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Conte al rush finale in Ue, sale tensione con M5s-Pd

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Fare presto, restare ambiziosi, perche’ scelte al ribasso e tardive danneggerebbero il mercato unico e quindi non solo l’Italia, ma anche Paesi come l’Olanda. E’ questo il messaggio che il premier Giuseppe Conte porta al premier olandese Mark Rutte. Il presidente del Consiglio vola all’Aja, dopo essere stato a Venezia per il Mose e a Pellestrina per dimostrare ai cittadini ex alluvionati la sua presenza, concreta. Il confronto con il leader dei Paesi “frugali”, che frenano sulla proposta di Recovery fund da 750 miliardi confermata dal presidente del Consiglio Ue Charles Michel, e’ una tappa cruciale nel ‘tour’ diplomatico di Conte in vista del vertice del 17 e 18 luglio. E un tassello importante della partita che il premier si sta giocando in Europa, per dare ossigeno a un Paese in profonda crisi e anche a un governo ogni giorno piu’ fibrillante. Con le voci di rimpasto che si susseguono, nonostante le smentite. E sospetti ricorrenti su manovre per nuovi governi. Come quelli alimentati dalla notizia di un incontro di Luigi Di Maio con Mario Draghi, nonostante fonti vicine a Di Maio assicurino che si e’ trattato di un colloquio istituzionale: “Il ministro e’ al lavoro e segue il negoziato europeo anche con colloqui come quello con Draghi, presunti complotti sono evidentemente legati alla malafede di qualcun altro”. Il ministro degli Esteri ha incontrato l’ex presidente della Bce lo scorso 24 giugno. Si sono confrontati, spiegano fonti vicine al ministro, su alcuni dati economici, visto il profilo e la caratura dell’interlocutore. E il colloquio, viene riferito da chi ne e’ poi stato informato, avrebbe lasciato un’ottima impressione reciproca. Nessun accenno a temi politici, assicurano le stesse fonti: non avrebbe avuto senso.

Di Maio ha incontrato Draghi “da ministro degli esteri” e nel suo ruolo “da’ il massimo sostegno a Conte all’azione del governo”. Tutto qui? Tra i parlamentari Dem c’e’ chi intravede un lavoro del ministro sul proprio profilo istituzionale, per poter contendere in futuro a Conte la premiership. E anche tra i Cinque stelle la notizia impazza nelle chat dei deputati e nelle conversazioni si rincorre l’ipotesi di un lavorio per un cambio di governo (magari con Draghi premier di una maggioranza piu’ larga). Ma dallo staff di Di Maio smentiscono seccamente. I parlamentari vicini al ministro respingono le accuse di chi sostiene che dell’incontro non fosse informato nessuno, neanche Conte. E tra i piu’ irritati per la recente apertura di Conte all’interlocuzione con Berlusconi e per “il continuo valzer” su Autostrade, c’e’ chi invita a “guardare la luna invece che al dito”: “Non c’e’ nulla di nascosto e non si possono cercare capri espiatori, se Conte e’ in difficolta’ per sua responsabilita’ – dice un pentastellato – Lo scontro col Pd lo ha aperto il premier, non Di Maio”. Il riferimento e’ agli attriti recenti con i Dem, da ultimo quello sul dossier Autostrade. Poco sono piaciuti ai Democratici alcuni retroscena che hanno accreditato l’insofferenza di Conte per i rinvii dei ministri De Micheli e Gualtieri. E anche se nel Pd c’e’ chi e’ critico verso alcune scelte della ministra delle Infrastrutture, dal Nazareno si incarica Andrea Orlando di dire che e’ “il governo” (leggi, Conte), a dover “decidere” senza incolpare gli altri dei ritardi. Dall’annuncio della proroga dello stato di emergenza, che i Dem chiedono di fare in Parlamento, ai rinvii sulla legge elettorale, fino a decisioni sollecitate su dossier come l’Ilva, dal Pd trapelano molte ragioni di insofferenza. Non sembra piu’ reggere la tregua siglata in un incontro dieci giorni fa da Conte con Nicola Zingaretti.

Il Consiglio dei ministri su Aspi si annuncia di fuoco. E, nonostante il premier abbia smentito, si rincorrono le voci di un rimpasto. Si fanno i nomi di De Micheli, ma anche Nunzia Catalfo e Lucia Azzolina. Si ipotizza l’ingresso nel governo di Zingaretti e Vito Crimi. Si vedra’ probabilmente a settembre, dopo il voto regionale. Intanto Conte si mostra concentrato sulla partita europea. Mercoledi’ sara’ in Parlamento a chiedere un mandato in vista del vertice Ue. I gruppi parlamentari sono gia’ al lavoro per una risoluzione di maggioranza che blindi quel mandato evitando il nodo politicamente piu’ spinoso, i fondi del Mes (anche se resta l’insidia di una risoluzione annunciata da Emma Bonino). Conte provera’ a rendere il Mes meno ‘pesante’, portando a casa un Recovery fund come da aspettative. L’approccio, spiegano fonti di Palazzo Chigi poco prima dell’incontro a cena con Rutte a L’Aja, e’ costruttivo.

La proposta di Michel, presentata in giornata, conferma gli obiettivi di fondo di Next Generation Ue e del piano finanziario pluriennale (ma la proposta non soddisfa l’Italia). L’Italia e’ pronta a sostenere al Consiglio europeo un pacchetto complessivo che rappresenti realmente una risposta credibile e tempestiva alla crisi epocale generata dal Coronavirus. Di fronte avra’ i Paesi “frugali”, che chiedono risorse minori a fronte di impegni piu’ stringenti, e quel fronte del Nord che ha imposto il nuovo presidente dell’Eurogruppo. Rutte insiste perche’ le risorse vengano date a fronte di riforme. Quell’impegno, gli spieghera’ Conte, c’e’. Ma l’Italia chiede uguale impegno per una risposta corposa e tempestiva, senza altri rinvii. Per Roma non e’ ancora il momento di minacciare veti sul Quadro Finanziario pluriennale (sui “rebates”, in particolare) come leva per arrivare ad una soluzione sul Recovery fund. Ma la partita si giochera’ su piu’ tavoli.

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Pioli più lontano, forse è Conte il nuovo allenatore del Napoli

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La panchina del Napoli potrebbe presto vedere un cambio significativo con due grandi nomi del calcio italiano in lizza per il ruolo di allenatore capo: Antonio Conte e Stefano Pioli. Il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, ha un chiaro favorito tra i due: l’ex allenatore di Inter e Juventus, Antonio Conte, considerato l’uomo ideale per avviare un nuovo ciclo vincente al club.

Secondo quanto riportato da “La Repubblica”, De Laurentiis è disposto a offrire a Conte un contratto triennale con un compenso sostanzioso e piena libertà di manovra sul mercato, nella speranza di sedurre il tecnico toscano, che sembra attendere offerte da club di maggior prestigio europeo.

Nonostante l’interesse per Conte, il Napoli non ha escluso altre opzioni. Stefano Pioli, che recentemente sembrava perdere terreno, rimane una valida alternativa. Anche Gian Piero Gasperini è stato menzionato come possibile candidato, sebbene per ora rimanga solo un’ipotesi.

Il Napoli, dopo una stagione al di sotto delle aspettative, è alla ricerca di un rinascimento che possa rinvigorire la squadra e riacquistare la fiducia dei tifosi. La rosa attuale è considerata competitiva, e Conte, se dovesse accettare l’incarico, ha richiesto di mantenere i giocatori chiave, ad eccezione di quelli in partenza come Zielinski e Osimhen.

Il futuro allenatore del Napoli avrà il compito di ripristinare il morale e ottimizzare le prestazioni di una squadra che, nonostante le difficoltà, lotta ancora per un posto nelle competizioni europee. La decisione finale sull’allenatore sarà probabilmente annunciata al termine della stagione, quando il club avrà un quadro più chiaro delle sue prospettive europee e potrà pianificare con maggiore certezza il futuro.

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Britney Spears patteggia col padre Jamie, paga le spese legali

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Britney Spears e il padre Jamie non andranno al processo sul pagamento delle spese legali che lui ha sostenuto nella pluriennale battaglia per mantenere la figlia sotto tutela legale. Secondo il sito di gossip Tmz, alla cantante non toccherebbe neanche un centesimo, mentre starebbe ora a lei pagare i costi degli avvocati di lui, pari, secondo alcune fonti, a due milioni di dollari.

L’intesa, siglata dai legali delle parti presso la Superior Court di Los Angeles e i cui termini economici non sono stati in realta’ ufficialmente resi noti, arriva piu’ di due anni dopo la liberazione di Britney dal ferreo controllo legale che dal 2008, dopo un paio di molto pubblicizzati episodi di crollo mentale, Jamie aveva esercitato su ogni aspetto della sua vita. Sempre secondo Tmz, che per primo ha dato la notizia dell’accordo, la cantante sarebbe furiosa: il suo avvocato Mathew Rosengart le aveva assicurato di avere la vittoria in tasca, mentre sarebbe lei adesso a dover aprire il portafogli.

Sembra dunque lontana una riconciliazione sul fronte degli affetti. “Jamie ama moltissimo Britney e non vorrebbe altro che tornare ad essere una famiglia con lei”, ha detto l’avvocato de padre, Alex Weingarten. Ufficialmente pero’ un altro capitolo della vita di Britney e’ finalmente chiuso. “Anche se la tutela legale e’ stata revocata nel novembre 2021, il desiderio di Britney di liberta’ e’ ora veramente completo”, ha detto Rosengart: “La liberta’ include anche non dover piu’ avere a che fare con i tribunali a causa di questa vicenda”.

Jamie Spears aveva chiesto alla magistratura di far pagare a Britney le spese legali da lui sostenute nel contenzioso. La pop star si era opposta sostenendo che il padre si era autostipendiato per oltre sei milioni di dollari durante i 13 anni della custodia legale, aveva impropriamente messo la figlia sotto sorveglianza e compiuto vari pasticci finanziari. “Le parti hanno risolto le questioni in sospeso”, ha detto Weingarten, mentre Jamie si e’ detto “felice che ora sia tutto finito”, pur essendo “dispiaciuto delle accuse irresponsabili fatte nei suoi confronti in pubblico”.

Il patteggiamento chiude dunque senza troppo clamore una vicenda per anni sotto i riflettori dei media in cui accuse e vetriolo erano state scambiate tra padre e figlia con Britney che a un certo punto aveva dichiarato in tribunale che avrebbe voluto vedere Jamie in prigione. Un nuovo processo, che avrebbe dovuto cominciare in maggio, e’ stato a questo punto evitato. Dalla fine della tutela legale Britney Spears si e’ sposata e ha divorziato. Ha pubblicato un libro di memorie intitolato The Woman in Me che ha venduto oltre due milioni di copie ma, con l’eccezione di un duetto con Elton John (Hold Me Closer) e un altro con Will.i.am (Mind Your Business), non e’ piu’ tornata a cantare.

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Superbonus, detrazione in 10 anni e controlli ai Comuni

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Estendere la detrazione del Superbonus da 4 a 10, o anche 15 anni. Coinvolgere i Comuni nei controlli ai cantieri, con in cambio un ‘premio’ pari al 50% dei maggiori incassi. Poter usare il credito della detrazione per pagare le tasse. Ed estendere le deroghe allo stop della cessione e dello sconto in fattura anche ad altre aree colpite da eventi sismici, o alluvionali. Sono alcune delle principali richieste con cui è partito l’assalto dei partiti al decreto Superbonus. Ma dopo gli allarmi piovuti da più parti sull’impatto sul debito della spesa ormai abnorme per il maxi incentivo e sui rischi di un nuovo allentamento, si restringono gli spazi per eventuali modifiche. Su una cosa il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è già detto favorevole: l’ipotesi di spalmare le detrazioni sul Superbonus su 10 anni, anziché i 4 attuali.

E proprio in questa direzione vanno diversi emendamenti, anche bipartisan, presentati alla commissione Finanze del Senato, in cui figura anche l’ipotesi di allungare i tempi a 10 o anche a 15 anni. In particolare, alcune proposte avanzate da Fi, Lega, Iv e M5s, riguardano le detrazioni, prevedendo, per le spese sostenute nel 2023, la possibilità di ripartirle in “dieci quote annuali di pari importo”. Opzione possibile attraverso la dichiarazione dei redditi di quest’anno. L’altra strada proroga uno strumento già previsto per le spese del 2022 nel dl Aiuti quater, che agiva sul fronte dei crediti di imposta: gli emendamenti prevedono la possibilità di usarlo anche per i crediti comunicati entro il “4 aprile 2024”, spalmandone così l’utilizzo su dieci anni, anziché sui quattro ordinari. Se la prima strada consentirebbe un ampliamento della platea dei beneficiari, la seconda avrebbe invece un impatto positivo sul debito.

Che, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio, resterebbe abbondantemente sotto quota 140%. Riguarda le detrazioni anche la proposta, in due emendamenti uguali di Fi e Iv, di poter trasformare l’importo della detrazione per gli interventi con i bonus edilizi in credito d’imposta: questo permetterebbe al contribuente di usare il credito per pagare non solo l’Irpef ma anche l’Iva, le ritenute, l’Imu, la cedolare secca; salvando così l’ammontare eccedente i limiti dell’imposta (Irpef o Ires) con cui la detrazione è oggi ammessa in dichiarazione. Ma le richieste dei partiti si concentrano anche sull’estensione delle deroghe allo stop della cessione e dello sconto in fattura, che il decreto limita alle zone colpite dal sisma del 6 aprile 2009 e 24 agosto 2016 in Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria. Una proposta bipartisan chiede di estendere (ma con un tetto alla deroga di 100 milioni per il 2024) la deroga anche alle aree – per cui sia stato dichiarato lo stato d’emergenza – colpite dagli eventi sismici verificatisi dal primo aprile 2009 e dagli alluvioni del 2022 nelle Marche.

Ma le richieste di deroga sono molte e interessano diversi territori colpiti da eventi sismici o alluvionali, dall’Emilia Romagna a Ischia, dal Molise a Calabria e Basilicata, dai Campi Flegrei all’area etnea. E’ firmata dalla Lega, ma nasce da un’idea della commissione, infine, la proposta di coinvolgere i Comuni nei controlli ai cantieri del Superbonus. L’emendamento, del presidente della Finanze Massimo Garavaglia, ha l’obiettivo di “potenziare” il contrasto alle frodi e prevede per i Comuni un incentivo pari al 50% delle somme e sanzioni eventualmente incassate. In attesa della scrematura dei 355 emendamenti depositati in commissione, l’esame riprenderà martedì 30 aprile: si partirà dall’emendamento del governo che proroga di 2 mesi (dal 30 aprile al 30 giugno) il termine per i Comuni per approvare i piani finanziari e le tariffe relativi alla Tari. Insieme al subemendamento del Pd che – spiega la senatrice Cristina Tajani, che lo firma – punta a “far salve le delibere già adottate tra maggio 2024 e la data di entrata in vigore del decreto”.

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