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Delitti di mafia e toghe, Nordio insiste ma ora la maggioranza sembra divisa sulla giustizia

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Lo scontro fra il Guardasigilli e i magistrati non dà segni di stanchezza. Anzi. E all’interno della maggioranza crescono le divisioni sul concorso esterno alla mafia: il vicepremier Antonio Tajani si è schierato con Carlo Nordio, che auspica una revisione del reato, ma per l’altro vicepremier Matteo Salvini e per il sottosegretario Alfredo Mantovano mettere mano alla norma “non è una priorità”. Al momento, comunque, il ministro della Giustizia appare più attento a un altro capitolo, che è fra i più indigesti alle toghe: “Probabilmente porteremo la proposta della separazione delle carriere nella prossima riunione di maggioranza – ha detto – Spero che si inizi nel più breve tempo possibile”. Fumo negli occhi per l’Anm, che ritiene si stia imboccando un strada “pericolosa per la democrazia”. Il botta e risposta è arrivato all’indomani del faccia a faccia al Quirinale fra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in cui il tema giustizia è stato affrontato ampiamente, col sottinteso intento anche di agevolare un abbassamento dei toni.

Dalla maggioranza, però, i distinguo dal Guardasigilli non sono mancati. Sul tema del concorso esterno alla mafia, solo Forza Italia ha sostenuto il ministro. “Da un punto di vista giuridico – ha detto il ministro degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani – credo abbia ragione il ministro Nordio. Credo voglia rafforzare la lotta alla malavita organizzata e non indebolirla”. Dagli altri alleati, invece, è arrivato lo stop. Al primo – deciso – del sottosegretario Mantovano, ritenuto molto vicino alla premier, è seguito quello del leader della Lega Salvini: un intervento sul concorso esterno in associazione mafiosa “non è la priorità”, perché, ha spiegato, “serve una riforma della Giustizia urgente, efficace e condivisa, non contro nessuno, ma coinvolgendo tutti, magistrati compresi”. Nordio ha preso atto del clima: “Questo argomento non fa parte del programma di governo”, ha spiegato in un’intervista al Corriere, dove ha comunque ribadito la necessità di “una norma ad hoc molto semplice e molto chiara”. Separazione delle carriere e intervento sul concorso esterno non fanno comunque parte della riforma della Giustizia già varata dal consiglio dei ministri. Il provvedimento, ora in attesa del via libera del Colle per l’avvio dell’iter in Parlamento, contiene però altri interventi dibattuti, come l’abolizione dell’abuso d’ufficio.

Per Nordio “era l’unica soluzione possibile”. E anche per Forza Italia è una bandiera: su abuso d’ufficio e traffico di influenze “siamo decisi a portare in fondo la nostra proposta e Nordio da questo punto di vista non farà sconti – ha detto il viceministro della giustizia Francesco Paolo Sisto – Noi siamo con lui. Il Parlamento comunque è sovrano. Se dovesse modificare è benvenuto, questa è la democrazia parlamentare”. Meno granitica appare la posizione di FdI. Anche nel colloquio al Colle, Meloni non avrebbe chiuso all’ipotesi di intervenire sulla norma. Il fronte di maggiore scontro resta comunque legato all’ipotesi di introdurre la separazione delle carriere: “Sarebbe molto bello poter procedere con le riforme abbreviate della legge ordinaria – ha detto Nordio – ma, dal mio punto di vista, per avere una riforma realmente radicale, sia per la separazione delle carriere sia per la composizione della nomina del Csm, occorre una revisione costituzionale”.

L’ipotesi di una “riforma radicale” mette in allarme l’Anm. Quella per “la separazione delle carriere – ha detto il presidente Giuseppe Santalucia – è una riforma che apre ad altre, perché dovrebbe poi seguire la discrezionalità dell’azione penale. Un pm separato dalla giurisdizione e quindi fuori da quei meccanismi di compensazione e di controllo che prevede la Costituzione, lo lasceremo da solo o ci sarà qualcun altro che ambirà al controllo sull’azione penale? E quello non potrà che essere il controllo politico”.

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Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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