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Putin, è l’ora delle decisioni sulla proposta di tregua dell’Ucraina

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Tutti gli occhi sono puntati ora sul Cremlino, per vedere se Vladimir Putin accetterà la proposta di tregua e di avvio di negoziati con Kiev scaturita dall’incontro a Gedda. La risposta tuttavia potrebbe anche non essere così netta, con Mosca che ribadisce a parole la sua disponibilità al dialogo ma continuando ad insistere sulle sue richieste, molto difficili da accettare per la controparte. E la prova del fuoco potrebbe arrivare a stretto giro, in un nuovo colloquio tra lo zar e il presidente Usa che lo stesso Trump ha preannunciato possa avvenire già entro questa settimana.

A mettere le mani avanti, ancor prima che arrivassero le notizie sui risultati dei colloqui in Arabia Saudita, era stato il ministro degli Esteri Serghei Lavrov. In una conferenza stampa congiunta con il segretario generale dell’Osce, Feridun Sinirliogu, in visita a Mosca, il capo della diplomazia russa è tornato a ribadire che la Russia non ha mai respinto l’ipotesi di negoziati. Ma anche che il presidente Putin ha “sottolineato i principi che sono impossibili da ignorare se vogliamo trovare una soluzione durevole al conflitto, affrontando le sue cause originarie”. E si sa che per Mosca la più importante “causa originaria” è l’aspirazione di Kiev ad entrare nella Nato. Non solo. Lavrov è anche tornato ad affermare che le condizioni russe rimangono quelle illustrate lo scorso giugno dallo stesso Putin in un discorso al ministero degli Esteri, e “di cui ha parlato in un colloquio telefonico con Donald Trump”.

Condizioni che contemplano, oltre alla rinuncia di Kiev ad aderire all’Alleanza Atlantica, anche la cessione delle quattro regioni che ora sono parzialmente occupate dalle truppe di Mosca. Ma i punti contraddittori non devono impedire di mantenere il dialogo, ha aggiunto. Lavrov. “Siamo pronti a discutere la questione ucrainacon tutti coloro che sono genuinamente interessati ad offrire assistenza”. Quindi, per ora, con gli Usa. Oltre alla possibile telefonata Trump-Putin, un confronto ad alto livello potrebbe avvenire giovedì quando, secondo Axios, l’inviato americano Steve Witkoff dovrebbe volare a Mosca. Non certo con la Ue, che l’ambasciatore russo all’Onu, Vasily Nebenzia, ha accusato di essersi trasformata in “un blocco fossilizzato, aggressivo e anti-russo” che “tiene lezioni sui diritti umani” ma “li viola palesemente” e “impone dure sanzioni a tutti coloro che non sono d’accordo”.

Quanto a possibili negoziati diretti con l’ucraina, per adesso il Cremlino non risponde. Rimane inoltre l’incertezza sul fatto che Mosca possa accettare un semplice cessate il fuoco senza precise condizioni di pace, un’ipotesi che la Russia ha finora respinto. Ma il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, si è astenuto oggi dal rispondere a una domanda in proposito mentre i colloqui di Gedda erano ancora in corso. “È del tutto impossibile parlare di posizioni per ora”, perché occorre sapere “fino a che punto l’ucraina è pronta per la pace”. E prima di dare una risposta Mosca fa sapere di volere parlare con gli americani per avere un resoconto dettagliato del contenuto delle trattative in Arabia Saudita. Certo, fanno notare da parte russa, le trattative non possono essere aiutate da attacchi massicci come quello delle ultime ore, che hanno visto gli ucraini lanciare oltre 330 droni sul territorio della Federazione, di cui una novantina sulla regione di Mosca, dove si contano tre morti.

“Non ci sono ancora trattative in corso… ma il fatto che la tendenza emergente possa essere notevolmente rovinata è vero”, ha affermato Peskov. Il tutto mentre sul terreno prosegue la veloce avanzata delle truppe di Mosca nella regione di Kursk per respingere oltre confine le forze d’invasione ucraine. Il ministero della Difesa russo ha annunciato che i suoi soldati hanno riconquistato 12 villaggi e più di 100 chilometri quadrati. E ha aggiunto che le unità russe del gruppo di truppe del Sud hanno conquistato l’insediamento ucraino di Gorky, nella regione di Donetsk, in Donbass, nell’ucraina orientale.

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Vietato l’accesso al Cristo di Rio dopo la morte di un turista

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Le autorità di Rio de Janeiro hanno chiuso temporaneamente l’accesso al Cristo Redentore, il monumento più visitato del Brasile, a causa della mancanza di assistenza medica adeguata dopo la morte di un turista domenica scorda. E’ stato sospeso sia il trasporto con la funicolare, sia quello con i minivan, l’altro mezzo più comune utilizzato per raggiungere la statua.

Il divieto è stato deciso dalla segreteria statale per la Tutela dei consumatori dopo che un brasiliano di 54 anni è morto domenica mattina a causa di malore mentre saliva le scale che portano al Cristo. Al momento dell’incidente il posto sanitario in loco non era ancora aperto. Il luogo è privo di ambulanza, di punti di idratazione, di bagni adatti alle persone con problemi di mobilità e gli ascensori non sono perfettamente funzionanti, ha criticato il Santuario del Cristo Redentore, che dipende dall’arcidiocesi di Rio de Janeiro.

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Ue, ’90 Paesi colpiti da interferenze informative in 2024′

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Nel 2024, novanta Paesi e 322 organizzazioni sono stati bersaglio di attacchi da parte di manipolazioni e interferenze informative straniere (Fimi). È quanto emerge dal terzo rapporto del Servizio europeo d’azione esterna (Seae) sulle operazioni Fimi. L’Ucraina è il principale obiettivo degli attacchi Fimi russi con quasi la metà degli incidenti registrati. “L’obiettivo generale è plasmare la percezione globale della guerra a favore della narrazione ingannevole della Russia”, si legge nel report. Le piattaforme social sono il focolaio dell’attività Fimi, con X che “da solo rappresenta l’88% delle attività rilevate”.

Il rapporto prende in esame 505 incidenti Fimi verificatisi tra il 4 novembre 2023 e il 4 novembre 2024 che hanno coinvolto circa 38.000 canali su 25 piattaforme diverse, e sottolinea la “portata globale” di questo tipo di operazioni. Come per il 2023, l’Ucraina rimane la principale vittima degli attacchi Fimi russi, con quasi la metà degli incidenti registrati, 257, nel campione analizzato. Secondo gli esperti, l’infrastruttura Fimi russa si rivolge da un lato agli ucraini per “indebolire la resistenza del Paese” alla guerra, e dall’altro agli alleati occidentali per “indebolire il sostegno” a Kiev all’Ucraina”.

Dopo l’Ucraina, la Francia è il Paese più colpito. Tra i principali obiettivi, i giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi e le elezioni legislative francesi. Analoga sorte è toccata alla Germania e in particolare il governo di coalizione. “Nei 73 casi individuati – scrivono gli esperti – gli attacchi sono avvenuti in occasione di eventi politici, visite internazionali e proteste degli agricoltori, che hanno suscitato grande attenzione da parte dei media”. Tra gli Stati più colpiti, anche la Moldavia, dove si sono tenute le presidenziali e il referendum per l’adesione all’Ue, e l’Africa, con i membri dell’Alleanza degli Stati del Sahel (Mali, Niger e Burkina Faso) che sono stati “bersagli frequenti” degli attacchi Fimi.

“L’Ue è uno dei principali obiettivi”, si legge ancora nel report, in cui si sottolinea come ad essere maggiormente esposti siano da un lato i Paesi dell’Est e i Baltici e dall’altro, la Germania e la Francia “regolarmente bersaglio di campagne localizzate”. Le operazioni Fimi non si sono limitate ai Paesi, ma hanno preso di mira anche organizzazioni e individui. L’Ue, la Nato, i media indipendenti e i difensori della Fimi, come Bellingcat, EU DisinfoLab e Correctiv sono stati tra i più attaccati. Nel mirino anche funzionari di alto livello come la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e gli l’alta rappresentante Ue in carica Kaja Kallas e il suo predecessore, Josep Borrell.

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Crescono le ricognizioni nello spazio aereo iraniano: segnali di un possibile attacco preventivo di Israele?

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L’aumento delle attività di ricognizione nei cieli dell’Iran sta alimentando il sospetto che possa essere imminente un attacco da parte dell’Esercito di David per colpire le capacità nucleari che Teheran sta sviluppando. L’ultimo episodio ha visto protagonista un drone-spia statunitense di grandi dimensioni, che si è avvicinato allo spazio aereo iraniano prima di essere individuato e costretto ad allontanarsi dai caccia F-14 dell’Aeronautica militare di Teheran e dai suoi droni da ricognizione.

Secondo quanto riportato dall’agenzia Nournews, le forze armate iraniane restano in stato di massima allerta, pronte a rispondere con un “duro contrattacco contro gli interessi nemici in Medio Oriente”. Questo ennesimo episodio si inserisce in un contesto di crescente tensione, con ripetute incursioni di velivoli da ricognizione vicino ai siti strategici iraniani.

RICOGNIZIONI SEMPRE PIÙ FREQUENTI: UNA PREPARAZIONE ALL’ATTACCO?

L’episodio del drone statunitense non è un caso isolato. Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le missioni di sorveglianza da parte di Israele e Stati Uniti nei pressi degli impianti nucleari iraniani. Il timore, sempre più diffuso tra gli analisti militari, è che Israele possa pianificare un attacco preventivo per disabilitare le strutture nucleari iraniane prima che Teheran possa raggiungere la capacità di costruire una bomba atomica.

Israele, che considera il programma nucleare iraniano una minaccia esistenziale, ha più volte ribadito che non permetterà all’Iran di dotarsi di armi nucleari e che è pronto ad agire militarmente se necessario. Le operazioni di ricognizione potrebbero quindi rappresentare una fase preparatoria per un eventuale raid aereo su larga scala, simile a quelli effettuati in passato contro le installazioni nucleari in Iraq (Osirak, 1981) e in Siria (2007).

IRAN: MINACCIA DI UNA RISPOSTA DURA

Di fronte a queste continue incursioni, Teheran ha ribadito la sua volontà di rispondere con forza a qualsiasi attacco. L’Aeronautica iraniana ha intensificato le operazioni di pattugliamento dello spazio aereo e ha schierato una combinazione di caccia e droni per intercettare eventuali minacce.

Parallelamente, l’Iran ha avvertito che un’azione militare israeliana scatenerebbe una rappresaglia senza precedenti, con attacchi diretti contro obiettivi israeliani e statunitensi in tutto il Medio Oriente.

VERSO UNA FASE CRITICA?

Le tensioni tra Iran e Israele non sono mai state così alte. L’aumento delle attività di ricognizione nei cieli iraniani suggerisce che si stia entrando in una fase critica che potrebbe sfociare in un conflitto aperto.

Se le ricognizioni continueranno con questa frequenza, è plausibile che Israele stia preparando un’operazione mirata per colpire i siti nucleari iraniani prima che sia troppo tardi. Resta da vedere se la diplomazia internazionale riuscirà a disinnescare questa pericolosa escalation o se si avvicina il momento di un nuovo, devastante confronto militare.

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