Collegati con noi

In Evidenza

Coppa d’Africa: sale a 8 vittime bilancio ressa a Yaoundé

Pubblicato

del

E’ salito a 8 il numero delle vittime di una ressa, formatasi per motivi poco chiari, all’entrata dello stadio di Yaounde’, in Camerun, prima della partita tra la nazionale e la squadra delle Comore valida per la Coppa d’Africa. Tra i morti anche un bambino mentre un neonato, calpestato dalla folla, e’ stato ricoverato in ospedale. Lo ha precisato un rapporto preliminare del Ministero della Salute ottenuto dall’AFP. “Sono stati registrati otto decessi”, secondo il rapporto, incluso un bambino. Un primo rapporto fornito in precedenza dalla televisione di Stato riferiva di una “mezza dozzina di morti e decine di feriti”. Secondo il ministero della Salute, la ressa si e’ formata all’ingresso sud dello stadio Olembe’. Le vittime sono state “immediatamente trasportate” in ambulanza ma “il traffico stradale intenso ha rallentato i soccorsi”, secondo il rapporto. Secondo il ministero della Salute, anche un neonato e’ stato calpestato dalla folla. Il piccolo, “immediatamente soccorso e portato all’ospedale generale di Yaounde’” e’ in condizioni “clinicamente stabili”.

Secondo le ultime informazioni, una folla si sarebbe assiepata davanti all’ ingresso meridionale dello stadio Olembe nella capitale camerunese di Yaounde per vedere la nazionale del Paese ospitante giocare contro le Comore, forse quando la struttura aveva gia’ esaurito i posti disponibili. Sebbene la capacita’ dello stadio di 60.000 spettatori sia stata limitata per paura del coronavirus, il limite del 60% viene portato all’80% quando giocano gli ‘Indomitable Lions’. “Sono stati registrati otto decessi, due donne sulla trentina, quattro uomini sulla trentina, un bambino, una persona portata via dalla famiglia”, riferisce un rapporto del ministero della Salute camerunese ottenuto dall’Afp. Circa 50 persone sono rimaste ferite nella calca, due delle quali con ferite multiple e altre due con gravi ferite alla testa, ha detto il ministero. La federazione calcio camerunese terra’ una “riunione di crisi” con il comitato organizzatore questa mattina alle 9:30, dedicato esclusivamente ai problemi relativi alla sicurezza negli stadi. Quelli del Camerun, in particolare, non sarebbero adeguati ad ospitare partite di un certo rilievo, tanto che nel 2019 il Paese avrebbe dovuto ospitare la Coppa d’Africa ma l’evento fu trasferito in Egitto (A

Advertisement

Esteri

Iran, mistero sull’esplosione a Bandar Abbas: otto morti e oltre 700 feriti

Pubblicato

del

Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a otto morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.

Le cause restano misteriose

Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.

L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili

Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.

Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.

Israele nel mirino dei sospetti

Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.

L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.

Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano

L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.

La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.

Continua a leggere

Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

Pubblicato

del

Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

Continua a leggere

In Evidenza

Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

Pubblicato

del

“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto