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Forum di Juorno con gli imprenditori della ristorazione: segnali positivi su aperture, soddisfazione per i clienti, niente aumenti e nessun taglio ai posti di lavoro

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Dopo la pandemia, fra mille difficoltà ed incertezze, il mondo della ristorazione riapre finalmente le porte al pubblico. Ne abbiamo parlato a Juorno Live Interview con due eccellenze assolute del nostro territorio: Nino Di Costanzo del ristorante Daní Maison di Ischia, premiato con due Stelle Michelin, e Franco Pepe di Pepe in Grani, a Caiazzo, Caserta, migliore pizzeria d’Italia secondo la guida 50 Top Pizza. Alla diretta si è aggiunto anche Mariano Bruno, attore e comico di Made in Sud, che con coraggio ed intraprendenza s’è lanciato nel mondo della ristorazione con la sua Locanda Re Nettuno, anch’essa a Caiazzo, nel casertano, che ha aperto i battenti proprio pochi giorni prima del lockdown causato dal Covid-19.

Che cosa ha significato doversi fermare a causa del Covid-19?

Mariano Bruno: Intanto vorrei chiedere scusa perché mi trovo qui in mezzo a due giganti della ristorazione; io sono un attore e da poco ho scelto di cimentarmi in questo mondo. Con la Locanda Re Nettuno siamo stati abbastanza sfortunati: avevamo aperto il locale il 5 marzo e dopo appena quattro giorni abbiamo dovuto chiudere per colpa del Covid-19.

Franco Pepe: Fermarsi è stato duro. Il progetto di Pepe in Grani nasce nel 2012 come una scommessa, avevo sette ragazzi che lavoravano con me, in otto anni abbiamo fatto un gran bel percorso. Prima della chiusura, in quel vicoletto di Caiazzo portavamo quasi tredicimila persone al mese, quattrocento al giorno, numero importanti. Siamo partiti con sette dipendenti e oggi posso contare sul sostegno di quarantatré persone, una cosa molto bella.

Nino Di Costanzo: A livello turistico è stata senza dubbio una mazzata. Pensi che per questa stagione avevamo cinque tavoli su sei già prenotati da aprile ad ottobre; restava a disposizione un solo tavolo per qualche prenotazione dell’ultimo momento da parte di clienti abituali. Questa è la cosa che mi dispiace di più.

Come vi siete riorganizzati in vista della riapertura?

Mariano Bruno: Purtroppo avendo aperto a marzo, non abbiamo potuto accedere a nessun aiuto del Governo. Quando riapriremo, sabato prossimo, dovremo purtroppo tenere ancora qualche dipendente in cassa integrazione, in attesa di vedere se i clienti avranno voglia di tornare nei ristoranti. Intanto mi sono attivato col Comune di Caiazzo, per poter allestire un paio di tavoli all’esterno. Non allungherò i turni di lavoro, anzi, farò un giorno di riposo in più a settimana, così da potermi concentrare sui giorni più caldi: ho aperto da poco e devo ancora costruirmi la mia clientela. Poi potrò aprire tutti i giorni, ma per ora penso a fare poco ma a farlo bene. 

Franco Pepe: In questi mesi ho riflettuto molto, perché Pepe in Grani è conosciuto per la folla, per il vicolo pieno. Ho pensato che alla riapertura non avrei potuto riproporre la stessa formula. Ho apportato delle modifiche strutturali al locale per garantire la sicurezza di clienti e dipendenti. Ho investito tanto per presentare alla riapertura un Pepe in Grani con un’offerta diversa. La difficoltà però sta anche nella gestione dei quarantatré ragazzi in cassa integrazione. Cercherò di fare rotazioni per far lavorare tutti; non avremo più il giorno di chiusura. Intanto dovremo capire se la gente è disposta a tornare nei locali; dobbiamo lavorare sull’aspetto psicologico del cliente, farlo sentire al sicuro. Per questo motivo ho deciso di aspettare, voglio ascoltare il cliente per comprendere le sue esigenze; partirò il 2 giugno.

Nino Di Costanzo: Noi non abbiamo problemi col distanziamento interpersonale, abbiamo almeno due metri fra un tavolo e l’altro. Allo stesso modo non credo avremo problemi col protocollo sanitario: i ragazzi già indossavano i guanti, sanificavano le mani con frequenza, e cambiavano la divisa due volte al giorno. Abbiamo sedici posti a sedere e siamo in sedici a lavorare. Assumerò le stesse persone e non toccherò gli stipendi, anche a costo di fare sacrifici enormi. Ai ragazzi però chiederò di prestare la massima attenzione nel loro tempo libero, perché non possiamo correre rischi. Agli ospiti voglio garantire sicurezza senza che si sentano in un clima ospedaliero; chi viene in un posto di vacanza vuole staccare la spina e noi dobbiamo garantirgli quella serenità.

Bruno, come si è ritrovato nel mondo della ristorazione?

Vi racconto la mia storia. Mi sono ritrovato a fare il comico, ma io volevo fare il cameriere. Ho sempre avuto la vocazione per il contatto con il pubblico. Poi ho fatto l’animatore e alla fine mi sono ritrovato a fare spettacoli. La passione per la ristorazione però c’è sempre stata. Tre anni fa ho aperto un agriturismo nel casertano, che ho dovuto chiudere per il cedimento strutturale di alcune stradine limitrofe. Così mi sono ritrovato nel centro storico di Caiazzo e ho trovato questo locale composto da due piani e una bella cantina. Mi sono subito innamorato di questo posto e lì ho deciso di iniziare questa sfida, portando il pesce in montagna, o meglio in collina. La nostra è una proposta di cucina semplice fondata sulla tradizione napoletana. Il mio è un posto per tutte le tasche e per tutti i palati; non riuscirei mai a fare una cucina all’altezza di quelle di Franco e Nino. 

Pepe, che tipo di accorgimenti intende adottare per garantire la sicurezza dei clienti?

Ho lavorato tanto sulla formazione del personale, un aspetto che reputo fondamentale. Abbiamo sempre prestato molta attenzione alla sicurezza del cliente; ora stiamo lavorando sulle criticità, non ci siamo limitati al distanziamento interpersonale. Abbiamo messo a punto un sistema che segnala se i bagni sono occupati. Avremo dei sacchetti in cui il cliente potrà riporre le posate utilizzate. Avremo i tavoli a più di un metro l’uno dall’altro; voglio lavorare con numeri ridotti, ma senza plexiglass. So bene che potrò avere 60-65 coperti invece dei 150 di prima, ma l’importante è che il cliente si senta tranquillo. Andrò a spalmare il lavoro su diverse fasce orarie e l’accesso sarà solo su prenotazione. Vogliamo attendere, osservare e ripartire quando veramente potremo garantire un’offerta completa e seria.

Di Costanzo, lei lavora molto con il turismo internazionale, è ancora tutto fermo?

Devo dirle che da qualche giorno pare si stia iniziando a smuovere qualcosa, c’è di nuova domanda dall’estero, soprattutto dagli Stati Uniti per agosto e settembre. Chi sceglie un ristorante stellato lo fa per provare un’esperienza, cerca emozioni diverse. Il mio compito è allora quello di continuare a migliorare quanto quello che già stavamo facendo. Mi è capitato anche di avere persone che venivano nel mio ristorante direttamente dagli Stati Uniti e ripartivano il giorno dopo. Non voglio deludere le loro aspettative. Ho sfruttato al massimo questi mesi di pandemia per dedicarmi allo studio e alla ricerca, riportando a tavola ingredienti e piatti dimenticati, invece di inseguire le mode di questi anni.

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Giorgio Locatelli: «La Locanda è chiusa, ma sto benissimo. Ora sogno un ristorante in Puglia»

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Dopo 23 anni, Giorgio Locatelli ha chiuso la sua celebre Locanda di Londra. Una decisione forte, ma ponderata. «È come se mi avessero tolto un peso dalla schiena», racconta lo chef stellato in un’intervista al Corriere della Sera. «Eravamo aperti tutti i giorni, con uno staff fino a 84 persone: troppa pressione. A 62 anni, avevo bisogno di respirare». La chiusura è arrivata il 31 dicembre 2024 e, oggi, Locatelli guarda avanti con entusiasmo.

Dal 10 maggio riaprirà al pubblico nella prestigiosa National Gallery di Londra con il nuovo progetto Locatelli’s, affiancato dal Bar Giorgio e da un club. «Abbiamo già 400 prenotazioni. Finalmente cucinerò senza dovermi occupare dei conti», confessa. «Non sono un bravo businessman. Anzi, sono terribile coi soldi».

Tra truffe, lutti familiari e riscatto personale

Il passato non è stato privo di ostacoli: «Mi hanno truffato quando ero allo Zafferano a Londra. Ho perso tutto. Ma il dolore più grande è stata la morte di mio fratello Roberto per un cancro. Mio padre Ferruccio non ha retto ed è mancato poco dopo. È lì che ho deciso di vivere diversamente».

Locatelli ripercorre anche la sua infanzia «scapestrata», il difficile rapporto con i genitori, il senso di inadeguatezza accanto al fratello «perfetto», e la voglia di emergere con la cucina. Una vocazione scoperta presto, tra scuola alberghiera e lavoro nel ristorante degli zii a Varese.

Il ritorno a Londra con una nuova filosofia

Dopo l’esperienza a Dubai, finita anche per divergenze culturali («un nostro dipendente finì in carcere per aver fumato una canna»), il cuore di Locatelli resta a Londra. E proprio nella capitale britannica, nell’ala Sainsbury della National Gallery — che sarà inaugurata il 6 maggio da Re Carlo III — lo chef porterà avanti la sua missione culinaria.

Re Carlo è un affezionato cliente: «Ogni Natale gli mando un tartufo. Una volta non mi ha ringraziato, e l’anno dopo me ne ha mandato uno trovato nella sua tenuta. Buonissimo!».

Politica, antifascismo e delusione per l’Italia

Locatelli non nasconde il suo pensiero politico: «Vengo da una famiglia antifascista. Mio zio Nino fu fucilato dai nazisti a 20 anni. Al Quirinale, durante la cena con Mattarella, ho fatto fatica a stringere la mano a certi ministri italiani. Mi ha infastidito».

Sulla premier Giorgia Meloni: «È stata eletta e ha consenso. Va accettata, come impone la democrazia». Più critico con il Regno Unito: «La Brexit ha creato solo problemi. Saremmo dovuti restare nell’Unione Europea».

Tra allergie, cucina etica e nuovi sogni

A commuoverlo è la figlia Margherita, affetta da oltre 600 allergie. «Ho creato una linea di cucina anallergica per lei. Pensavo di nutrirla, invece la stavo avvelenando. Ora porteremo quei piatti anche alla National Gallery». La figlia gli ha chiesto se gli piacerebbe diventare nonno. «Le ho detto di sì, ma mi chiedo che mondo stiamo lasciando ai nostri figli».

MasterChef, la Michelin e Arnold Schwarzenegger

Locatelli, giudice amatissimo di MasterChef Italia, è alla sua ottava stagione. «Continuo finché mi diverto. Antonino è esattamente come lo vedete. Bruno, invece, la mattina è intrattabile». Alla cerimonia della Guida Michelin non ci va da anni: «Ho avuto la stella per 23 anni, ma non cucinavo per quello. Cucinavo per il ristorante pieno».

Tra i ricordi più curiosi? «Servii ad Arnold Schwarzenegger due friselle con scamorza e pomodori. Le mangiò come un panino!».

Un futuro tra la Puglia e la libertà

Il sogno di Giorgio Locatelli? «Un viaggio di sei mesi con mia moglie Plaxy. E aprire un ristorante in Puglia, dove abbiamo casa. Ma per ora, c’è ancora Londra».

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Nicola Sorrentino: “La mia nuova dieta mediterranea è un elisir di salute e sostenibilità”

Il noto dietologo si racconta in un’intervista al Corriere della Sera: “La dieta è come un abito su misura, non una taglia unica. E va vissuta come uno stile di vita, non come una moda”.

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Una dieta per stare bene con se stessi e con gli altri, per riscoprire la convivialità, la sostenibilità e il benessere profondo. È questo il cuore del nuovo libro del professor Nicola Sorrentino (foto in evidenza di Imagoeconomica), La mia dieta mediterranea – La madre di tutte le diete (Salani editore), in uscita il 25 aprile. Un volume che non solo riafferma il valore della dieta mediterranea, ma la allarga, la arricchisce, la modernizza, aprendola a culture e ingredienti di tutto il mondo, senza tradirne i principi.

“La dieta è una cura, non una moda”

«Il dietologo non può prescrivere una dieta che passa di mano in mano: è una cura, va costruita sul paziente come un vestito su misura», sottolinea Sorrentino nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera.

Per lui, la dieta mediterranea resta l’unica alimentazione seria, riconosciuta a livello globale per i suoi effetti preventivi su malattie cardiovascolari, diabete, obesità:

«Non è certo la pasta e fagioli con le cotiche, ma una cucina leggera, attenta alle cotture e all’equilibrio dei nutrienti».

“Non è solo pasta: è uno stile di vita”

Il professor Sorrentino insiste sul fatto che la dieta mediterranea non è solo un elenco di alimenti, ma uno stile di vita:

«Conta cosa mangi, ma anche come lo mangi: convivialità, stagionalità, prodotti locali. Se un alimento ha le stesse proprietà e rispetta l’ambiente, ben venga anche da altre culture».

Così nella sua nuova proposta entrano il cous cous, il pesce crudo, le spezie orientali, purché sani e sostenibili.

“Sì alla pasta, ma con criterio”

«La pasta non fa ingrassare: dipende da cosa ci mettiamo sopra», spiega. Una pasta con verdure o legumi è un piatto sano, completo e coerente con la dieta mediterranea:
«La trasgressione è la carbonara tutti i giorni, non un bel piatto di pasta e ceci».

Un decalogo per la sostenibilità

Nel libro c’è anche un manifesto della sostenibilità che include:

  • Limitare lo spreco di cibo

  • Preferire prodotti locali e di stagione

  • Ridurre il consumo di carne rossa

  • Bere acqua del rubinetto

  • Evitare imballaggi di plastica

  • Alternare proteine animali e vegetali

“Il benessere è armonia tra corpo, mente e ambiente”

«Una dieta sana va sempre accompagnata da attività fisica mirata e da uno stile di vita corretto. Solo così si raggiunge l’equilibrio con se stessi e con l’ambiente».

Con questo libro, Sorrentino propone un ritorno consapevole alla salute, attraverso un modello alimentare scientificamente fondato, moderno e sostenibile: la sua “nuova dieta mediterranea”, capace di coniugare tradizione, scienza e futuro.


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Le 8 regioni più accoglienti d’Italia per rigenerare corpo e mente

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Un nuovo trend del turismo consapevole tra natura, silenzio e autenticità

Cresce in Italia il desiderio di staccare dalla routine con un “annual reset”, un viaggio rigenerante tra natura, tradizione e autenticità. Sempre più persone scelgono soggiorni immersivi per ritrovare equilibrio e benessere. A intercettare questa tendenza è Vamonos-Vacanze.it, tour operator specializzato in viaggi di gruppo, che ha selezionato le 8 regioni più accoglienti d’Italia, ideali per ricaricare corpo e spirito.

Puglia: tra trulli, ulivi e mare segreto

Sole, ritmi lenti e sapori decisi. La Puglia è una terra che invita alla semplicità. Una meta suggerita è Pugnochiuso, sulla costa tra Vieste e Mattinata. Il resort, fortemente voluto da Enrico Mattei negli anni ’60, rappresenta l’inizio dell’industria turistica sul Gargano. La sua spiaggia privata, circondata dal verde e accessibile solo via mare o dal resort, è oggi uno dei luoghi simbolo dell’undertourism. Suggestiva anche la Torre dell’Aglio, da cui si gode un panorama mozzafiato.

Sardegna: Caraibi vicini e antiche tradizioni

Non solo mare turchese, ma anche canyon, foreste e nuraghi. La Sardegna è pura bellezza silenziosa. Da vivere a San Teodoro, piccolo comune della Gallura che offre spiagge paradisiache e atmosfere autentiche. Perfetto per chi cerca esperienze condivise e paesaggi da cartolina.

Sicilia: l’anima del Mediterraneo

Cultura, cucina e accoglienza calorosa. Ogni viaggio in Sicilia è un viaggio nei sensi. Da non perdere San Vito Lo Capo, tra Trapani e Palermo, che ospita ogni anno il celebre Cous Cous Fest, evento simbolo dell’incontro tra culture. A colazione, granite artigianali e brioche con frutta fresca: un rituale che da solo vale il viaggio.

Trentino-Alto Adige: avventure e benessere tra le vette

Piste da sci, terme e gourmet. Questa regione è l’equilibrio perfetto tra adrenalina e relax. Panorami alpini spettacolari, sentieri da esplorare e una gastronomia che racconta storie di montagna.

Umbria: spiritualità e silenzio verde

Borghi, boschi e bellezza discreta. L’Umbria è un cuore verde che batte lento. Perfetta per un reset slow e sostenibile, tra meditazione, passeggiate e sapori autentici.

Basilicata: l’Italia autentica

Matera, il Pollino e Maratea. La Basilicata è un mix sorprendente di storia e natura. Tra le pietre della città dei Sassi e le scogliere della “piccola Rio”, il viaggio diventa intimo e potente.

Valle d’Aosta: pace alpina e castelli

Montagne, yoga e silenzi. Rifugio ideale per chi cerca spiritualità e aria pura, la Valle d’Aosta offre castelli fiabeschi, sentieri meditatativi e scenari rigeneranti.

Molise: la bellezza nascosta

Borghi genuini, tradizioni e autenticità. Il Molise è una perla riservata. Lontano dalle folle, regala esperienze vere, tra prodotti tipici, paesaggi lenti e incontri sinceri.

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