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Politica

Csm: tempi stretti sui 10 laici, il nodo delle donne

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Entra nel vivo la trattativa tra maggioranza e opposizione sulle candidature per i 10 componenti laici da eleggere per il Csm. Incontri e colloqui telefonici si susseguono senza sosta in vista del 17 gennaio, il giorno in cui il Parlamento in seduta comune è chiamato ad esprimere il proprio voto. E, secondo quanto si apprende, la parola d’ordine è fare presto.

E non solo perché anche il Colle gradirebbe che l’organo di autogoverno venisse messo in condizione di funzionare nella sua pienezza nel più breve tempo possibile, ma anche perché all’orizzonte si profilano scadenze come quella dell’inaugurazione dell’anno giudiziario: in Cassazione il 26 gennaio e nei vari distretti di Corte d’Appello il 28 gennaio. E anche se non sembra plausibile ipotizzare che per quelle date il nuovo Csm possa essere già completamente operativo (in caso di elezione il 17 gennaio, l’ insediamento del nuovo Csm potrebbe avvenire il martedì successivo, cioè il 24, ma poi occorrerebbero tempi tecnici per farlo entrare davvero in funzione come, ad esempio, i giorni che potrebbero richiedere le cancellazioni dagli Albi per gli avvocati eletti) si osserva che sarebbe bene presentarsi a tali appuntamenti con l’organo di autogoverno della magistratura al gran completo. Diversi, ancora, i nodi da sciogliere.

Oltre a quello delle quote, ci sarebbe anche quello delle donne. Allo stato, la ripartizione dei 10 componenti dovrebbe essere di 7 a 3. Cioè 7 alla maggioranza, (3 a FdI, 2 alla Lega e 2 a FI) e 3 all’opposizione (1 al Pd, 1 al M5S e 1 al Terzo Polo). Ma ci sarebbero delle incognite. A condurre la trattativa per il Terzo Polo ci sarebbe Matteo Renzi e nel centrodestra c’è chi pensa che con lui si possa arrivare ad un accordo su candidati condivisi aumentando così, di fatto, la possibilità per la maggioranza di aumentare i propri spazi a 8 a 2. Per quanto riguarda le donne, sulle candidature si dovrebbe rispettare la recente riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm (legge n.71 del 2022) che prevede un equilibrio di genere.

Cosa non facile perché, si osserva, si possono anche mettere in lista delle donne, ma il Parlamento, alla fine, potrebbe anche decidere di non votarle. Il compito di proporre candidature al femminile sembra che tocchi a FI che sarebbe pronta a mettere in campo Mirella Cristina e Fiammetta Modena. Ma la partita Csm, si osserva nella maggioranza, sarebbe legata anche ad altre come quella delle presidenze delle Bicamerali sulle quali sarebbe in corso un durissimo braccio di ferro.

Protagonisti della trattativa sarebbero i vertici dei vari partiti, ma ad ascoltare tutti e a tirare le somme ci sarebbero anche alte cariche parlamentari. Tra i nomi che continuano a circolare, oltre alle due donne, ci sono quelli di Pierantonio Zanettin, Ciro Falanga, Roberto Cassinelli per FI, mentre per la Lega sono ancora in campo Francesco Urraro e Fabio Pinelli. Per FdI in pole c’è sempre Giuseppe Valentino. Abbottonatissimo il Pd che ha incaricato Anna Rossomando di gestire il dossier.

L’unica cosa certa, per ora, è che da parte di tutti, soprattutto dell’opposizione, sarà difficile indicare nomi divisivi visto che poi potrebbe essere difficile raggiungere il quorum necessario a eleggerli. Una riunione è prevista per martedì mattina, prima del voto fissato per le 16. In caso di fumata nera, l’appello che lancia il responsabile Giustizia di Azione Enrico Costa è quello di andare avanti ad oltranza. Un’intenzione in realtà già espressa informalmente nelle Capigruppo di Camera e Senato che ipotizzano convocazioni ogni martedì, fino all’elezione di tutti e 10 i componenti. Per ora le autocandidatura hanno raggiunto il numero 202.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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Politica

Addio a Giancarlo Gentilini, lo “Sceriffo” di Treviso simbolo della Lega Nord

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È morto a 95 anni Giancarlo Gentilini (foto Imagoeconomica in evidenza), storico sindaco e vicesindaco di Treviso, conosciuto come “lo Sceriffo” per la sua spilla simbolo di ordine, disciplina e rispetto delle leggi. Figura centrale della Lega Nord, è stato per vent’anni un riferimento assoluto per la città e per il movimento federalista e nordista. Gentilini si è spento ieri all’ospedale di Treviso, dopo un improvviso malore. Aveva appena trascorso le festività pasquali con familiari e amici.

Dal 1994 un’era politica fuori dagli schemi

Eletto per la prima volta nel 1994, in piena frattura con la Prima Repubblica, Gentilini ha rappresentato il primo grande esperimento amministrativo della Lega Nord in Veneto. La sua leadership ha ispirato generazioni di sindaci padani. Rimasto in carica fino al 2013, ha saputo imprimere un’impronta personale, carismatica e controversa al governo della città, definendosi “al servizio del mio popolo”.

Una vita di provocazioni e polemiche

Uomo fuori dagli schemi, Gentilini è stato amato e odiato. Amatissimo dal suo elettorato, detestato dalle opposizioni per uscite spesso offensive: frasi contro immigrati, rom, comunità omosessuale, disegni di teschi agli incroci pericolosi e panchine rimosse per evitare che vi si sedessero stranieri. La sua comunicazione era brutale, talvolta al limite del razzismo, ma efficace. Una figura che ha spesso messo in difficoltà anche la sua stessa Lega, incapace di contenerne la dirompenza.

L’ultimo capitolo di una vita sorprendente

Nel 2017 ha perso la moglie, e l’anno successivo, a 89 anni, si è risposato. Un uomo che non ha mai smesso di sorprendere, nel bene e nel male. Sempre fedele alla sua immagine, sempre diretto, spesso divisivo, ma instancabile e coerente con il proprio sentire.

Il cordoglio delle istituzioni

Tra i primi a ricordarlo, Luca Zaia, presidente del Veneto: «È stato un grande amministratore, ha saputo intercettare i sentimenti del popolo. Ha fatto la storia di Treviso e del Veneto». Lorenzo Fontana, presidente della Camera, ha parlato di «dedizione totale alla città». Il sindaco di Treviso, Mario Conte, ha espresso il dolore dell’intera comunità: «Il nostro Leone è andato avanti. Ha scritto la storia».

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