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Cirielli accelera sulla campagna elettorale: spunta l’ipotesi Pisani e cresce il pressing su Lina Lucci

Edmondo Cirielli accelera la campagna elettorale: tra i possibili candidati l’avvocato Angelo Pisani e l’ex segretaria Cisl Lina Lucci. Intanto Fratelli d’Italia nomina nuovi commissari a Napoli e Salerno.

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La campagna elettorale di Edmondo Cirielli, candidato presidente del centrodestra in Campania, entra nel vivo. Al centro dell’agenda, la definizione delle liste elettorali e il consolidamento dell’alleanza con i movimenti civici e moderati.
Durante un incontro a Maddaloni, Cirielli ha presentato la candidatura di Vincenzo Santangelo, ex Italia Viva passato a Fratelli d’Italia, sottolineando che il suo ingresso «rappresenta la volontà della coalizione di allargare al centro».

Con lui sul palco, il deputato Marco Cerreto, la senatrice Giovanna Petrenga e l’eurodeputato Alberico Gambino. Santangelo ha spiegato così il suo passaggio politico:

«Avevo bisogno di tornare in un partito vero, con idee chiare. L’esperienza civica con De Luca è finita: senza di lui non esiste più».

Cirielli non ha risparmiato stoccate agli avversari:

«Fico pur di stare in sella si rimangia ciò che ha detto su De Luca e sul Pd. E De Luca, quando lo insulta, fa il furbo: sa che sta perdendo la Regione e prova a riproporsi come anti-Fico».

Pisani e Lucci, i nomi nuovi per la lista del presidente

Tra le novità in arrivo, spunta la possibile candidatura di Angelo Pisani, noto avvocato e storico legale di Diego Armando Maradona, figura molto conosciuta anche per il suo impegno civico nei Quartieri Spagnoli.
Parallelamente, continua il corteggiamento verso Lina Lucci, ex segretaria regionale della Cisl, che non ha escluso un suo coinvolgimento:

«Sto valutando se candidarmi o sostenere dall’esterno. Accetterei solo se potessi esprimermi in piena libertà».

Cirielli, interpellato sull’ipotesi, ha confermato:

«Sarei onorato di un suo impegno. Ho avuto con lei un ottimo rapporto quando ero presidente della Provincia. Anche se non fosse candidata, mi piacerebbe coinvolgerla nel futuro governo regionale».

Oggi è attesa anche l’adesione del movimento “Sud Protagonista” di Salvatore Ronghi, che porterà con sé un gruppo di candidati nella lista del presidente, tra cui la consigliera uscente Maria Muscarà, ex Movimento 5 Stelle.

Cirielli all’attacco: «Fondi europei sprecati, serve il modello Meloni»

Nel suo intervento, Cirielli ha criticato duramente la gestione dei fondi europei da parte del governo regionale:

«Dei fondi Fesr 2021-2027 solo il 16% è stato effettivamente utilizzato. Basta scaricare le responsabilità: le risorse ci sono, ma serve una rete efficiente sul territorio per sfruttarle fino in fondo».

Il modello da seguire, spiega il candidato del centrodestra, è quello del governo nazionale:

«Il modello Meloni ha garantito stabilità e crescita, con oltre un milione di nuovi lavoratori in Italia. È quello che vogliamo portare anche in Campania».

Fratelli d’Italia: tensioni interne e nuovi commissari

Sul fronte interno, Fratelli d’Italia registra qualche scossa dopo le nomine decise da Giorgia Meloni.
A Napoli, Sergio Rastrelli e Marta Schifone sono stati nominati rispettivamente commissari cittadino e provinciale, dopo la candidatura al Consiglio regionale di Marco Nonno e Ira Fele, moglie del coordinatore provinciale Michele Schiano di Visconti.
A Salerno, la deputata Imma Vietri prende il posto di Giuseppe Fabbricatore, anche lui candidato.

Il commissario regionale Antonio Iannone minimizza:

«È prassi del partito nominare dei reggenti durante le campagne elettorali per garantire pari dignità a tutti i candidati».

Ma qualcuno, nei corridoi del partito, fa notare che nella lettera firmata dalla premier si parla di “commissari” e non di “reggenti”: un dettaglio che alimenta il dibattito interno, destinato a chiarirsi solo dopo il voto.

Bandecchi arruola Boccia, si attende Sangiuliano

Intanto nel campo avversario, Stefano Bandecchi, sindaco di Terni e leader di Alternativa Popolare, ha ufficializzato la candidatura dell’imprenditrice Maria Rosaria Boccia, protagonista dell’“affaire Sangiuliano”.
Proprio l’ex ministro della Cultura è dato in pole position come capolista di Fratelli d’Italia, in attesa dell’annuncio ufficiale.

La campagna elettorale campana, intanto, si infiamma. E mentre Cirielli punta su “apertura e radicamento territoriale”, il campo largo e la destra si preparano a una sfida che si annuncia durissima.

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Sinner-Djokovic, vittoria netta: sarà ancora finale con Alcaraz a Riad

Jannik Sinner batte Novak Djokovic e raggiunge Carlos Alcaraz nella finale del 6 Kings Slam di Riad. Una sfida che rinnova la rivalità più emozionante del tennis mondiale.

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Come nel 2024, e come in tante altre occasioni recenti, la finale del torneo-esibizione “6 Kings Slam” di Riad metterà di nuovo uno di fronte all’altro Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, i due volti del tennis del futuro (e ormai anche del presente).

Sinner travolge Djokovic

L’altoatesino, numero 2 del mondo, ha battuto Novak Djokovic in due set secchi (6-4, 6-2), dominando la semifinale con sicurezza e lucidità. Una prestazione di altissimo livello, soprattutto nei turni di servizio e nei colpi di risposta, che conferma il grande stato di forma del tennista italiano.

Alcaraz supera Fritz e vola in finale

In precedenza, Carlos Alcaraz, numero 1 del ranking ATP, aveva sconfitto lo statunitense Taylor Fritz con lo stesso punteggio: 6-4, 6-2. Anche per lo spagnolo, una prova di forza netta sul cemento arabo.

Una rivalità che infiamma il tennis

Domani, dunque, un nuovo capitolo della sfida tra Sinner e Alcaraz, due giocatori destinati a segnare un’epoca. A Riad non ci sono punti ATP in palio, ma solo un ricchissimo montepremi: milioni di dollari per un’esibizione che ha il sapore di una finale Slam.

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Esteri

Trump parla con Putin: “Un grande progresso”. Presto un nuovo vertice a Budapest sulla guerra in Ucraina

Trump e Putin tornano a parlarsi dopo due mesi: “Un grande progresso”. Presto un vertice a Budapest. Intanto Zelensky chiede a Washington nuovi aiuti militari dopo i bombardamenti russi.

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Un grande progresso”. Con queste parole il presidente americano Donald Trump ha commentato la telefonata di due ore e mezza avuta con Vladimir Putin, la prima dopo due mesi di silenzio diplomatico.
Il colloquio, definito da entrambe le parti “franco e incoraggiante”, arriva alla vigilia dell’incontro alla Casa Bianca con Volodymyr Zelensky, dove si discuterà del futuro del conflitto in Ucraina e delle nuove forniture di armi.

Secondo Trump, Putin ha aperto la conversazione congratulandosi per il “grande risultato della pace in Medio Oriente”, e i due leader hanno parlato anche delle prospettive commerciali tra Russia e Stati Uniti dopo la fine della guerra.
Il successo in Medio Oriente aiuterà anche nei negoziati per la pace in Ucraina”, ha detto il presidente Usa, annunciando un nuovo vertice bilaterale con Putin a Budapest, anche se la data non è stata ancora definita.

Il summit in Europa e la soddisfazione di Orban

Il prossimo incontro tra Trump e Putin si terrà nella capitale ungherese, su invito del premier Viktor Orban, che ha salutato la notizia come “una grande opportunità per la pace”.
Si tratterà del secondo summit tra i due leader, dopo quello di Ferragosto in Alaska, e del primo organizzato in territorio dell’Unione Europea, dove peraltro vige ancora il travel ban contro i vertici russi imposto dalle sanzioni europee.

Da minacce militari a dialogo diplomatico

Il cambio di tono da parte di Trump è netto. Solo poche settimane fa, il presidente americano aveva espresso “delusione per Putin”, ventilando la possibilità di inviare a Kiev missili da crociera Tomahawk con raggio d’azione di 2.500 km.
Un’ipotesi che Mosca aveva bollato come “una nuova escalation diretta tra le prime due potenze nucleari del pianeta”, ricordando che tali armi dovrebbero essere gestite da personale americano.

Zelensky a Washington per chiedere Tomahawk e Patriot

Il leader ucraino Volodymyr Zelensky incontrerà Trump alla Casa Bianca per discutere proprio della richiesta di forniture militari, in particolare missili Tomahawk e sistemi di difesa antiaerea Patriot.
Secondo un funzionario ucraino citato da Afp, il colloquio sarà “decisivo per la sopravvivenza del Paese”, alla luce degli ultimi bombardamenti russi sulle infrastrutture energetiche, che hanno provocato interruzioni di corrente in tutte le regioni per il secondo giorno consecutivo.

Kiev sotto attacco: 300 droni e 37 missili russi

In un messaggio su Telegram, Zelensky ha denunciato “attacchi al nostro popolo e al nostro sistema energetico”, precisando che la Russia ha usato oltre 300 droni e 37 missili, molti dei quali balistici.
Le regioni più colpite sono Vinnytsia, Sumy e Poltava, dove infrastrutture civili ed energetiche sono state gravemente danneggiate.

Mosca ha confermato di aver compiuto “un massiccio attacco” contro infrastrutture del gas, sostenendo che esse “sostengono il complesso militare-industriale ucraino”.
Il ministero della Difesa russo ha riferito che sono stati impiegati anche missili ipersonici Kinzhal, giustificando l’operazione come “risposta agli attacchi terroristici ucraini” contro obiettivi civili in Russia.

La guerra dell’energia e l’incognita diplomatica

Anche Kiev continua a colpire infrastrutture russe, sebbene su scala minore. Nella regione di Volgograd, un drone ucraino intercettato ha causato un incendio in una sottostazione elettrica, mentre a Belgorod un attacco di droni ha ucciso un civile e ferito altre tre persone.

Mentre il conflitto prosegue, la telefonata tra Trump e Putin apre uno spiraglio diplomatico, ma resta da capire se la promessa di “grande progresso” potrà tradursi in un reale cessate il fuoco o se sarà solo una pausa tattica in un confronto che continua a minacciare la stabilità globale.

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Esteri

Francia, Lecornu supera le mozioni di sfiducia: il governo regge ma la battaglia sulla manovra si annuncia durissima

Il premier francese Sébastien Lecornu sopravvive alle mozioni di sfiducia con un margine di 18 voti. Macron difende la sospensione della riforma delle pensioni, ma la manovra finanziaria divide la maggioranza.

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Il primo ministro francese Sébastien Lecornu (foto Imagoeconomica) ha superato con un margine di soli 18 voti le mozioni di sfiduciapresentate da La France Insoumise (LFI) e dal Rassemblement National (RN). La vittoria, seppur risicata, consente al governo di restare in carica e di affrontare ora il nodo più difficile: la manovra finanziaria da 30 miliardi di euro che dovrà essere approvata entro fine anno.

Adesso al lavoro! Al lavoro con il dibattito sulla manovra!” ha dichiarato Lecornu ai cronisti fuori da Palazzo Matignon, consapevole che la strada politica resta in salita.

I voti decisivi dei socialisti e del centro

Il governo ha retto grazie ai voti dei Républicains e di gran parte dei socialisti, con solo 7 defezioni su 69 deputati PS. Determinante è stato l’impegno del premier di non ricorrere all’articolo 49.3 della Costituzione, che permette di far approvare le leggi senza voto articolo per articolo, imponendo un voto di fiducia finale.

Lecornu — che si è definito ironicamente il “monaco soldato di Macron” — ha ottenuto così il sostegno del centro e dei moderati, mentre il fronte della sinistra è definitivamente spaccato: il Nuovo Fronte Popolare nato dalle elezioni anticipate del 2024 non esiste più.

Stop alla riforma delle pensioni e la “legge Zucman” dei socialisti

Per assicurarsi l’appoggio dei socialisti, il premier ha sospeso la riforma delle pensioni, permettendo a chi ha raggiunto i 62 anni di lasciare il lavoro senza ulteriori ritardi. Una decisione accolta con favore dalla base socialista ma che ha irritato l’ala macroniana più ortodossa.

Il segretario del PS, Olivier Faure, ha comunque avvertito: “La nostra fiducia non è per sempre”. Il Partito socialista si batterà “articolo per articolo” nella discussione sulla manovra, a partire dalla “legge Zucman”, che prevede una sovrattassa sui super-ricchi, ormai simbolo della sinistra francese.

Macron interviene per tenere unita la maggioranza

Di fronte al malumore dei suoi deputati, il presidente Emmanuel Macron è intervenuto personalmente per chiedere compattezza: “So quanto vi è costata questa sospensione, ma serviva un compromesso per la stabilità del Paese”, avrebbe detto ai suoi, secondo fonti di BFM TV.

Macron ha ribadito che la battaglia sulle pensioni “era e resta giusta”, ma ha riconosciuto la necessità di un passo indietro per garantire la sopravvivenza politica dell’esecutivo in un’Assemblea senza maggioranza assoluta.

Un Parlamento diviso in tre blocchi

La Francia continua così a vivere la sua stagione più instabile: una nazione politicamente tripartita tra centro macroniano, sinistra radicale e destra lepenista, nessuno dei quali in grado di formare da solo una maggioranza.

Il Rassemblement National di Marine Le Pen, pur restando il primo partito nei sondaggi (32-33%), è apparso isolato: solo cinque deputati esterni al RN hanno sostenuto la sua mozione.

Intanto, la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon rilancia la protesta, invocando su X “resistenza popolare e unità sul terreno”, mentre la capogruppo Mathilde Panot annuncia una nuova mozione per la destituzione di Macron.

Dalla prossima settimana, con l’inizio del dibattito sulla legge di bilancio e sulla Sécurité sociale, inizia il capitolo più delicato del governo Lecornu: un esecutivo in bilico, costretto a governare in un Parlamento dove ogni voto può essere decisivo.

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