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Carabinieri al Mic per il caso Boccia, Giuli nomina Spano al posto di Gilioli

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Con il Boccia-gate che ancora imperversa con i carabineri che bussano al Collegio Romano, Alessandro Giuli ha deciso: dopo aver silurato la scorsa settimana il capo di gabinetto nominato da Gennaro Sangiuliano, Francesco Gilioli, messo alla porta con una durissima reprimenda (è “venuto a mancare il rapporto fiduciario”) il ministro va avanti per la sua strada. Nonostante l’indignata reazione del gruppo Pro Vita, le proteste di una parte di FdI e lo sconcerto dei vertici di palazzo Madama dove Gilioli è stato a lungo consigliere parlamentare, il ministro della Cultura dopo aver revocato l’incarico di capo di gabinetto al consigliere oggi ha nominato al suo posto Francesco Spano (nella foto di imagoeconomica in evidenza) già segretario generale della fondazione Maxxi dai tempi della presidenza di Giovanna Melandri e poi con lo stesso Giuli.

Nel 2017 alla guida dell’Ufficio nazionale antidiscriminazione (Unar), Spano finì nella bufera e fu costretto alle dimissioni per un’inchiesta delle Iene che lo accusava di aver versato 55mila euro a un’associazione Lgbtq+, che però in realtà gestiva – secondo l’inchiesta – sesso a pagamento. Scagionato dalle accuse, l’avvocato, classe 1977, in passato collaboratore di Giuliano Amato, era tornato al Maxxi dove aveva quindi già collaborato con il ministro che, incurante delle critiche, ha deciso di andare dritto per la sua strada. E portarsi al Ministero un uomo di sua fiducia. Provocando però una nuova levata di scudi di Pro Vita & Famiglia che bolla la nomina come una “indecenza”, ricordando tra l’altro un vecchio post di Giorgia Meloni del 2017 in cui l’attuale premier stigmatizzava l’uso dei “soldi degli italiani” per pagare lo stipendio di Spano. Gli elettori di centrodestra, afferma il portavoce di Pro Vita, Jacopo Coghe , “sono furiosi per questa incoerenza”.

La situazione al Mic, però, è sempre più tesa: proprio oggi i carabinieri del nucleo Investigativo di Roma sono andati al Collegio Romano per acquisire documenti relativi alla vicenda che coinvolge l’ex ministro e l’imprenditrice Maria Rosaria Boccia. Gli inquirenti sono stati ricevuti dal ministro che ha assicurato ”massima collaborazione” per la consegna degli atti richiesti. L’attività investigativa rientra senz’altro in quella legata alla denuncia dell’ex ministro nei confronti di Boccia e dunque tra i documenti dovrebbe rientrare anche il famoso decreto sulla (mancata) nomina di Maria Rosaria Boccia che avrebbe dovuto riportare in calce anche la controfirma dell’allora capo di gabinetto. Secondo alcune indiscrezioni non confermate il sospetto e la collera di Giuli potrebbe vertere proprio su questo: sarebbe stato lui ad agosto a far uscire dal ministero le carte che confermavano la mancata firma del decreto?

Oppure a decretare la mancanza di fiducia del nuovo ministro nei confronti del capo di gabinetto potrebbe essere l’annuncio che Report dedicherà a Giuli un servizio nella prima puntata della nuova stagione che andrà in onda il 27 ottobre? Magari con materiale che potrebbe essere uscito proprio dal Mic? Intanto l’attività del ministro incalza: martedì pomeriggio Giuli è a Francoforte in testa alla delegazione italiana per la cerimonia di apertura della Buchmesse e la mattina successiva sarà lì ad inaugurare, con la sua omologa tedesca e padrona di casa Claudia Roth, lo Stand Collettivo Italiano alla fiera del libro. Ma subito dopo tornerà nella Capitale: mercoledì sera sfilerà sul tappeto rosso della Festa del Cinema di Roma dove sarà Berlinguer. La grande ambizione, del regista Andrea Segre ad aprire il festival. E poi giovedì di nuovo a Montecitorio dove dovrà rispondere alle domande di deputati e senatori che, in seduta congiunta, hanno ascoltato la scorsa settimana la sua dotta relazione sulle linee guida che intende seguire al Collegio Romano nel suo ruolo di ministro.

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Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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