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Fedez si confessa dalla Venier: malattia, affari, famiglia e Ferragnez

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Fedez, la sua paura, quando ha pensato di farla finita ma poi lo ha tenuto in vita l’amore per la famiglia, il carattere fumantino, la generosità. È a cuore aperto l’incontro con Mara Venier a Domenica In , che si apre con lui che dice che sta bene e finisce tra le lacrime vere e un commosso abbraccio sulla scia di un momento di aiuto legato ad una persona cara alla conduttrice. ”Hai avuto paura?” chiede Mara Venier. ”Tutt’ora non ti nego che la paura è tanta, a 34 anni ne ho viste un po’ il mio fisico ha reagito a cose invasive, c’è il corpo da una parte e la mente dall’alta le due cose vanno di pari passo mente e corpo a volte la mente può essere la prerogativa più importante”. Corpo e mente… in cosa consiste la salute mentale, chiede Mara Venier.

”Io parlo per la mia esperienza. Mi sono trovato a dover letteralmente fare i conti con la possibilità di morire e devi affrontare una cosa grande. Farlo in maniera così precoce non è sano per la tua mente. Anche dopo aver curato la malattia si è portato dietro degli strascichi, volevo fare indigestione della vita. Dormivo poco, uscivo sempre. Associato ad una cura farmacologica, giustamente perchè se non stati bene è giusto che vai da uno specialista. Mi sono ritrovato a prendere più di sette psicofarmaci tutti insieme, il mio approccio non è stato dei migliori. Fai cose strambe ed io l’ho fatte ho messo a rischio la stabilità della mia famiglia.

Dopo Sanremo se non fosse già stato evidente, ero nel culmine della mia poco lucidità. Dopo qualche settimana la mia bocca smette di funzionare non riuscivo più a parlare. Stoppo tutti i medicinali insieme, ho avuto effetto da rebound due settimane senza riuscire a camminare, sudori freddi, disorientamento. Ma la più grande difficoltà è venuta quando non avevo più farmaci e sono caduto in una depressione profonda. Se ne esce facendosi seguire dagli specialisti. Un percorso che in Italia è ancora un privilegio. Deve essere un diritto per tutti”. Dice Mara Venier che ne esci soprattutto da solo.

”Se io oggi sono ancora qua e non sono mai andato oltre la progettualità di farla finita è semplicemente per la mia famiglia a volte il dolore è talmente forte che pensi anche a genti estremi. Ma hai responsabilità hai figli e l’idea di arrecare un danno così grande alle tue persone care è una cosa che ti frena”. Ora per questo ”il mio sogno riuscire ad aprire un centro di aggregazione per accogliere ragazzi con problemi di salute mentale” Inoltre pensa di produrre un documentario su Franco Basaglia nel 2024 cade il centenario.

”Lui ha fatto tantissimo. Un bel modo per ricordare una figura fondamentale, in un momento in cui i numeri ci dicono che la salute mentale è un emergenza concreta”. ”La cosa che più mi manca e mi è mancata in questo periodo sono i concerti. Mi piacerebbe tornare un tour, purtroppo il mio fisico in questi due anni non me lo ha permesso”. ”Devo ammettere che sono una persona fumantina, dopo qualche anno mi passa”.

E’ troppo! ”Ci sto lavorando. È una lezione che devo ancora imparare”. E anche Mara Venier svela un segreto: ”dico una cosa che non ho mai detto a nessuno: ho avuto un sindrome depressiva da stress, ho fatto una settimana di terapia del sonno, allora il mio compagno era Jerry Calà. venne un dottore molto giovane, un dottorino. Mi guardò e mi disse ‘Mara però lei deve pensare di meno. Se per 24 ore fissa una candela, dopo 24 ore diventa un lampadario. Dobbiamo essere più leggeri anche nelle delusioni”. ”Quello che mi da fastidio – invece spiega – è il processo alle intenzioni, ha fatto questa cosa benefica per ottenere fama e successo. È un discorso stupido. Non si può nella vita, giornalisti e critici non posso scindere le cose in bianche e nero. Si fa sempre per un ventaglio di motivazioni, fa bene anche alla mia immagine, preferisco essere quello che fa del bene piuttosto che quello che critica e non fa una mazza”.

Poi un momento di vera commozione e Federico (così continua a chiamarlo Mara), che per tutto il tempo è stato sempre un po’ rigido seduto con le mani conserte, si scioglie in un abbraccio e lacrime vere: ”Io ti ringrazio – dice Mara Venier piangendo – perchè tu mi hai aiutato ma io non ho fatto in tempo”.

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Giorgia Meloni: Italia protagonista nel mondo, ma serve concretezza e prudenza

In un’intervista al Corriere della Sera, Giorgia Meloni racconta i suoi impegni internazionali, il rapporto con Trump e annuncia nuove misure per la sicurezza dei lavoratori.

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In una lunga intervista concessa al Corriere della Sera, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha raccontato i quindici giorni intensi che l’hanno vista protagonista sulla scena mondiale: dall’incontro alla Casa Bianca con Donald Trump fino alla gestione dell’imponente cerimonia dei funerali di Papa Francesco a Roma.

Meloni ha sottolineato la perfetta riuscita organizzativa dei funerali, apprezzata da tutti i leader internazionali presenti: “È stato un grande lavoro corale, fatto di tante mani preziose”, ha detto, mantenendo però un approccio umile: “Io non sono mai soddisfatta, penso sempre che si possa e si debba fare di meglio”.

Nessun vertice politico ai funerali del Papa

Meloni ha precisato di non aver voluto trasformare il funerale del Papa in un’occasione di vertici politici: “Non avrei mai voluto distrarre l’attenzione da un evento così solenne”. Tuttavia, ha definito “bellissimo” il faccia a faccia spontaneo tra Trump e Zelensky a San Pietro, considerandolo “forse l’ultimo regalo di Papa Francesco”.

La sfida: riavvicinare Usa ed Europa

Nell’intervista, Meloni ha ribadito la necessità di rinsaldare l’alleanza atlantica e riavvicinare Stati Uniti ed Europa: “Il mondo cambia a una velocità vertiginosa, servono dialogo, studio e preparazione”, ha detto. Ha anche confermato che sono in corso contatti per un possibile incontro tra Trump e i vertici europei, anche se i tempi non sono ancora maturi: “Non importa se sarà a Roma o altrove, l’importante è ottenere un risultato concreto”.

L’amicizia con Trump e l’interesse nazionale

Meloni ha respinto le critiche di chi le rimprovera un rapporto troppo stretto con Trump: “Noi non siamo filoamericani, siamo parte dell’Occidente. Difendiamo il nostro interesse nazionale, indipendentemente da chi governa negli altri Paesi”.

Sul futuro, la premier ha affermato: “La sfida americana può essere un’opportunità anche per l’Europa, per tornare a crescere e innovare”.

L’Italia sulla pace in Ucraina

Meloni ha ribadito il sostegno italiano all’Ucraina e all’ipotesi di un cessate il fuoco incondizionato: “Siamo contenti che Zelensky si sia mostrato disponibile, ora è la Russia che deve dimostrare volontà di pace”. Ha inoltre ricordato la proposta italiana di un modello di garanzia ispirato all’articolo 5 del Trattato Nato, anche al di fuori del perimetro Nato.

Nuove misure per la sicurezza sul lavoro

In vista del Primo Maggio, Meloni ha annunciato nuove iniziative concrete per migliorare la sicurezza dei lavoratori: “Stiamo lavorando a un piano importante, in dialogo con sindacati e associazioni datoriali, per combattere il dramma quotidiano delle morti sul lavoro”.


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Elezioni in Canada, liberali di Carney vincono legislative e preparano la guerra a Trump

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Secondo le proiezioni dei media locali, è il Partito liberale di Mark Carney a vincere le elezioni legislative canadesi. I risultati preliminari del voto non permettono però di stabilire se il premier guiderà un governo di maggioranza o di minoranza.

Il primo ministro si avvierebbe quindi a portare i Liberali verso un nuovo mandato, dopo aver convinto gli elettori che la sua esperienza nella gestione delle crisi economiche lo rende pronto ad affrontare le mire del presidente americano Donald Trump. L’emittente pubblica Cbc e Ctv News hanno entrambe previsto che il Partito liberale formerà il prossimo governo canadese. Solo pochi mesi fa la strada per il ritorno al potere dei conservatori guidati da Pierre Poilievre sembrava spianata, dopo dieci anni sotto la guida di Justin Trudeau. Ma il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e la sua offensiva senza precedenti contro il Canada, con dazi e minacce di annessione, hanno cambiato la situazione.

Elezioni in Canada, ecco chi è il primo ministro Mark Carney: l’uomo delle crisi

A Ottawa, dove i liberali si sono radunati per la notte delle elezioni, l’annuncio di questi primi risultati ha provocato un applauso e grida di entusiasmo. “Sono felicissimo, è ancora presto ma sono fiducioso che riusciremo ad avere la maggioranza”, David Lametti, ex ministro della Giustizia. La guerra commerciale di Trump e le minacce di annettere il Canada, rinnovate in un post sui social media il giorno delle elezioni, hanno indignato i canadesi e hanno reso i rapporti con gli Stati Uniti un tema chiave della campagna elettorale.

Carney, che non aveva mai ricoperto una carica elettiva e aveva sostituito Trudeau come premier solo il mese scorso, ha basato la sua campagna su un messaggio anti-Trump. In precedenza ha ricoperto la carica di governatore della banca centrale sia nel Regno Unito che in Canada e ha convinto gli elettori che la sua esperienza finanziaria globale lo rende pronto a guidare il Paese attraverso una guerra commerciale. Ha promesso di espandere le relazioni commerciali con l’estero per ridurre la dipendenza del Canada dagli Stati Uniti.

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Biologo italiano Alessandro Coatti ucciso in Colombia era stato adescato in chat

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Vittima della trappola di una banda specializzata in rapine ed estorsioni dopo essere stato adescato su un sito di incontri. Questa l’ipotesi principale che seguono adesso gli inquirenti colombiani che indagano sulla morte di Alessandro Coatti, 38 anni, biologo originario del Ferrarese ucciso e fatto a pezzi nella zona di Santa Marta, nel nord del Paese. Lo riferisce il quotidiano El Tiempo citando documenti e fonti interne alla polizia giudiziaria secondo le quali sarebbero state inoltre identificate già quattro persone, tra le quali una donna trovata in possesso del cellulare della vittima. Proprio il ritrovamento del cellulare avrebbe permesso di ricostruire che prima prima della scomparsa Coatti aveva concordato un appuntamento attraverso la app Grindr, di uso comune nella comunità Lgbtq ma spesso utilizzata come esca anche da bande alla ricerca di vittime per portare avanti rapimenti, furti ed estorsioni.

Dai referti dell’autopsia emerge inoltre, secondo i media, che il biologo italiano prima di venire sequestrato e ucciso sarebbe stato anche drogato, e l’ipotesi principale degli investigatori è che la situazione sia poi “sfuggita di mano” ai rapitori e degenerata tragicamente nella morte del ricercatore, forse colpevole di aver visto il volto di uno dei suoi assalitori. Secondo quanto stabilito dagli esami forensi Coatti è deceduto infatti per una serie di colpi inferti con oggetti contundenti, e solo in un secondo momento il suo corpo è stato smembrato.

A dare un’ulteriore svolta alle indagini è stato il ritrovamento del luogo dell’omicidio. Si tratta di una casa abbandonata nel quartiere San José del Pando, nel centro della capitale del distretto di Magdalena dove le autorità hanno trovato tracce di sangue ed altri indizi che confermerebbero che si tratta del luogo dove è stato fatto a pezzi il biologo. Il fatto che i resti del corpo siano poi stati sparsi in diversi punti della città – uno degli arti inferiori non è ancora stato trovato – non rappresenterebbe quindi ‘un messaggio mafioso’ come si ipotizzava inizialmente, e si tratterebbe piuttosto di “una strategia per ostacolare le indagini”, affermano adesso gli inquirenti. Sembra definitivamente caduta quindi la pista che riconduceva inizialmente alla violenza brutale dei gruppi paramilitari che operano nella zona e le autorità di Santa Marta hanno emesso adesso un allerta agli utenti delle app di incontri invitandoli a ogni precauzione.

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