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Cronache

Giovanni de Giovanni e l’orgoglio di essere napoletano senza sputare sentenze

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Giovanni de Giovanni è un giovane ingegnere napoletano. Un cittadino napoletano. Un napoletano di quella Napoli di cui essere orgogliosi di appartenere. Giovanni è figlio di una città di cui menar vanto per la sua storia, la sua straordinaria ricchezza culturale, la sua generosità, la sua capacità di accogliere e rispettare tutti. Questo ragazzo, questo giovane ingegnere che potrebbe vivere ovunque ma ha scelto di restare dove è nato, è la prova che Napoli è una città che solo con persone come lui può farcela a superare quella narrazione meschina, volgare, reietta, stupida e piena di pregiudizi. A differenza di tanti di noi che avremmo usato una condizione di oggettiva pesante difficoltà a vivere in questa città per sputare sentenze, Giovanni de Giovanni trae forza dalle avversità che colpiscono lui e la sua famiglia per concedere ancora più amore a Napoli. Inutile perdere tempo a fare l’elogio di questo giovane. Leggete la sua orazione civile per Napoli. A me ha procurato una emozione indescrivibile leggere quello che scrive. E tutto quello che mi procura emozione è vita che va vissuta. Ebbene, anche se non conosco personalmente Giovanni de Giovanni, so da dove viene e so di chi è figlio. E capisco ancora una volta di più che la famiglia è quello che siamo e quello che diventiamo.      

Questo è quello che scrive Giovanni de Giovanni sul suo profilo Facebook dopo l’ennesima violenza brutale subita  

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Solo nell’ultimo anno:

• Tentato furto d’auto (via Petrarca) e tentata rapina mano armata del motociclo (Corso Europa) a mio fratello Roberto;

• Furto in casa a me (via Posillipo);

• Con oggi due furti di motociclo a mio padre Maurizio (entrambi al centro del Vomero), peraltro con una sorprendente determinazione dato che hanno dovuto addirittura distruggere una saracinesca per prenderlo da dentro il Garage.

Papà avrebbe potuto vivere ovunque, per lavoro sarebbe stato meglio scegliere Milano/Roma;
Roberto avrebbe potuto prendere una borsa di specializzazione in medicina in un’altra città o studiare all’estero, probabilmente con dei benefici sulla sua formazione;
Io stesso avrei con molta, estrema più semplicità potuto fare l’Ingegnere a Torino/Milano o all’estero.

Abbiamo scelto Napoli. Tutti e tre. Abbiamo scelto Napoli e chi ci conosce sa il nostro attaccamento a questo territorio, dove peraltro siamo tornati a vivere solo nel 2000.

Secondo le proprie platee e le proprie possibilità, ci facciamo promotori di una Napoli diversa, lontana dai preconcetti barbari e sommari di chi conosce di Napoli solo il sensazionalismo di testate online, incontrando lo stupore di ogni interlocutore forestiero.

Continueremo, senza ripensamenti, con la consapevolezza che in ogni grande città del mondo accadono queste cose.

Mi chiedo se sia possibile invertire questo flusso, però. Mi chiedo se una qualche forma di buon senso, di appartenenza, di amor proprio e di unità possa esistere tra i cittadini. Mi chiedo cosa dovrà succederci ancora per elevarci con una voce comune.
Mi chiedo cosa debba capitare prima che l’elevarsi a portavoce di Valori, dimostrando l’empatia necessaria a coglierli, di Tutti non sia motivo di scherno, illazioni ed “additamenti” degni di Masaniello da parte degli altri, ma diventi motivo di stima e sostegno.

Alla fine, si tratta un po’ di alzare la testa dal giorno per giorno, tutti noi e chiederci: dove stiamo andando? Mi va bene? Posso fare qualcosa per cambiare?

Mi auguro solo che tanta gente si ponga queste domande, dando risposte o riuscendo ad affidarsi a qualcuno che le abbia per lui, credendoci.

Napoli non è il Far West. Napoli è il nome di una città. Il nome di casa. E casa mia, io non la lascio.

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Milano, diciottenne ucciso a colpi di pistola nella notte

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Nella notte scorsa assurdo delitto alla periferia di Milano. Un giovane diciottenne, di origine slava, è stato brutalmente ucciso con tre colpi d’arma da fuoco al torace in via Varsavia, vicino all’ortomercato. Secondo quanto emerso da una prima ricostruzione, il ragazzo si trovava a bordo di un furgone quando è stato avvicinato da un gruppo di individui che hanno aperto il fuoco.

I dettagli dell’aggressione dipingono un quadro di violenza e paura. La vittima, evidentemente ignara del pericolo, stava riposando all’interno del mezzo insieme a una donna, forse la sua compagna. Gli assassini hanno infranto i vetri del furgone per accertarsi della presenza di persone all’interno, prima di aprire il fuoco. Il giovane è stato soccorso tempestivamente dagli operatori del 118, ma purtroppo i loro sforzi sono stati vani: è spirato poco dopo il suo arrivo all’ospedale Policlinico.

La compagna del ragazzo, fortunatamente, è sopravvissuta all’attacco, ma è stata portata in ospedale in stato di choc, testimone impotente della tragedia che si è consumata sotto i loro occhi.

Le indagini sono ora nelle mani degli agenti della Polizia di Stato, impegnati a cercare di gettare luce su questo terribile crimine. La zona intorno all’ortomercato, come riportato dalle autorità, è nota per essere frequentata da roulotte e furgoni abitati, soprattutto da comunità nomadi. Tuttavia, quanto accaduto stanotte ha scosso la comunità locale e ha sollevato interrogativi su quanto sicure siano realmente queste aree.

Mentre la città si ritrova a piangere la perdita di un giovane vita spezzata troppo presto, ci si interroga anche su quali misure possano essere prese per prevenire simili tragedie in futuro. In un momento in cui la sicurezza pubblica è al centro delle preoccupazioni di tutti, è fondamentale che le autorità agiscano con fermezza per garantire la protezione di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status sociale o dalle loro abitudini di vita.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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