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Politica

Conte lavora a decreto da 60 miliardi,tensione Pd-M5s su Mes

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Circa sessanta miliardi soltanto ad aprile e poi altre decine di miliardi nel corso dell’anno. Serve una iniezione di fondi davvero “poderosa” per sostenere un’economia che secondo le previsioni del Fmi registrera’ un Pil al -9,1%. Ecco perche’ – mentre il Tesoro annuncia l’emissione di un nuovo bond per i risparmiatori retail – il premier Giuseppe Conte punta tutto sulla partita che giochera’ in Europa nei prossimi dieci giorni. L’obiettivo e’ un piano da 1500 miliardi, con gli Eurobond, che porti all’Italia circa 200 miliardi. Ma nella battaglia il governo si presenta sorretto da una maggioranza divisa: il Pd, insieme a Iv, apre all’utilizzo dei fondi del Mes, fino a 36 miliardi che potrebbero servire a finanziare anche le misure attese nel decreto di aprile. Ma il M5s ribadisce il suo “no”. E si apre una faglia che potrebbe emergere in Parlamento quando, forse la prossima settimana, Conte riferira’ in vista del Consiglio europeo del 23 aprile. Non cambia la posizione del premier, spiegano da Palazzo Chigi: ha definito il fondo salva stati “inadeguato” e si batte per un fondo per la ripresa che possa da subito finanziare uno strumento fiscale di portata ingente come gli Eurobond. Nei contatti con i leader europei e’ su questo tasto che continuera’ a battere Conte. Ma il Pd, con Romano Prodi a fare da apripista, si batte perche’ anche l’utilizzo del Mes non venga escluso a priori: “Se la nostra sovranita’ sara’ garantita e l’Europa ci dara’ dei soldi per la sanita’ allora dovremo ragionare sul perche’ non dovremmo usufruirne”, dice Nicola Zingaretti. Sia perche’, spiegano fonti Dem, in una crisi di portata cosi’ vasta nessuna risorsa puo’ essere esclusa, sia perche’ l’adesione al fondo potrebbe far accedere all’Omt, ossia l’acquisto illimitato di titoli di Stato da parte della Bce.

Lo stesso Conte, secondo alcune fonti di maggioranza, potrebbe valutare, a valle della trattativa europea, di aprire a questa possibilita’ (magari con il sostegno di un pezzo di M5s). Ma il premier non avrebbe voluto aprire il dossier subito, per non essere indebolito nella trattativa Ue dalle divisioni della sua maggioranza. “Conte ha detto che il Mes e’ uno strumento antiquato – dice Luigi Di Maio – le polemiche rischiano di indebolire il governo”. Il voto delle Camere sulla risoluzione in vista del Consiglio Ue questa volta potrebbe essere un passaggio assai doloroso. Tanto piu’ che si rompe pure il fronte di opposizione, con Silvio Berlusconi che definisce un “errore clamoroso” non aderire al Mes, osteggiato da Salvini e Meloni. Qualche senatore di Fi avrebbe ventilato al Pd la possibilita’ di votare con la maggioranza se sul Mes il M5s si dovesse spaccare. Tutti movimenti, questi, visti con sospetto da fonti pentastellate. Che avrebbero poco gradito anche la proposta di Renzi di dare a Vittorio Colao, appena nominato a capo della task force per la “fase 2”, un ruolo da ministro (“L’obiettivo nascosto e’ sostituire con lui il premier?”, si domandano fonti M5s). Per la nomina a ministro servirebbe pero’ una legge che autorizzi ad allargare la squadra di governo. E anche Zingaretti dal Pd frena: “La scelta migliore e’ la terzieta’”. La task force guidata da Colao torna a riunirsi in videoconferenza, in un incontro di quattro ore al quale questa volta non prende parte Conte. Gia’ venerdi’ potrebbe arrivare la prima relazione, sulla base della quale Conte e il governo saranno chiamati a fare le loro scelte. Tra le misure allo studio ci sono sia la “app” per le autocertificazioni e il tracciamento dei contagiati, sia protocolli per la ripartenza, con orari di lavoro flessibili, smart working. E poi regole diverse per aree geografiche e fasce di eta’. E la possibilita’ di far ripartire alcuni settori, come la moda, prima del 4 maggio. Quanto alle misure economiche, e’ atteso per fine aprile un decreto da circa 60 miliardi (che in parte si vorrebbero coprire con misure Ue) per il rinnovo della cassa integrazione, il bonus da 800 euro per gli autonomi, i congedi parentali, una forma di “reddito di emergenza” e anche lo slittamento – su cui e’ in corso una riflessione – di plastic e sugar tax. Si ragiona anche di misure per i cantieri. E il ministro Dario Franceschini vede le regioni sul turismo: si studia un sostegno alla liquidita’ di un settore pesantemente colpito, ma anche un un voucher per le vacanze e regole uniformi in tutto il Paese per andare in spiaggia. Di sicuro sara’ “un’estate italiana”.

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Politica

Piantedosi: io governatore in Campania? Assolutamente no

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“No, assolutamente no” risponde il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ai cronisti che gli chiedono se il botta e risposta andato in scena stasera a Napoli con il governatore campano Vincenzo De Luca non possa considerarsi il prologo di una prossima campagna elettorale per il ruolo di governatore campano dopo che nei giorni scorsi il nome del titolare del Viminale è circolato sui media, sponsorizzato da esponenti locali della Lega. “Se volete vado dal notaio. Io sono contentissimo – sottolinea Piantedosi – di fare il ministro dell’Interno, e potete immaginare come per me che vengo da una carriera nell’amministrazione statale, dopo aver fatto il prefetto, se non è questo il massimo della soddisfazione. Con tutto il rispetto per altri ruoli – ha ribadito – ma assolutamente no”.

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Economia

Ocse, in Italia il cuneo fiscale supera il 45% nel 2023

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Per il lavoratore ‘single’ in Italia il peso delle imposte complessive sul salario è in media del 45,1%, sostanzialmente stabile rispetto al 2022 (era del 45%). E’ quanto emerge dal rapporto Ocse per il 2023 ‘Taxing Waging. Il cuneo fiscale nell’Ocse è stato del 34,8% in media nel 2023 (34,7% nel 2022) e l’Italia figura al quinto posto per l’incidenza più alta tra i 38 Paesi Ocse, dopo Belgio (52,7%), Germania (47,9%), Austria (47,2%) e Francia (46,8%). In Italia, le imposte sul reddito e i contributi previdenziali del datore di lavoro rappresentano insieme il 90% del cuneo fiscale totale, mentre la media Ocse è del 77%. Per un lavoratore spostato con due figli il cuneo è invece inferiore e vede l’Italia all’ottavo posto con il 33,2% (era al nono posto nel 2022), rispetto a una media Ocse del 25,7%.

Tra il 2000 e il 2023 il cuneo fiscale per il lavoratore single è sceso di 2 punti percentuali (dal 47,1 al 45,1%). Nello stesso periodo nei paesi Ocse è sceso di 1,4 punti percentuali (dal 36,2 al 34,8%). Tra il 2009 e il 2023 invece il cuneo fiscale per il lavoratore medio single in Italia è sceso di 1,7 punti percentuali. Durante questo stesso periodo, il cuneo fiscale per il lavoratore single nei paesi Ocse è aumentato lentamente fino al 35,3% nel 2013 e nel 2014, scendendo al 34,8% nel 2023. L’aliquota fiscale netta del dipendente single in Italia nel 2023 è stata in media del 27,7% nel 2023, rispetto alla media Ocse del 24,9%. Tenendo conto degli assegni familiari e delle disposizioni fiscali, l’aliquota fiscale media netta del dipendente per un lavoratore sposato con due figli in Italia era del 12% nel 2023, il 26esimo valore più basso nei Paesi Ocse, e si confronta con il 14,2% della media Ocse.

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Politica

Mattarella: sull’antifascismo unità del popolo è doverosa

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Un regime “disumano” che “negava l’innegabile” attraverso una strettissima censura dei giornali, che “non conosceva la pietà”, che educava i bambini “all’obbedienza cieca ed assoluta”. Un regime, quello fascista, “totalmente sottomesso” a quello hitleriano nonostante le velleità di grandezza, inginocchiato ai nazisti che “ci consideravano un popolo inferiore”. Sergio Mattarella si spende il suo 25 aprile per una contundente lezione di storia che non lascia alcuno spazio ai revisionismi. Il presidente della repubblica ha scelto la cittadina toscana di Civitella Val di Chiana, dove i nazisti uccisero a freddo quasi 250 civili per ritorsione compiendo così un “gravissimo crimine di guerra”.

Mentre le piazze italiane ospitavano tra le tensioni una serie di manifestazioni nelle quali il ricordo del nazifascismo si sbiadiva nella contestazione ad Israele per i suoi sanguinosi attacchi sulla striscia di Gaza, il capo dello Stato almanaccava gli orrori compiuti dal fascismo, le sue codardie, il collaborazionismo con i nazisti fino all’ultimo tragico errore della repubblica di Salò, “il regime fantoccio instaurato da Mussolini sotto il controllo totale di Hitler”. Una serie potente di ricordi e citazioni per chiudere la porta, evidentemente Mattarella ne sentiva la necessità anche in questo turbolento 2024, a quei venticelli che soffiano distinguo e giustificazioni da e verso i palazzi della politica, quasi a voler mettere sullo stesso piano chi combattè per la libertà e chi quella libertà l’aveva svenduta ai nazisti. Un discorso tutto teso quindi alla “memoria” senza la quale, ha sottolineato, “non c’è futuro”.

Al presidente della Repubblica è stato necessario ripercorrere con crudezza la realtà storica per arrivare al cuore del messaggio di questo suo intervento per la Festa della “liberazione” che non è una festa della “libertà” genericamente intesa. C’è stato chi ha liberato e chi ha collaborato con i nazisti. “L’antifascismo” dovrebbe far parte del dna degli italiani, sembra dire Mattarella, ed è forse frustrante doverlo ripetere ad ogni 25 aprile. La costituzione nasce dalla Liberazione, da quanti la resero possibile, e non ci dovrebbero essere divisioni sulla giustezza dei valori che compongono e strutturano la parola “antifascista”, peraltro “fondanti” della stessa Costituzione. “Intorno all’antifascismo – ha spiegato il presidente – è possibile e doverosa l’unità popolare, senza compromettere d’altra parte la varietà e la ricchezza della comunità nazionale, il pluralismo sociale e politico, la libera e mutevole articolazione delle maggioranze e delle minoranze nel gioco democratico”.

Se l’anno scorso da Cuneo Mattarella chiuse il suo discorso con una frase ad effetto ed altamente simbolica, “ora e sempre Resistenza!”, dalla Toscana ha articolato il ragionamento parlando del “riscatto morale” che rimise in piedi l’Italia: “L’8 settembre, con i vertici del Regno in fuga, fece precipitare il Paese nello sconforto e nel caos assoluto. Ma molti italiani non si piegarono al disonore. Scelsero la via del riscatto. Un riscatto morale, prima ancora che politico, che recuperava i valori occultati e calpestati dalla dittatura. La libertà, al posto dell’imposizione. La fraternità, al posto dell’odio razzista. La democrazia, al posto della sopraffazione. L’umanità, al posto della brutalità.

La giustizia, al posto dell’arbitrio. La speranza, al posto della paura”. Ed anche, è il non detto, il coraggio di prendere le armi per ritrovare una dignità che si era perduta sin dal lontano 1924. L’anno dell’omicidio di Giacomo Matteotti voluto da Mussolini, eseguito dai suoi sgherri, coperto proprio da quel fascismo nascente che con l’uso compiacente dei media di allora, coprì, depistò ed insabbiò. Il coraggioso politico socialista ed antifascista del quale si celebrano i 100 anni dell’omicidio e la cui figura il presidente ha voluto ricordare perchè già allora il fascismo svelò “i suoi veri tratti brutali e disumani”.

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