Collegati con noi

Politica

Giuli in Aula: le nomine di Sangiuliano non mi offendono

Pubblicato

del

Due noti giornalisti che fanno un passo indietro e un annuncio di integrazione di profili femminili per riequilibrare la composizione della ormai nota Commissione cinema del Mic. E’ il primo passo ufficiale del nuovo ministro della Cultura, Alessandro Giuli, chiamato oggi in Parlamento per riferire sulle nomine “last minute” effettuale dal suo predecessore Gennaro Sangiuliano, nel giorno stesso delle sue dimissioni.

“Non mi sento affatto offeso dalle scelte fatte dell’ex ministro Sangiuliano che mi ha preceduto” mette subito in chiaro il ministro nel suo primo intervento in Parlamento, nella sua nuova veste di ministro, dove ha risposto ad una interrogazione di Iv sulle nomine di Sangiuliano. Nessuno sgarbo istituzionale dice Giuli, spiegando che lui “per primo” al suo insediamento si è posto la stessa domanda degli interroganti, “traendone però conclusioni diverse”. Anticipa subito che “la commissione di cui stiamo discutendo è oggetto di una mia attenta verifica e revisione”.

E la soluzione, spiega, non sarà tanto quella di mandare a monte il lavoro fatto dal suo predecessore, quanto quella di integrarlo con altri innesti. Loda la competenza dei prescelti da Sangiuliano, 15 e non 18 come scritto nell’interrogazione, tutti “con profilo curriculare di alto livello”. Cita ad esempio, quello di Paolo Mereghetti, “autore del più celebre dizionario dei film realizzato in lingua italiana, tutt’altro che identificabile come un cliente del ministro Sangiuliano”.

E accusa i “solerti interroganti” di non essersi accorti, “nella ricerca di carenze” sui profili degli esperti, che il vero problema era il “mancato rispetto dell’equilibrio di genere, questo sì reale”. E dunque, considerato che l’iter del decreto non è stato perfezionato, lui intende “arricchirlo” intervenendo con la nomina di donne esperte della materia. Per le quali si liberano intanto già due caselle che erano già state occupate con l’indicazione di due giornalisti, Francesco Specchia e Luigi Mascheroni.

Entrambi hanno rinunciato alla designazione, prima che venisse perfezionata, per evitare “strumentalizzazioni”, per impegni di lavoro e, dice Specchia “per lasciare il posto al necessario riequilibrio di genere evocato giustamente dal nuovo ministro”. Non si sfila, o almeno per il momento, Mereghetti che ha anche già fatto parte di una commissione analoga tra il 2017 e il 2019. Per Giuli, al battesimo in Parlamento, è anche la giornata in cui ha dato il primo segnale sulla sua nuova direttrice di governo in attesa di un chiarimento sul G7 Cultura.

Mentre il ministro parla a Montecitorio, si riunisce al Maxxi il consiglio di amministrazione chiamato a deliberare il suo, o meglio la sua, facente funzioni in attesa della sua decisione per la nomina definitiva del suo successore alla fondazione museale. Sarà Emanuela Bruni ad assumere la reggenza del Museo delle arti del XXI secolo, seconda consigliera più anziana dopo Raffaella Docimo che ha rinunciato all’incarico. Emozionato davanti all’emiciclo, forse un po’ intimidito, il nuovo ministro viene accolto dal calore dei parlamentari del centrodestra ma anche la deputata dem Laura Boldrini gli sorride mentre gli raccomanda “di comportarsi dignitosamente”.

A fare il tifo per lui a Montecitorio la sorella Antonella, storica addetta stampa del gruppo di Fratelli d’Italia: “C’è prima una sorella d’Italia da salutare…” scherza il titolare del Mic abbracciando la giornalista. Bocca cucita con i cronisti, uscendo e prima di tornare al Ministero, fa una veloce tappa a palazzo Chigi, forse più per cercare di far perdere le sue tracce alle telecamere che da giorni lo inseguono inutilmente.

Advertisement

In Evidenza

Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

Pubblicato

del

Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

Continua a leggere

In Evidenza

Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

Pubblicato

del

Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

Continua a leggere

Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

Pubblicato

del

Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto