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Cile: dopo 50 anni catturato in Usa l’assassino di Victor Jara

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Dopo 50 anni l’ex militare cileno Pedro Barrientos, autore materiale dell’omicidio del cantautore Víctor Jara commesso pochi giorni dopo il colpo di Stato del 1973, è stato arrestato a Daltona, negli Stati Uniti. Il Servizio di controllo dell’immigrazione e delle dogane statunitense ha confermato l’arresto dell’ex membro dell’esercito cileno avvenuto il 5 ottobre scorso, precisando che Barrientos si trova ora in attesa di estradizione in Cile. Secondo documenti in possesso del tribunale, l’ex militare arrivò negli Usa nel luglio 1990 – mesi dopo la fine della dittatura di Augusto Pinochet – utilizzando un visto turistico. Sette anni dopo sposò una cittadina statunitense permettendogli di ottenere la cittadinanza americana.

Tuttavia lo scorso luglio il sistema giudiziario locale ha ritenuto che l’ex militare ottenne la cittadinanza illegalmente, essendo stato responsabile di esecuzioni extragiudiziali e di aver fornito false testimonianze, invalidando l’ottenimento di quello status. Il musicista, attore, regista teatrale e compositore Víctor Jara fu arrestato il 12 settembre 1973, il giorno successivo al colpo di Stato, nel suo luogo di lavoro, l’Università tecnica statale (oggi Università di Santiago del Cile), e trasferito nello Stadio del Cile dove fu brutalmente torturato dopo essere stato riconosciuto dai militari responsabili dell’impianto sportivo. Gli furono rotte le costole a calci e gli furono fratturate le mani con il calcio dei fucili da torturatori, che ironicamente gli chiesero di “suonare la sua chitarra”.

Dopo quattro giorni fu assassinato con più di 40 colpi di arma da fuoco e gettato in terreno abbandonato. Pur se Barrientos ha sempre negato la sua partecipazione al crimine di Jara, lo scorso agosto la Corte suprema cilena ha ratificato all’unanimità la condanna a 15 anni e un giorno di sette ex militari come autori del delitto contro Jara, autore di ‘Te recuerdo Amanda’, ‘Plegaria para un labrador’ ed ‘El cigarrito’.

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Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

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Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

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Il deputato Chiquinho Brazão accusato dell’omicidio di Marielle perde il mandato

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La Camera dei deputati del Brasile ha dichiarato giovedì 24 aprile la perdita del mandato del deputato federale Chiquinho Brazão, uno dei rinviati a giudizio accusati di aver agito come mandante dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, nel 2018. Lo rende noto Agência Brasil. La decisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Camera ed è stata giustificata sulla base dell’articolo della Costituzione che determina la perdita del mandato del parlamentare che “non si presenti in ogni sessione legislativa a un terzo delle sessioni ordinarie della Camera”.

Brazão è stato arrestato nel marzo dello scorso anno ma ha lasciato il carcere all’inizio di aprile di quest’anno dopo che il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, ha concesso gli arresti domiciliari all’oramai ex deputato. Nella sua decisione, Moraes ha concordato con il bollettino medico presentato dal carcere di Campo Grande dove era recluso secondo il quale, Brazão ha una “delicata condizione di salute” con “alta possibilità di soffrire un malore improvviso con elevato rischio di morte”.

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Lavrov, Trump ha ragione su direzione Russia-Usa su Ucraina

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“Donald Trump ha ragione ad affermare che Stati Uniti e Russia si stanno muovendo nella giusta direzione per quanto riguarda la risoluzione del conflitto ucraino”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista alla Cbs, riporta la Tass. “Il presidente degli Stati Uniti crede, e ritengo a ragione, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Le forze armate russe – ha detto ancora Lavrov – stanno conducendo attacchi in Ucraina solo contro obiettivi militari o siti utilizzati dall’esercito ucraino. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già ribadito in più occasioni”.

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