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Cina-Africa pronte a nuovo decennio cooperazione

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A partire da oggi fino al 13 gennaio, il consigliere di Stato e ministro degli Esteri della Cina, Wang Yi, sara’ impegnato nel suo primo tour all’estero del 2020 in una serie di visite ufficiali in Africa, dove la massima autorita’ diplomatica cinese si reca all’inizio di ogni anno sin dal 1991, confermando cosi’ una tradizione ormai trentennale. Una consuetudine cosi’ radicata che racconta molto della fiorente e fraterna natura delle relazioni tra la Cina e l’Africa. Il 2020 ha inoltre un significato speciale per entrambe le parti, pronte ad intraprendere un nuovo decennio di forti e solidi legami, avvalorati negli anni nel solco della tradizione e di una cooperazione reciprocamente vantaggiosa.

UNA TENDENZA INARRESTABILE: L’ormai tradizionale visita della massima autorita’ diplomatica cinese in Africa all’inizio di ogni anno risale al gennaio del 1991, quando l’allora vice premier e ministro degli Esteri della Cina, Qian Qichen, visito’ quattro diverse nazioni nell’est del continente. Da allora, queste visite in Africaall’inizio dell’anno sono diventate una vera e propria tradizione, visto che anche i successivi ministri degli Esteri cinesi, Tang Jiaxuan, Li Zhaoxing, Yang Jiechi e lo stesso Wang Yi, hanno continuato a scegliere il continente come destinazione per il primo tour all’estero della stagione diplomatica.

L’idea stessa di una tale consuetudine, come ha sottolineato l’ormai scomparso ministro Qian, risiede nella convinzione della Cina che le economie di tutto il mondo siano ormai diventate sempre piu’ interdipendenti, soprattutto a partire dalla fine della Guerra Fredda, e che l’Africa, un vasto gruppo di Paesi all’interno della famiglia delle Nazioni Unite, rappresenti una forza importante negli affari internazionali. Naturalmente, ha detto una volta Qian, “la costituzione di legami di cooperazione amichevoli con l’Africa e’ nell’interesse della Cina”. Inoltre, il Paese asiatico, in qualita’ di maggiore potenza in via di sviluppo al mondo, intende rafforzare la solidarieta’ e la cooperazione con l’Africa e con altre nazioni del terzo mondo, un principio che rappresenta la pietra angolare della politica estera cinese. Questa grande tradizione, ha ribadito la scorsa settimana in conferenza stampa il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Geng Shuang, riflette inoltre la priorita’ della Cina di sviluppare ulteriori legami con l’Africa. Secondo Wu Chuanhua, un ricercatore dell’Istituto per gli Studi sull’Asia Occidentale e l’Africa presso l’Accademia cinese delle Scienze Sociali, il mantenimento di questa consuetudine per 30 anni rappresenta un unicum nella storia della diplomazia, una tradizione apprezzata da entrambe le parti.

I FONDI FOCAC: Quest’anno ricorre il 20/mo anniversario dalla fondazione del Forum sulla cooperazione tra Cina e Africa (FOCAC), un’occasione di dialogo orientata alla promozione della collaborazione tra il Paese asiatico e le nazioni del continente e all’ampliamento del consenso tra le parti su varie questioni di reciproco interesse. Sin dall’inaugurazione del Forum, avvenuta nel 2000, Cina e Africahanno registrato una serie di risultati senza precedenti in termini di cooperazione. Il Paese asiatico ha rappresentato il principale partner commerciale del continente per 10 anni consecutivi. Nel 2018, il volume degli scambi tra la Cina e l’Africa e’ stato pari a 204,2 miliardi di dollari, in crescita del 20% su base annua. In termini di infrastrutture, le competenze e le tecnologie sviluppate in Cina hanno dato vita in Africa a numerosi progetti di enormi dimensioni, quali ferrovie, porti, hub aeronautici e centrali elettriche, volti a trasformare il panorama dei vari Paesi interessati. Nel dicembre dello scorso anno, il Kenya ha inaugurato il servizio di trasporto ferroviario merci tra Nairobi e Naivasha a scartamento standard, che ha esteso la linea tra la capitale keniota e Mombasa per collegare meglio l’entroterra del Paese africano alle coste oceaniche.

“Negli ultimi 20 anni, le relazioni tra Cina e Africa si sono sviluppate in modo completo”, ha osservato il gia’ citato ricercatore cinese Wu. “Oltre al rafforzamento della reciproca fiducia in politica e alle relazioni economiche e commerciali, la cooperazione tra le parti si e’ arricchita e ampliata in nuovi settori come la cultura, l’istruzione e la salute”. Secondo il docente dell’Universita’ di Nairobi, Evariste Irandu, dopo aver raggiunto il proprio sviluppo storico attraverso decenni di duro lavoro, la Cina si e’ impegnata ad aiutare altri Paesi meno fortunati del mondo e uno dei principali beneficiari di questo sforzo e’ proprio l’Africa. Nel dicembre del 2015, in occasione del Forum sulla cooperazione tra Cina e Africa tenuto a Johannesburg, il Paese asiatico svelo’ 10 importanti piani di cooperazione per promuovere l’industrializzazione e la modernizzazione agricola nel continente, sostenuti da un fondo da 60 miliardi di dollari. Alla cerimonia di inaugurazione del Forum FOCAC tenuto a Pechino nel 2018, il presidente Xi Jinping ha annunciato l’ulteriore stanziamento di altri 60 miliardi di dollari di finanziamenti per l’Africa. I fondi promessi dal Paese asiatico al continente africano rappresentano “una chiara testimonianza dell’impegno della Cina”, ha osservato Irandu. Secondo il docente keniota, il Forum sulla cooperazione tra Cina e Africa si fonda su una “collaborazione vantaggiosa per tutti” e le regolari visite ufficiali nel continente da parte di importanti funzionari del governo di Pechino indicano chiaramente la sincera e onesta volonta’ del Paese asiatico di contribuire allo sviluppo africano.

UN NUOVO DECENNIO: Lo scorso anno, il continente ha avviato la fase operativa della nuova African Continental Free Trade Area (AfCFTA), dando vita a quella che potrebbe diventare la maggiore area di libero scambio al mondo, con oltre 1,2 miliardi di potenziali consumatori e un Prodotto interno lordo (Pil) complessivo di 2.500 miliardi di dollari. Le aspettative in merito ai vantaggi di questo nuovo mercato stanno aumentando sempre di piu’, mentre i primi scambi nell’ambito dell’AfCFTA sono previsti a partire dal 1 luglio 2020. Vari funzionari ed esperti ritengono che l’Africa e la Cina amplieranno la propria cooperazione grazie alla piena entrata in vigore di questo trattato internazionale. “La Cina ha mostrato vivo interesse nell’aiutare l’Africa a colmare il proprio enorme divario infrastrutturale, specialmente in termini di sviluppo stradale e delle ferrovie ad alta velocita’”, ha aggiunto il professor Irandu. “Questo aprira’ molte parti inaccessibili del continente al commercio regionale e internazionale”. Grazie all’entrata in vigore della fase operativa dell’AfCFTA, ha sottolineato il commissario dell’Unione africana, Albert Muchanga, intervenuto il mese scorso a una conferenza tenuta in Etiopia, l’iniziativa Belt & Road (BRI) proposta dalla Cina offrira’ al continente una serie di importanti opportunita’ di sviluppo per i propri giganteschi progetti infrastrutturali e per costruire reti di trasporto che colleghino diverse parti dell’Africa. Alla posizione del politico zambiano si e’ unito il ricercatore dell’Accademia cinese delle Scienze Sociali, He Wenping, secondo cui da quando la BRI e’ stata proposta nel 2013 “l’Africa e’ diventata un partner importante della Cina nell’attuazione della Belt & Road”.

 

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‘Da banche Occidente in Russia 800 mln euro in tasse a Cremlino’

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Le maggiori banche occidentali che sono rimaste in Russia hanno pagato lo scorso anno più di 800 milioni di euro in tasse al Cremlino, una cifra quattro volte superiore ai livelli pre-guerra. Lo riporta il Financial Times sottolineando che le imposte pagate, pari allo 0,4% delle entrate russe non legate all’energia per il 2024, sono un esempio di come le aziende straniere che restano nel Paese aiutano il Cremlino a mantenere la stabilità finanziaria nonostante le sanzioni. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “le maggiori sette banche europee per asset in Russia – Raiffeisen Bank International, Unicredit, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, OTP e Intesa Sanpaolo – hanno riportato profitti totali per oltre tre miliardi di euro nel 2023. Questi profitti sono stati tre volte maggiori rispetto al 2021 e in parte generati dai fondi che le banche non possono ritirare dal Paese”.

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Sindaco Istanbul Ekrem Imamoglu contro Erdogan: Hamas è un gruppo terroristico

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Il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, il principale rivale del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, definisce Hamas “un gruppo terroristico” e afferma che la Turchia è stata “profondamente rattristata” dal massacro del 7 ottobre. Intervistato dalla Cnn, il primo cittadino della metropoli turca spiega che “qualsiasi struttura organizzata che compie atti terroristici e uccide persone in massa è da noi considerata un’organizzazione terroristica”, aggiungendo però che crimini simili stanno colpendo i palestinesi e invita Israele a porre fine alla sua guerra contro Hamas.

Il governo turco di Erdogan sostiene apertamente Hamas, ha duramente criticato l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Il leader turco ha paragonato le tattiche del primo ministro Benyamin Netanyahu a quelle di Adolf Hitler e ha definito Israele uno “stato terrorista” a causa della sua offensiva contro Hamas a Gaza.

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Usa: sondaggio “Cnn”, Trump in vantaggio su Biden di 6 punti a livello nazionale

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A poco meno di sei mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump gode del sostegno del 49 per cento degli elettori, in vantaggio di sei punti percentuali sul suo successore Joe Biden, fermo al 43 per cento. Lo indica l’ultimo sondaggio pubblicato dall’emittente “Cnn” ed effettuato dall’istituto Ssrs. Rispetto alla precedente rilevazione condotta lo scorso gennaio, il candidato repubblicano e’ rimasto stabile, mentre l’attuale presidente ha perso il due per cento del proprio consenso. Soprattutto, e’ in miglioramento l’idea che gli elettori hanno degli anni della presidenza Trump. Ora il 55 per cento degli statunitensi considera “un successo” la sua amministrazione, contro il 44 per cento che la definisce “un fallimento”.

Nel gennaio del 2021, pochi giorni dopo l’insediamento di Biden, era il 55 per cento a considerare un fallimento la presidenza di Trump. Al contrario, il 61 per cento ritiene che la presidenza Biden sia stata un fallimento, mentre il 39 per cento la definisce “un successo”. Il sondaggio mostra anche come i repubblicani siano piu’ convinti dell’idea che la presidenza Trump sia stata un successo (92 per cento) rispetto a quanto gli elettori democratici abbiano la stessa opinione della presidenza Biden (solo il 73 per cento). Tra gli indipendenti, l’amministrazione Trump e’ guardata con favore dal 51 per cento, contro il 37 per cento che ha opinione positiva dell’attuale presidenza. Poi vi e’ un 14 per cento che considera un fallimento entrambe le esperienze, e un 8 per cento che invece ritiene un successo sia la presidenza di Donald Trump che quella di Joe Biden.

Il sondaggio rileva anche come il 60 per cento degli elettori disapprovi l’operato dell’attuale presidente e come il tasso di approvazione, attualmente al 40 per cento, sia al di sotto del 50 per cento anche su materie quali le politiche sanitarie (45 per cento) e la gestione del debito studentesco (44 per cento). A pesare sull’opinione che i cittadini Usa hanno di Biden e’ soprattutto la gestione della crisi a Gaza (il 71 per cento disapprova), in particolare nel caso degli under 35 (tra questi e’ l’81 per cento a esprimere valutazione negativa). Non molto meglio il giudizio degli elettori sull’operato della Casa Bianca in economia (solo il 34 per cento approva), tema che il 65 per cento degli intervistati considera “estremamente importante” per il voto di novembre.

Tra questi ultimi, il 62 per cento ha intenzione di votare Trump, il 30 per cento Biden. In generale, il 70 per cento degli elettori si lamenta delle attuali condizioni economiche del Paese, e il 53 per cento si dice insoddisfatto della propria situazione finanziaria. Tale insoddisfazione sale soprattutto tra gli elettori a basso reddito, tra le persone di colore e tra i piu’ giovani. L’impressione per entrambi i candidati resta per lo piu’ negativa (il 58 per cento ha opinione negativa di Biden, il 55 per cento di Trump) e il 53 per cento e’ insoddisfatto delle opzioni a disposizione sulla scheda elettorale il prossimo novembre.

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