L’Italia è credibile, i conti sono migliorati, le agenzie di rating alzano il loro giudizio e, nonostante un debito che “divora” ogni cosa e che ostacola ogni altra spesa, “anche la più nobile”, i Btp sono richiestissimi, “da fare invidia” in questo momento ai Treasury americani. E’ quindi escluso parlare ora di scostamento, anche se per fronteggiare i dazi o per incrementare la spesa per la difesa, che peraltro quest’anno raggiungerà già il 2% del Pil previsto dagli impegni Nato. In Parlamento per illustrare il nuovo Documento di finanza pubblica, Giancarlo Giorgetti difende il lavoro del governo per dare basi solide alle finanze pubbliche italiane e chiarisce a chiare lettere che, “prima di prevedere spese supplementari”, come ministro dell’Economia vuole “sapere dove vanno a finire quelle spese e per quale motivo le devo fare”.
Scopi che al momento non sono chiari, perché non chiara è la situazione internazionale. Prematuro quindi parlare di temute manovre correttive e prematuro anche stimare concretamente quale sarà l’impatto delle tariffe (e delle eventuali contro tariffe) sull’economia e sulle imprese. Nell’incertezza dominante, l’importante, fa capire il ministro, è mantenere l’equilibrio. “Abbiamo davanti a noi sfide sempre più complesse che richiedono prudenza, decisioni ponderate e strategie condivise a livello europeo”, spiega Giorgetti, respingendo ogni “frenesia” e ogni reazione emotiva alla situazione complessa con cui l’Italia, e tutta l’Europa, stanno facendo i conti. Sulle spese per la difesa, ad esempio, Giorgetti sembra ravvedere troppe pressioni, “liste di richieste troppo lunghe” che “non ho il coraggio di leggere…”.
Risorse necessarie, ribatte puntuto il collega di governo Crosetto, che con ironia replica: “Mi fa piacere che Giancarlo non abbia perso il senso dell’umorismo che io fatico spesso a ritrovare” “pensando agli scenari che potrebbero affrontare le donne e gli uomini della Difesa, cioè le persone che hanno promesso di difendere me, lui, e tutti gli altri cittadini italiani”. Giorgetti, comunque, invita alla cautela, anche perché non è detto che le prospettive, in generale, siano poi così nere. Per garantire sempre un certa serietà, le simulazioni del Dfp “sono basate su ipotesi sfavorevoli”, ma lo scenario che sembra prospettarsi potrebbe essere “meno avverso di quello messo in conto nelle previsioni ufficiali”.
Tra gli avanti e indietro dell’amministrazione americana, alla fine l’esito delle trattative sui dazi potrebbe infatti rivelarsi più favorevole del previsto a livello internazionale e sorprese positive potrebbero arrivare anche dai prezzi dell’energia e dai tassi d’interesse. Insomma, il quadro macroeconomico “è soggetto anche a rischi positivi”, suggerisce Giorgetti, offrendo un altro punto di vista rispetto alle prospettive incerte indicate a più riprese dall’Ufficio parlamentare di bilancio, da Confindustria e da Bankitalia per il “contraccolpo inevitabile” dei dazi. Il ministro non crede nemmeno alla deroga al patto di stabilità per le spese militari: in questo momento il governo italiano non la utilizzerà, in attesa di vedere quale sarà l’orientamento generale del vertice Nato di giugno.
Anche perché, sottolinea, “calibrare la spesa militare significa fare delle scelte”, e – secondo le stime dell’Upb – significa anche incidere su debito e deficit, alzando entrambi i valori e rimandando l’uscita dell’Italia dalla procedura di infrazione Ue. Il debito va invece assolutamente ridotto: per un Paese come il nostro, fa notare Bankitalia, “l’ultimo obiettivo” è proprio quello. La regola della spesa, che pure l’Italia nel Dfp rispetta alla lettera, è solo “uno strumento intermedio”. Sull’andamento a medio termine del debito mancano però i dettagli, lamenta la banca centrale, a cui fanno eco anche Upb e Corte dei conti che parlano di informazioni “incomplete” e di indicazioni “limitate” sulla spesa, sul Pnrr e sulle scelte per la difesa. Da qui le critiche delle opposizioni. Secondo il dem Antonio Misiani, il Dfp di Giorgetti “è il nulla cosmico”, con “neanche l’ombra di una strategia”.
Il M5S punta invece il dito sulle spese della difesa che non avranno impatto nemmeno sulla crescita economica e critica l’assenza del ministro (impegnato a Washington al Fmi) in Aula durante la discussione in Aula la prossima settimana.