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Cronache

Diego Junior vuole andare dal papà in Argentina, i medici del Cotugno: è follia, i suoi polmoni sono compromessi

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“Oggi mi sento bene. Sono in attesa dell’esito del tampone. Piano piano, un passo alla volta e questo incubo sarà solo memoria”. E Diego Maradona Junior di passi in queste lunghe settimane ne ha fatti tanti. Colpito duramente dal Covid, tra il dolore e la paura è andato avanti. Senza mollare mai. Senza perdere la fiducia. Anche durante le notti in cui non riusciva a dormire. Anche quando respirare era difficile. Ha lottato per vivere. Ha lottato con l’aiuto dei medici del Cotugno, in primis Roberto Parrella. Ha lottato per la moglie, i figli, per la mamma, per il suo papà e per tutte le persone che credono in lui, che gli vogliono bene. Tante, tantissime persone.

Diego Maradona col figlio Diego Junior

“Questo virus è l’inferno”, sospira, “difficile da raccontare ma Dio è grande”. Gli occhi gli sorridono mentre ancora gli apparecchi lo aiutano a respirare. È felice, Diego, vuole solo tornare a casa. Si sente decisamente meglio. Vuole solo riabbracciare la moglie ed i figli, portarli al più presto dal padre. È questa l’unica cosa che vuole “Mi sento veramente meglio, presto rivedrò papà e i miei fratelli. Mi mancano molto”. È felice Diego. Sono le cinque e una manciata di minuti in Italia. La televisione è accesa nella stanza di Diego. Lui l’ascolta svogliatamente. Poche parole catturano la sua attenzione. “Il più grande giocatore di sempre, Diego Armando Maradona è morto. Nella sua casa di Tigre per un arresto cardiocircolatorio”. Il terrore, lo smarrimento. Un attimo di silenzio, solo un attimo. Cerca di difendersi dal dolore. Forse è un sogno, un incubo, uno sbaglio. I suoi occhi cercano la verità. Nessuno osa dire nulla. Cerca la moglie al telefono.

Diego Maradona Jr. Il ricovero al Cotugno e le prime cure

Ora è solo. Immobile,si sente in trappola, preda del dolore. Non c’è verso di fermare quel continuo avvicendarsi di emozioni. Rabbia, dolore, distruzione. Tutto perde di senso. Vuole solo scappare, vuole solo andare da suo padre. Vuole solo riabbracciare il grande Diego Maradona, dirgli che gli vuole bene.
“Devo fare qualcosa. Devo partire. Andare in Argentina. Fatemi uscire, fuori, fuori di qui, portatemi a casa, devo andare da mio padre”. Cominciano i messaggi. I medici non sono d’accordo a dimetterlo. Il tampone è negativo ma i polmoni sono compromessi. Diego Maradona junior non è un problema per la salute degli altri ma ora vuole rischiare la vita per dare un ultimo saluto al papà, il grande Diego Maradona, suo padre. “Forse è il caso di rimandare qualsiasi decisione. Bisogna riflettere”, gli consigliano, ma Diego ora non ha la serenità per riflettere. Il dolore più terribile per lui diventa doppio: il lutto e l’impossibilità di andare a salutare papà. Perché se Diego Jr lascia il Cotugno con i polmoni compromessi non rischia la vita, ha ottime probabilità di morire. Perché se è vero che il suo cuore é vivo ed é forte é lo vuole trascinare a forza dal padre in Argentina, i suoi polmoni sono compromessi e non ce la faranno. É questa la tragedia più grande, un dolore indicibile per questo ragazzo che lotta per la vita in ospedale e deve tenersi dentro il dolore più grande: non poter salutare il padre.

  • Da qualche ora Diego Jr è a casa sua. Si è negativizzato. Non ha più il covid ma resta una polmonite bilaterale da curare. I medici l’hanno dimesso. Peraltro servono posti al Cotugno. A Diego hanno però lasciato prescrizioni che deve osservare in maniera diligente perchè con la polmonite bilaterale non si scherza. Diego Jr deve rimanere chiuso a casa sua per almeno dieci giorni. E deve assumere i medicinali che gli sono stati prescritti e tenere sotto controllo saturazione dell’ossigeno che al momento è buona. Insomma, per capirci, non ha il covid ma ha danni devastanti che dovrà curare. Polmonite in primis.   

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Sparatoria in piazza a Monreale, una carneficina: due morti e tre feriti, tutti giovanissimi

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E’ di due morti e tre feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta in nottata nella centrale piazza Duomo a Monreale (Palermo). Le vittime hanno 25 anni e 23 anni; i feriti 26 anni, 33 anni e 16 anni. La sparatoria è avvenuta in una piazza affollata, davanti ad almeno un centinaio di testimoni. Secondo una prima ricostruzione tutto sarebbe nato in seguito a una rissa per futili motivi davanti ad una pizzeria. Poi i due gruppi di giovani si sono affrontati in piazza. Uno dei protagonisti dell’aggressione, armato di pistola, ha iniziato a sparare. I feriti sono in gravissime condizioni. Le indagini sono condotte dai carabinieri.

Le vittime della sparatoria sono Salvatore Turdo di 23 anni e Massimo Pirozzo di 26. Sono morti subito dopo essere stati trasportati negli ospedali Ingrassia e Civico del capoluogo. Anche uno dei feriti sarebbe in gravissime condizioni. Davanti agli ospedali si sono presentati numerosi familiari e amici delle vittime, con grida e scene di disperazione.

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Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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La Chiesa alla ricerca di un pacificatore: si apre il pre-Conclave

Nel pre-Conclave dopo la morte di Papa Francesco, i cardinali cercano un candidato pacificatore per superare le divisioni interne. Il nuovo Papa dovrà unire e guidare una Chiesa divisa.

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C’è un cartello immaginario, ma chiarissimo, all’ingresso delle Congregazioni pre-Conclave e della Cappella Sistina: «Cercasi un pacificatore». Dopo la grande partecipazione popolare ai funerali di Papa Francesco, la Chiesa si ritrova ora a dover voltare pagina, raccogliendo l’eredità di Jorge Mario Bergoglio e affrontando divisioni dottrinali e geopolitiche mai sopite.

Il bisogno di superare le contrapposizioni

Tra le fila dei cardinali c’è consapevolezza che riproporre schemi vecchi, come il conflitto tra “bergogliani” e “ratzingeriani”, sarebbe miope. Il nuovo Conclave si svolgerà in un contesto mondiale mutato, segnato dalle tensioni internazionali e dalla crisi dello schema pacifista di Francesco dopo la guerra in Ucraina. Il rischio è che ogni divisione interna colpisca ora direttamente il Collegio cardinalizio, senza più la figura del Papa a fungere da parafulmine.

Verso un candidato di compromesso

I 133 cardinali chiamati al voto, riuniti nelle Congregazioni generali, sembrano ormai consapevoli che difficilmente emergerà un candidato “forte” espressione di una sola corrente. Per evitare uno scontro estenuante, sarà necessario convergere su una figura di equilibrio, capace di pacificare e non di dividere ulteriormente. Anche la vicenda del cardinale Giovanni Angelo Becciu, condannato in primo grado ma il cui diritto al voto non è ancora chiarito, rappresenta un’ulteriore incognita.

L’immagine simbolo della riconciliazione

Emblematica è stata ieri, dentro la Basilica di San Pietro, l’immagine di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno parlato seduti uno di fronte all’altro. Un gesto di distensione tra due protagonisti di scontri aspri. Segno che, forse, anche nella Chiesa si può sperare in un Conclave capace di indicare al mondo una strada di unità e di riconciliazione. Papa Francesco, tanto amato quanto criticato, con la sua morte sembra aver lasciato non solo un’eredità da gestire, ma anche una lezione di pace.

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