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Cronache

Cameriere pestato al ristorante, scene da far west a Verona

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“Scene da far west, nessuno si sarebbe aspettato niente del genere”: il collega di Cristian Sicuro, il 27enne cameriere di sala del ristorante Maffei di Verona vittima di un pestaggio la sera di martedì 4 aprile solo per aver difeso un altro dipendente mentre serviva ai tavoli, è ancora provato da quanto accaduto. Tutto è avvenuto nel centralissimo locale storico di Piazza delle Erbe, uno dei più conosciuti in città: il cameriere è stato prima preso a pugni e poi colpito con un centrotavola che gli è stato lanciato addosso. Ha riportato un vistoso taglio sotto l’occhio destro e un livido all’occhio.

Dopo l’aggressione, è stato sottoposto a un’operazione al setto nasale, con anestesia totale. La Polizia ha già chiuso nel frattempo il cerchio attorno agli aggressori: il personale delle Volanti ha già identificato la donna di 26 anni che ha preso parte all’azione, residente a Guidonia, in provincia di Roma, che è stata denunciata per lesioni. La sua individuazione è stata resa possibile attraverso le immagini delle telecamere del ristorante fornite dal titolare e il loro confronto con le foto sui social. Le indagini, ora nelle mani della squadra mobile, stanno portando a identificare anche l’uomo, sempre di Guidonia, che ha colpito il cameriere per primo e che sarebbe fuggito.

Il collega di Cristian, che preferisce restare anonimo, sottolinea che la serata si era presentata ‘difficile’ sin dall’inizio, proprio per la presenza, sin troppo rumorosa, della comitiva, divisa in due gruppi ripartiti in due tavolate nella cantina del locale. Il Mafferi è noto a Verona per la presenza di alcuni resti romani a vista e per custodire centinaia di bottiglie pregiate di vino. Complice probabilmente qualche bicchiere di alcol di troppo, la comitiva aveva spostato delle magnum molto costose dagli scaffali. Non contenta, aveva iniziato a importunare con frasi sessiste una cameriera, costretta a chinarsi a terra per raccogliere un piatto di pasta volato sul pavimento. A tutti era stato chiesto, con garbo, di moderarsi, ma al momento dell’uscita la situazione è precipitata. “Discutevo con calma con un giovane di una tavolata che aveva dato fastidio per tutta la cena – ricorda Cristian – .All’improvviso mi ha colpito”. Il cameriere è stato raggiunto da almeno un pugno ed è finito a terra. Quando si è rialzato è stata proprio la ragazza ad accanirsi nuovamente con lui, spaccandogli un centrotavola sul naso. Le volanti, intervenute immediatamente, sono riuscite ad identificare la donna e le due figlie, oltre ad un adulto.

Nel frattempo Cristian è stato trasportato all’ospedale Borgo Trento dove venerdì è stato sottoposto ad un primo intervento per la ricostruzione del setto nasale e gli sono stati applicati tre punti di sutura al sopracciglio, con prognosi di 30 giorni. Sarà necessaria una seconda operazione di chirurgia plastica per restituirgli il volto di prima. E’ ancora incredulo Luca Gambaretto, titolare del Maffei, che si trovava in quel momento alla cassa: ” non te lo aspetti in un posto così: non è mai successo prima – ripete – davvero una cosa folle”.

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Meloni, l’incontro Trump-Zelensky è un evento enorme

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Piccoli, e anche “grandi”, passi diplomatici. Verso quella “pace giusta” che continua a invocare per l’Ucraina. E pure per riavvicinare le due sponde dell’Atlantico divise dai dazi. Nella foto del giorno Giorgia Meloni non c’è. Ma quello che conta, come sottolinea lei stessa, è quel fatto “enorme” che si è svolto al riparo dei marmi della basilica di San Pietro. Quel faccia a faccia tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno “parlato di pace al funerale del Papa della pace”.

Un fatto davvero “storico”, per la premier che con il leader di Kiev si vede poi per quasi un’ora, a Palazzo Chigi. Non una visita di cortesia come quelle dell’amico Viktor Orban e di Keir Starmer, che nello scatto tra le navate con Trump, Zelensky ed Emmanuel Macron invece c’era. Un saluto, un incontro, non certo un “vertice”, dicono dall’esecutivo da cui filtra solo “soddisfazione” per l’esito di una giornata complicata, dal punto di vista logistico quanto da quello geopolitico.

Ma pure la città e la macchina organizzativa e della sicurezza, sottolinea la premier, sono state all’altezza di una giornata che “storica” lo sarebbe stata a prescindere, per l’addio a Francesco. La premier arriva in Vaticano in tailleur e occhialoni neri, con i capelli raccolti in uno chignon basso. E sta “come si deve stare a un funerale, composta”, osserva un ministro. Sul sagrato abbraccia Javier Milei, che poi vedrà per un pranzo informale nel centro di Roma. Ma ha occasione di salutare, tra gli altri, anche la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola.

E di scambiare qualche parola con Ursula von der Leyen. Con la presidente della Commissione c’è una consuetudine che è diventata praticamente “quotidiana” questa settimana. Von der Leyen, dopo avere ipotizzato un vero e proprio vertice, ha invece il suo primo contatto diretto con il presidente Usa a margine dei funerali e si accorda per un incontro, altro esito “molto positivo” secondo l’entourage della premier. Era l’obiettivo che Meloni aveva fortemente perseguito nel viaggio a Washington della scorsa settimana. Certo, possibile che a questo punto non sarà Roma la cornice di un prossimo vertice Ue-Usa (complesso da gestire diplomaticamente ammettono anche ai piani alti del governo), ma per la premier, assicura chi le ha parlato, l’importante era facilitare un dialogo che fino a ieri, di fatto, era assente.

Non si è parlato di commerci e tariffe, non sarebbe stato adatto nel contesto dell’addio solenne al Pontefice, continuano a sottolineare i suoi, non è un funerale l’occasione per vertici politici. Diverso, nei ragionamenti che si fanno ai piani alti del governo, è il dialogo Trump-Zelensky per la pace che la premier avrebbe “lavorato” per favorire. La premier potrebbe averne parlato con il presidente Usa, nel breve scambio al termine del funerale, quando hanno percorso insieme il colonnato di San Pietro per lasciare la Basilica.

Ora “ci si attende che anche la Russia dimostri concretamente la propria volontà di perseguire la pace”, insiste Meloni nella nota diffusa da Roma al termine della visita del presidente ucraino. Che la premier abbraccia nel cortile di Palazzo Chigi prima di chiudersi con lui per il bilaterale nello studio al primo piano. Meloni esprime le condoglianze “anche a nome del governo” per i recenti attacchi russi” che hanno colpito anche Kiev, rinnovando la sua “ferma condanna” e sottolineando “l’urgenza di un cessate il fuoco immediato e incondizionato” oltre alla necessità di un “impegno concreto” di Mosca per avviare “un processo di pace”.

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È morto Franceschini, fu fondatore delle Br

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E’ morto Alberto Franceschini, uno dei fondatori assieme a Renato Curcio e Mara Cagol delle Brigate Rosse. Il decesso è avvenuto l’11 aprile scorso ma la notizia è stata diffusa solo oggi. Franceschini aveva 78 anni ed era stato condannato con sentenza definitiva, tra l’altro, per il sequestro del giudice genovese Mario Sossi e per l’omicidio di due sponenti del Msi avvenuta a Padova nel 1974.

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I migranti e i poveri accolgono l’ultimo Francesco

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Lo hanno atteso sul sagrato di Santa Maria Maggiore con in mano le rose bianche e gli occhi lucidi di chi ha perso un amico. L’ultimo atto terreno Francesco l’ha voluto riservare a loro, gli ultimi, quelli per cui tanto si è speso durante il pontificato e che oggi gli hanno restituito l’ultimo abbraccio prima della sepoltura. Poveri e bisognosi, migranti e transessuali, i ‘diversi’ che nel Papa venuto dalla “fine del mondo” hanno trovato la speranza. “È sceso dal piedistallo per stare tra le persone”, il commento di una fedele che per tutto il giorno ha atteso il feretro in quella che da oggi sarà la ‘casa’ di Francesco. I più fortunati si sono ritrovati alla basilica dell’Esquilino, come Antonino, che viveva per strada.

“Sono stato anche a Santa Marta” racconta oggi ricordando una frase che Francesco gli disse e che non ha mai dimenticato: “Antonino – furono le parole del Papa – non dire mai che sei stanco: aiuta gli altri fino a che non ti reggerai in piedi”. Molti altri altri hanno presenziato alla cerimonia funebre in piazza San Pietro. Tanti ancora, invece, hanno seguito il funerale in televisione a Palazzo Migliori, la residenza che papa Francesco ha donato ai poveri ed è gestita dalla comunità di Sant’Egidio. Ognuno di loro ha una storia da raccontare legata al Pontefice, la cui immagine compare in una delle foto-ricordo della visita del 2019 nell’edificio a due passi da San Pietro. Giù, in strada, ci sono tutti gli altri, ‘sparsi’ per la città per dare l’ultimo saluto al Santo Padre lungo il corteo che dal Vaticano l’ha portato fino a Santa Maria Maggiore.

“Trent’anni fa per me sarebbe stato impossibile essere qui”, racconta Regina, esponente (“non militante”) della comunità Lgbt+ che davanti a Santa Maria Maggiore mostra un cartello con l’effige del Pontefice in cui chiede una cosa semplice e insieme grande: ‘Santo subito’. Santo perché? “Perché con la santità si fermano, si ‘congelano’ i valori di un personaggio – spiega – la sua santità era nell’essere vicino ai poveri, contro la guerra, e con le persone Lgbt+. Quindi meglio farlo santo subito, il prima possibile”. “Qualcuno dice che per la nostra comunità non ha fatto abbastanza – prosegue Regina – Ma io penso che a volte ‘fare’ non è tanto importante quanto ‘dire’. Saranno altri a ‘fare’, ma Francesco intanto ha seminato la sua vicinanza”.

A dare l’ultimo saluto a Francesco anche migranti ed ex senzatetto, quelli per cui ha fatto realizzare servizi di prima necessità nell’area attorno a San Pietro. La stessa piazza dove oggi, seduti con tutti i Grandi della Terra, c’erano anche rappresentanti dell’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i diritti dei rifugiati, e di Mediterranea, l’ong che salva le vite in mare. Sulla loggia del Maggiordomato, invece, c’era l’argentino Sergio Sánchez, il ‘cartonero’ che nel 2013 papa Francesco, appena eletto, volle alla messa di inizio Pontificato nei posti riservati ai propri familiari. Oggi era in uno dei posti più esclusivi della piazza, a guardare dall’alto i 250 mila fedeli giunti a Roma per salutare il “Papa del popolo”.

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