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Gli effetti della pandemia sulla psiche umana spiegati da una psicologa: ci vorrà molto tempo per guarire le ferite

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La pandemia modifica i nostri comportamenti, sospende la vita di sempre, paralizza le relazioni umane. L’isolamento forzato ci costringe a fare i conti con noi stessi. In molti casi genera solitudine, angoscia, smarrimento. La professoressa Fortuna Procentese, ricercatrice e psicologa di comunità, è docente di metodologie dell’intervento in psicologia di comunità alla Federico II, dove ha anche coordinato un master in Psicologia dell’Emergenza. Con la professoressa Procentese abbiamo approfondito le ripercussioni psicologiche dell’emergenza Coronavirus e della condizione di quarantena, un tema rimasto lontano dalle luci della ribalta durante queste settimane, ma estremamente rilevante, perché riguarda la nostra vita. Quella anomala di queste settimane e quella futura, quando, cessata l’emergenza, torneremo alla normalità.

Professoressa, crede che l’aspetto psicologico sia rimasto ai margini nella narrazione sul Covid-19?

Cittadini ed istituzioni si sono mossi anzitutto per rispondere al bisogno più urgente, quello legato alla crisi sanitaria. Credo però che l’aspetto psicologico sia stato un po’ sottovalutato, non è stato immediatamente messo in evidenza. Gli psicologi si sono subito mobilitati e hanno dato vita ad una serie di iniziative, molte delle quali gratuite, per fornire alle persone supporto psicologico.Due anni fa ho istituito un Master di II livello in Psicologia dell’Emergenza alla Federico II e con quello stesso gruppo di psicologi professionisti abbiamo subito attivato uno sportello online. Siamo presenti su Facebook con la pagina “UPE Unità di Psicologia delle Emergenze”, un spazio di ascolto e condivisione.

La psicologa. Fortuna Procentese è docente di metodologie dell’intervento in psicologia di comunità alla Federico II

Quali sono le difficoltà che provengono da una condizione inedita per tutti quale quella della quarantena?

E’ una situazione complessa da gestire perché ha improvvisamente stravolto abitudini e stili di vita. Soprattutto all’inizio, ha generato grande incertezza. La progettualità, la routine quotidiana, la nostra programmazione: è saltato tutto. L’impatto è stato molto forte, ma la risposta arrivata dal mondo del lavoro e della formazione, con lo smart working e le lezioni online, ha consentito a molte persone di mantenersi impegnate e ha dato loro la sensazione di poter proseguire nei propri progetti.

Quali consigli generali si sente di dare per affrontare la quarantena nel miglior modo possibile?

Bisogna mantenere un ritmo, darsi dei compiti giornalieri e obiettivi da perseguire. Non sovraccaricarsi di notizie eccessivamente negative e fare affidamento solo su fonti attendibili. E’ poi anche un’occasione per dedicarsi ai propri progetti, alla cura degli altri. Un tempo per ritornare alle proprie relazioni e avere ritmi più lenti, essere più riflessivi, stare insieme. Tutte cose che non riusciamo a fare nel mondo frenetico che abitiamo normalmente.

Crede che siamo soggetti ad una sovraesposizione mediatica?

Le fonti istituzionali hanno affrontato il tema in maniera responsabile, senza creare allarmismi, fornendo informazioni utili per affrontare l’emergenza. Hanno dato delle prescrizioni che potessero far sentire protette le persone, è stato molto utile. Credo che in questa fase i giornali stiano mostrando molte immagini di ospedali, lutti, drammi. Immagini forti diffuse in modo continuo. Stanno mettendo in evidenza la dimensione drammatica e questo di certo non aiuta le persone a stare bene.

Come stiamo raccontando ai bambini quello che succede?

I bambini sono stati poco considerati, sono stati un po’ messi da parte. In molti ci scrivono perché hanno difficoltà nel raccontargli ciò che sta succedendo. Bisogna raccontare la verità con il loro linguaggio. Certamente è una realtà che non va negata, altrimenti non diamo ai bambini la possibilità di esprimere le loro emozioni. Sono a casa da un mese e anche se non lo danno a vedere perché giocano e si distraggono, è probabile che ne risentano.

Napoli. Città deserta la notte e anche il giorno (Foto Salvatore Laporta)

Da un lato assistiamo a tanta solidarietà nei confronti dei meno fortunati, dall’altro emergono rabbia, isteria, in alcuni casi una vera e propria caccia all’untore. Come si spiegano queste reazioni?

E’ come se la paura e l’autorevolezza del governo da cui provengono le prescrizioni, facessero sentire le persone legittimate a richiamare il prossimo all’obbedienza, o persino ad additarlo come untore. La solidarietà e la collaborazione, d’altra parte, sono innescate anche dalla percezione di un destino comune, una situazione condivisa. In molti stanno rivolgendo le proprie attenzioni ai più deboli.

Come cambieranno le relazioni sociali? Che segni lascerà quest’emergenza?

All’inizio c’è stato grande disorientamento, poi le persone si sono adattate accettando lo stato delle cose e riorganizzando la propria vita. Questa fase di assestamento ha probabilmente innescato una serie di riflessioni e ha portato molte persone ad interrogarsi sul senso delle proprie vite, sulle difficoltà quotidiane, acuite dalla crisi. Spero che l’identificazione collettiva nella nazione, quel senso di unità e solidarietà emerso in questa fase, possa permanere anche dopo l’emergenza. Dall’altra parte c’è il rischio concreto che, almeno per i primi tempi, prevalga la diffidenza verso il prossimo, la reticenza a partecipare ad eventi collettivi. Ci vorrà del tempo per riadattarsi.

Covid 19. La disinfestazione di strade e uffici sono immagini inedite in molte città

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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Sindaci Ue rivendicano diritto a imporre limiti velocità

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Imporre i limiti di velocità sia una prerogativa di città e regioni. A chiederlo sono i 13 firmatari tra sindaci e vicesindaci di città europee che dalle colonne del Financial Times criticano alcune iniziative promosse in Italia, con la riforma del codice della strada, e nel Regno Unito che potrebbero impedire a città e comuni di attuare misure per la sicurezza stradale, come l’introduzione di limiti di velocità più bassi e telecamere per il controllo del traffico. Da Bologna a Firenze e Milano, passando anche da Amsterdam, Bruxelles e Helsinki. Tra i firmatari italiani Matteo Lepore e Dario Nardella, sindaci di Bologna e Firenze e la vice sindaca e assessora alla mobilità di Milano, Arianna Censi.

La lettera fa esplicito riferimento al disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso settembre per riformare il codice della strada, criticato anche in Italia da varie associazioni perché ritenuto svantaggioso per i pedoni. Per sindaci e vice le nuove norme ostacolerebbero “gravemente” la capacità delle autorità locali di creare zone a traffico limitato, installare autovelox e fissare limiti di velocità inferiori che invece sono fondamentali per abbattere le emissioni e rendere anche le strade più sicure. Nella missiva non si fa riferimento solo all’Italia. I firmatari prendono di mira anche il “piano per i conducenti” nel Regno Unito che punta a introdurre misure altrettanto restrittive e alle resistenze in Germania, dove il governo ha finora resistito agli sforzi di oltre 1.000 comuni che vogliono un maggiore controllo sui limiti di velocità locali.

“Politiche nazionali come queste, basate non sulla scienza ma sull’opportunità politica, danneggiano la capacità delle autorità locali di prendere decisioni sul miglioramento della sicurezza e della salute dei propri cittadini”, accusano i rappresentanti locali. Sottolineando l’importanza di limiti di velocità più bassi nelle aree urbane – si legge ancora nel testo – che “stanno prevenendo le morti e migliorando la vita oggi nelle città di tutta Europa”. Non “si tratta di limitare la libertà degli automobilisti, ma di rendere le strade più sicure per tutti, ridurre il rumore e l’inquinamento e rendere la città più invitante per coloro che scelgono forme di trasporto più salutari come camminare e andare in bicicletta”. Insieme ai tre rappresentanti italiani la lettera è siglata anche da Alison Lowe, vicesindaco di West Yorkshire; Thomas Dienberg, vicesindaco di Lipsia; Frauke Burgdorff responsabile della pianificazione di Aquisgrana; Philippe Close, sindaco di Bruxelles; Mathias De Clerq, sindaco di Gand; Melanie Van der Horst, vicesindaco, di Amsterdam; Vincent Karremans, vicesindaco di Rotterdam; Karin Pleijel vicesindaco di Göteborg; Andréas Schönström vicesindaco di Malmö; Juhana Vartiainen, sindaco di Helsinki.

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