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Esteri

Gli Stati Uniti propongono una forza internazionale a Gaza per due anni: bozza all’Onu per una missione fino al 2027

Gli Stati Uniti hanno presentato al Consiglio di Sicurezza dell’Onu una bozza di risoluzione per creare una forza internazionale a Gaza con mandato fino al 2027. Previsto il dispiegamento delle prime truppe a gennaio.

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Gli Stati Uniti hanno inviato a diversi membri del Consiglio di Sicurezza dell’Onu una bozza di risoluzione per istituire una forza internazionale a Gaza con un mandato iniziale di almeno due anni.

Secondo quanto riportato dal sito americano Axios, la proposta prevederebbe che la forza abbia il compito di garantire sicurezza e governance nella Striscia fino alla fine del 2027, con la possibilità di estendere il mandato oltre tale data.


Una missione sotto guida americana con mandato esteso

La risoluzione, spiegano le fonti citate, darebbe agli Stati Uniti e ai Paesi partecipanti un ampio mandato operativo e politico, includendo funzioni di sicurezza, gestione civile e supporto alla ricostruzione dell’area devastata dal conflitto.

L’obiettivo è quello di stabilizzare Gaza dopo mesi di violenze e creare le condizioni per un nuovo equilibrio politico in Medio Oriente, in vista di un eventuale processo di pace.


Prime truppe in arrivo a gennaio

La bozza americana fungerà da base per le trattative tra i membri del Consiglio di Sicurezza, con l’intento di approvare il testo nelle prossime settimane e dispiegare le prime truppe già a gennaio 2026.

Non è ancora chiaro quali Paesi parteciperanno alla missione, ma la proposta prevede il coinvolgimento di alleati occidentali e partner regionali, con un ruolo centrale degli Stati Uniti nella catena di comando.


Una sfida diplomatica per Washington

La mossa americana apre una nuova fase diplomatica sul futuro di Gaza e potrebbe incontrare resistenze da parte di Russia e Cina, membri permanenti del Consiglio con diritto di veto.

Washington punta a una soluzione multilaterale che consenta di garantire la sicurezza sul territorio e allo stesso tempo avviare una gestione internazionale della ricostruzione, evitando che Hamas o altri gruppi armati tornino a controllare la Striscia.

La proposta segna così l’avvio di un nuovo capitolo nel dossier mediorientale, con gli Stati Uniti determinati a riaffermare la propria leadership diplomatica e militare nella regione.

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Esteri

Aereo spia Usa sorvola il Mar Nero: ricognizione sopra la Crimea, poi il rientro nel Regno Unito

Un aereo da ricognizione dell’Aeronautica Militare americana ha sorvolato il Mar Nero e la Crimea prima di rientrare in Gran Bretagna. Il volo, monitorato da Flightradar24, riaccende le tensioni tra Nato e Russia.

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Un aereo da ricognizione dell’Aeronautica Militare statunitense è stato avvistato nello spazio aereo sopra il Mar Nero, in un’area di alta tensione militare tra Russia e Ucraina.

Secondo quanto riportato dall’agenzia russa Tass, che cita il servizio di monitoraggio Flightradar24, il velivolo era decollato dalla base aerea di Mildenhall nel Regno Unito per una missione di sorveglianza.


Il percorso del volo: sorvolo su sei Paesi e ritorno nel Regno Unito

Il ricognitore ha attraversato i cieli di Paesi Bassi, Germania, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria e Romania, prima di raggiungere il Mar Nero e sorvolare lo spazio aereo oltre la Crimea, zona di forte interesse strategico per Mosca.

Dopo la missione, l’aereo ha fatto ritorno alla base britannica. Secondo i dati di tracciamento, alle 5:15 ora di Mosca il velivolo si trovava nuovamente sopra Mildenhall, a conferma del completamento dell’operazione.


Missione di sorveglianza in un’area ad alta tensione

Il sorvolo rientrerebbe nelle attività di monitoraggio Nato lungo i confini orientali dell’Alleanza e nelle aree di conflitto tra Russia e Ucraina, dove da mesi si registra un’intensa attività aerea e navale.

La presenza di un aereo spia americano nei cieli del Mar Nero rischia di inasprire ulteriormente le relazioni tra Washington e Mosca, già tese dopo gli ultimi scambi di accuse sulle operazioni militari in Ucraina e sullo spazio aereo del Mar Nero.


Un nuovo segnale di allerta tra Nato e Russia

L’episodio conferma l’aumento della ricognizione occidentale nell’area e la sorveglianza costante sui movimenti russinel sud dell’Ucraina e in Crimea, regione annessa da Mosca nel 2014 e tuttora al centro del conflitto.

Un segnale chiaro di come il Mar Nero resti uno dei fronti più caldi della geopolitica mondiale, dove ogni volo può trasformarsi in un messaggio strategico o in una nuova scintilla diplomatica.

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Esteri

Trump avverte Maduro: “I suoi giorni sono contati”. Ma smentisce un’imminente guerra con il Venezuela

Donald Trump assicura che gli Stati Uniti “non stanno pensando a una guerra” contro il Venezuela ma afferma che “i giorni di Maduro sono contati”. Cresce la tensione nei Caraibi mentre l’Ue avverte Washington: “Ogni azione deve rispettare il diritto internazionale”

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Non stiamo pensando a una guerra, ma i giorni di Maduro sono contati”. Così Donald Trump, intervistato da CBSper il programma “60 Minutes”, ha alimentato nuovi timori su un possibile intervento americano in Venezuela, pur minimizzando le ipotesi di un conflitto imminente.

Le parole del presidente americano arrivano in un momento di forte tensione nei Caraibi, dove gli Stati Uniti hanno ammassato mezzi militari e uomini, intensificando nel frattempo i raid contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti, che avrebbero già provocato decine di vittime.

Alla domanda se Washington stia pianificando un attacco a Caracas, Trump ha risposto ironicamente: “Ma che domanda è? Supponendo che ci fossero piani, lo direi a voi onestamente?”.


Maduro: “Nessuno ci toglierà la nostra democrazia”

Il presidente venezuelano Nicolás Maduro non ha tardato a replicare. In un video diffuso su Telegram, ha denunciato le “minacce imperialiste” e ribadito la legittimità del suo governo:
La nostra democrazia è la più avanzata del pianeta. Nessuno ci toglierà il diritto di vivere liberi nel Secolo dei Popoli”, ha detto il leader di Caracas, accusando Washington di voler destabilizzare il Paese “con la scusa della lotta al narcotraffico”.

Le sue parole giungono dopo giorni di silenzio, interrotti solo dalle manovre militari e dal crescente schieramento americano nella regione.


L’opposizione venezuelana: “Il popolo sostiene Trump”

A sostenere la linea dura della Casa Bianca è invece María Corina Machado, Premio Nobel per la Pace 2025 e leader dell’opposizione venezuelana. Intervistata da Fox News da Laura Trump, nuora dell’ex presidente, Machado ha dichiarato che “la maggioranza dei venezuelani appoggia pienamente la strategia di Trump”.

Lottiamo da 26 anni per liberarci da questa dittatura, e ora abbiamo un’occasione concreta per farlo”, ha affermato la leader liberale, puntando il dito contro il regime chavista:
Il Venezuela era il Paese più ricco e libero dell’America Latina, oggi è tra i più poveri. Il socialismo promette uguaglianza, ma rende tutti ugualmente poveri”.


L’Ue mette in guardia Washington: “Serve rispetto del diritto internazionale”

Dal Vecchio Continente è arrivato un messaggio prudente. L’Unione Europea ha espresso preoccupazione per un possibile intervento armato americano in Venezuela, pur ribadendo il sostegno alla lotta contro il narcotraffico.

Condividiamo l’obiettivo di smantellare il crimine organizzato, ma ogni azione deve rispettare il diritto internazionale”, ha dichiarato una portavoce della Commissione Europea, annunciando al contempo un nuovo pacchetto di aiuti umanitari da 14,5 milioni di euro destinato alla popolazione venezuelana.


Washington estende i raid nei Caraibi: il Congresso aggirato

Nel frattempo, il Dipartimento di Giustizia americano ha informato il Congresso che l’amministrazione può proseguire le operazioni militari in America Latina senza l’autorizzazione parlamentare, aggirando la War Powers Resolution del 1973.
La norma impone il voto del Congresso per estendere missioni ostili oltre i 60 giorni: un termine che scade oggi, ma che la Casa Bianca ritiene non vincolante nel caso di operazioni “antinarcotici e preventive”.


Escalation in vista

Dietro le smentite ufficiali, la tensione resta alta. L’imprevedibilità di Trump, che in passato aveva negato anche l’imminenza di un attacco contro l’Iran poco prima di ordinarlo, lascia aperta la possibilità di un’azione lampo contro Caracas.

Mentre il leader venezuelano si appella alla “sovranità popolare” e l’opposizione chiede l’intervento esterno, il destino del Venezuela torna a essere un campo di battaglia geopolitico tra Washington, Mosca e Pechino.
E il conto alla rovescia, come ha detto Trump, “è già cominciato”.

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Esteri

New York al voto, Mamdani verso la vittoria: Trump attacca “il comunista” e minaccia tagli ai fondi federali

Alla vigilia del voto a New York, Zohran Mamdani guida nei sondaggi e si prepara a diventare il primo sindaco musulmano della città. Trump attacca: “Se vince, scatenerò la guerra contro la Grande Mela”.

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All’alba, attraversando il ponte di Brooklyn tra cori e bandiere, Zohran Mamdani ha lanciato il suo ultimo appello ai cittadini di New York: “Inaugureremo una nuova era per la città”.
Alla vigilia del voto, la Grande Mela si prepara a scrivere una pagina storica. Se Mamdani vincerà, diventerà il primo sindaco musulmano, il primo di origini sud-asiatiche e il primo millennial alla guida della metropoli americana.

L’affluenza è già da record: oltre 735.000 elettori hanno votato in anticipo, il dato più alto di sempre per un’elezione non presidenziale. Solo nell’ultimo giorno di voto anticipato si sono recati alle urne 151.000 newyorkesi, con un forte aumento della partecipazione tra gli under 35.


Trump: “Mamdani è un comunista, se vince scatterà la guerra con New York”

Dall’altra parte del Paese, a bordo dell’Air Force One, Donald Trump ha risposto con toni infuocati.
Il presidente ha annunciato il suo endorsement per l’ex governatore Andrew Cuomo, un tempo suo avversario, pur di ostacolare Mamdani. “Se a vincere sarà un comunista come lui, scatenerò la guerra contro la Grande Mela”, ha minacciato, parlando alla CBS.

Trump ha poi accusato il candidato democratico di rappresentare “un pericolo per la libertà economica” e ha avvertito che, in caso di vittoria di Mamdani, taglierà miliardi di dollari di finanziamenti federali a New York, riservandosi anche di inviare la Guardia Nazionale, come già avvenuto a Washington, Chicago e Los Angeles.


Cuomo tenta il ritorno, ma lo scandalo del 2021 pesa ancora

L’ex governatore Andrew Cuomo, costretto alle dimissioni nel 2021 per accuse di molestie sessuali, ha provato a rilanciare la sua immagine in campagna elettorale, definendo la corsa “molto serrata” e minimizzando il suo passato: “È stata una questione puramente politica”, ha detto.
Ma Mamdani non ha perso l’occasione per attaccarlo: “È un burattino di Trump, un suo pappagallo”, ha ironizzato il candidato democratico durante il comizio finale a Manhattan.


Elezioni cruciali per i democratici: la prova generale delle midterm

Il voto di martedì a New York, ma anche in Virginia e New Jersey, è considerato un test cruciale per i partiti americani in vista delle elezioni di metà mandato del prossimo anno.
In Virginia, la democratica Abigail Spanberger, ex deputata, è in vantaggio sulla repubblicana Winsome Earle-Sears, mentre la corsa per la carica di procuratore generale appare più incerta tra Jay Jones (dem) e Jason Miyares (rep).
In New Jersey, la democratica Mikie Sherrill ha un leggero vantaggio sul repubblicano Jack Ciattarelli, con la sfida che si gioca sul voto afroamericano.


Trump in difficoltà: consensi in calo al 37%

Secondo l’ultimo sondaggio della Cnn, il Partito Democratico gode di un vantaggio significativo in entusiasmo e mobilitazione, mentre i consensi per Trump sono scesi al 37%, il livello più basso del suo secondo mandato.
Ma l’ex presidente non intende arretrare: “Ho fermato otto guerre e lo sto facendo anche con Putin”, ha rivendicato, trasformando le elezioni locali in un referendum nazionale sul suo operato.


New York al bivio

A poche ore dall’apertura dei seggi, la Grande Mela si prepara a scegliere tra continuità e cambiamento.
Zohran Mamdani parla di uguaglianza, giustizia e rinascita economica, mentre Trump e Cuomo agitano lo spettro del caos e del socialismo.
Qualunque sarà il risultato, il voto newyorkese sarà una cartina di tornasole per capire il futuro politico dell’America di Trump.

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