venture criminale avviando una nuova attività nel campo della vendita di prodotti da forno. Le indagini, corroborate dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, avrebbero consentito di appurare anche la fittizia intestazione di un’impresa individuale operante nel settore dei servizi turistici, che il precedente titolare sarebbe stato costretto a dismettere con minacce, percosse e intimidazioni, e di sette immobili di pregio siti nel capoluogo partenopeo. Gli indagati avrebbero reimpiegato nelle società di ristorazione e panificazione e nell’acquisto di beni immobili ben 412.435 euro versati in contanti con reiterate operazioni sui conti societari e personali. Il denaro è stato sequestrato oggi insieme con le quote delle società, l’impresa individuale e gli immobili intestati a prestanome: il valore complessivo è stato stimato in oltre 3,5 milioni di euro.

Come sempre facciamo, ribadiamo che tutte le persone citate in questo articolo e a vario titolo indagate perchè coinvolte nell’inchiesta sono da considerare innocenti, come prevede la nostra Costituzione.

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