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Esteri

Ergastolo e pena di morte, stretta anti-gay in Uganda

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L’Uganda ha scelto di adottare una linea estremamente rigida contro l’omosessualità, varando una delle leggi più draconiane al mondo per reprimere i diritti delle persone Lgbtiqa+. Questa nuova legge prevede non solo pene detentive, ma in alcuni casi anche l’ergastolo e addirittura la pena di morte. Il presidente Yoweri Museveni ha firmato la legge, scatenando la condanna sia dagli Stati Uniti che dall’Unione Europea.

Il presidente Joe Biden ha definito questa legge come “una tragica violazione dei diritti umani universali” e ha chiesto la sua revoca, minacciando sanzioni. Anche l’Unione Europea ha deplorato la decisione di Museveni, affermando che la legge introduce pene severe, inclusa la pena di morte, contravvenendo al diritto internazionale dei diritti umani e agli obblighi assunti dall’Uganda secondo la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli. Josep Borrell, l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera, ha condannato fermamente la legge.

Il testo della norma, approdato in Parlamento a marzo, è stato approvato quasi all’unanimità il 2 maggio, con alcune modifiche leggere che però non hanno riguardato la pena di morte inflitta nei casi di “omosessualità aggravata”. Questo si riferisce ai rapporti sessuali tra persone dello stesso sesso, specialmente con minori di 18 anni e persone disabili, o quando uno dei partner è sieropositivo o sotto minaccia. Il reato di “tentata omosessualità aggravata” viene punito con la detenzione fino a 14 anni. Secondo la nuova norma, chiunque – sia individui che organizzazioni – promuova consapevolmente l’omosessualità è passibile di una pena detentiva fino a 20 anni.

Già a marzo, il capo dell’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani (Unhchr), Volker Türk, aveva descritto questa legge come “un testo discriminatorio, probabilmente il peggiore del suo genere al mondo”. Türk ha rinnovato la sua condanna di fronte all’adozione della legge. Amnesty International ha definito questa giornata come “un giorno terribilmente buio per i diritti delle persone Lgbtqia+ e per l’Uganda”, a causa di questa legge profondamente repressiva. L’organizzazione ha sottolineato che la legge rappresenta un grave attacco ai diritti umani, alla Costituzione dell’Uganda e agli accordi regionali e internazionali per i diritti umani. Inoltre, questa legge legalizzerà la discriminazione, l’odio e i pregiudizi contro le persone Lgbtqia+ e i loro sostenitori.

La legge sembra avere un ampio sostegno popolare in Uganda, o almeno c’è stata poca opposizione nel paese dove l’omofobia è diffusa come nel resto dell’Africa orientale. Museveni governa con il pugno di ferro dal 1986 e la speaker del Parlamento di Kampala, Anita Annet Among, ha salutato la norma come un successo, affermando che hanno risposto alle preoccupazioni del popolo e legislato per proteggere la santità della famiglia.

Questa stretta anti-gay in Uganda ha suscitato una forte condanna internazionale da parte di diversi attori, compresi gli Stati Uniti e l’Unione Europea. L’effetto e le conseguenze di questa legge sulle relazioni internazionali e sulla cooperazione con altri paesi saranno oggetto di valutazione e potrebbero portare a possibili sanzioni o restrizioni nelle relazioni diplomatiche. Nel frattempo, le organizzazioni per i diritti umani continueranno a combattere per difendere i diritti delle persone Lgbtqia+ e promuovere l’uguaglianza e la tolleranza in tutto il mondo.

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Esteri

Ricatto di Saied, l’arma dell’invasione per i fondi

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Saied presidente Tunisia

Un gioco al rialzo o rivendicazioni a uso e consumo interno? Il presidente tunisino Kais Saied ha rifiutato un primo assegno da 127 milioni dell’Unione europea, bollandolo come “elemosina”, con un rigurgito – almeno all’apparenza – di anticolonialismo. O, piuttosto, per alzare la posta, brandendo la minaccia dell’invasione di migliaia di migranti pronti a salpare da Sfax verso le coste italiane. Con un duplice obiettivo: ricevere una somma più alta, sul modello dell’accordo da 6 miliardi di euro raggiunto dall’Ue con la Turchia di Erdogan nel 2016 per chiudere i rubinetti della rotta balcanica; e riuscire ad ottenere i 900 milioni di assistenza macrofinanziaria previsti dal memorandum del luglio scorso, sganciandoli dai quasi 2 miliardi che l’Fmi tiene bloccati in attesa di riforme. Riforme che Saied – che dal 2021 si presenta come nuovo autocrate del Nord Africa – non sembra intenzionato nemmeno ad avviare.

La Commissione europea aveva annunciato nei giorni scorsi di aver stanziato i 127 milioni da versare “rapidamente” a Tunisi. Bruxelles aveva precisato che si trattava di 67 milioni per combattere l’immigrazione illegale (i primi 42 milioni dei 105 milioni di aiuti previsti dal memorandum firmato due mesi fa e altri 24,7 milioni nell’ambito di programmi già in corso) e 60 milioni legati al sostegno del bilancio tunisino. Ma Saied ha bloccato tutto: “La Tunisia accetta la cooperazione, ma non accetta nulla che somigli a carità o favore, quando questo è senza rispetto”, ha dichiarato il presidente dopo aver rinviato e sospeso nei giorni scorsi anche le visite delle delegazioni europee, prima parlamentare e poi della Commissione. Questo rifiuto, ha tenuto a sottolineare Saied, “non è dovuto all’importo irrisorio ma al fatto che questa proposta va contro” l’accordo firmato a Tunisi e “lo spirito che ha prevalso durante la Conferenza di Roma” di luglio, “iniziativa avviata da Tunisia e Italia”.

“Non abbiamo capito ancora cosa volesse dire Saied. Non abbiamo avuto la trascrizione e stiamo lavorando per avere più informazioni”, ha ammesso un alto funzionario Ue, intuendo però che il tunisino “avrebbe preferito più aiuti” rispetto alla prima tranche. Sullo stato dell’intesa la fonte ha ricordato che il Consiglio “non è stato coinvolto” nei negoziati. Ma, ha sottolineato, “non possiamo dire che il Memorandum sia un fallimento”. E se anche a Bruxelles l’intesa con Tunisi trova un ostacolo nelle diverse posizioni dei 27, preoccupa lo stato dei diritti umani nel Paese, dove la democrazia sognata dalla rivoluzione dei Gelsomini è ormai naufragata e dove lo stesso Saied ha di fatto aizzato una caccia al migrante subsahariano, ormai poco tollerato da una popolazione alle prese con una grave crisi economica e alimentare.

Resta il fatto che l’Europa e l’Italia non possono fare a meno di lavorare con la Tunisia per arginare gli sbarchi che rischiano di mettere in crisi l’Unione e il suo futuro dopo le elezioni di giugno. E Saied lo ha capito, rilanciando ogni giorno, non solo per sedare le tensioni interne ma anche e soprattutto per spingere l’Europa, di fronte ad una crisi migratoria senza precedenti, a fare pressione su Washington per lo sblocco degli 1,9 miliardi del Fondo Monetario Internazionale.

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La Camera destituisce lo speaker, prima volta negli Usa

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La Camera ha approvato la mozione per destituire lo speaker repubblicano Kevin McCarthy, facendo precipitare il Capitol nel caos e nell’incertezza. E’ la prima volta nella storia Usa. A proporre la mozione il deputato del suo partito Matt Gaetz, un fedelissimo di Donald Trump ed esponente di una fronda parlamentare alla Camera legata al tycoon.

La votazione si è conclusa con 216 voti a favore e 210 no. Otto repubblicani hanno votato contro McCarthy. Quest’ultimo ora dovrà indicare il suo sostituto provvisorio sino all’elezione di un nuovo speaker, passaggio che non sarà certo facile e che rischia di paralizzare il Congresso proprio quando deve negoziare la prossima legge di spesa.

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Esteri

Tunisia: Saied, proposta Ue è carità non cooperazione

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Saied presidente Tunisia

Il presidente tunisino Kais Saied ha precisato in tarda serata che la Tunisia ha rifiutato i fondi stanziati dall’Unione europea in suo favore, poiché secondo lui costituiscono una sorta di “carità” e non di cooperazione, e il loro importo “irrisorio” è contrario all’accordo raggiunto nel mese di luglio tra le due parti e “allo spirito che ha prevalso durante la Conferenza di Roma” del luglio scorso, “iniziativa avviata da Tunisia e Italia”. La Commissione europea aveva annunciato il 22 settembre scorso che avrebbe iniziato a versare “rapidamente” i fondi previsti dall’accordo con la Tunisia per ridurre gli arrivi di migranti da questo Paese.

La Commissione ha precisato che dei 105 milioni di euro di aiuti previsti da questo accordo per combattere l’immigrazione irregolare, circa 42 milioni di euro sarebbero stati “assegnati rapidamente”. A questi fondi si devono aggiungere 24,7 milioni di euro già previsti nell’ambito dei programmi in corso. “La Tunisia, che accetta la cooperazione, non accetta nulla che somigli a carità o favore, perché il nostro Paese e il nostro popolo non vogliono simpatia e non l’accettano quando è senza rispetto”, ha dichiarato Saied, secondo un comunicato della presidenza. “Di conseguenza, la Tunisia rifiuta quanto annunciato nei giorni scorsi dall’Ue”, ha affermato Saied ricevendo il suo ministro degli Esteri, Nabil Ammar.

Questo rifiuto, ha spiegato, “non è dovuto all’importo irrisorio ma perché questa proposta va contro” l’accordo firmato a Tunisi e “lo spirito che ha prevalso durante la Conferenza di Roma” del luglio scorso, “iniziativa avviata da Tunisia e Italia”. Secondo la Commissione europea gli aiuti devono essere utilizzati in parte per riabilitare le imbarcazioni utilizzate dalla guardia costiera tunisina e per cooperare con le organizzazioni internazionali sia per la “protezione dei migranti” che per le operazioni di rimpatrio di questi esuli dalla Tunisia nei loro paesi di origine. origine.

Questo memorandum d’intesa tra la Tunisia e l’Ue prevede anche un aiuto al bilancio statale di 150 milioni di euro nel 2023 mentre il paese si trova ad affrontare gravi difficoltà economiche. Saied ha infine aggiunto che il suo Paese “fa tutto il possibile per smantellare le reti criminali del traffico di esseri umani”. La Tunisia è, insieme alla Libia, il principale punto di partenza per migliaia di migranti che attraversano il Mediterraneo centrale verso l’Europa e arrivano in Italia.

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