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Politica

Calenda alla sfida delle firme, in standby dialogo con Iv

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Dopo lo strappo dal Pd, Carlo Calenda ha una priorita’ tecnica che pesa molto sulle scelte politiche: il divorzio anche da Piu’ Europa l’ha reso orfano del simbolo e ora, per presentare quello di Azione alle elezioni di settembre, deve trovare piu’ di 30 mila persone disposte a firmare. Un nodo burocratico che si porta dietro quello politico. Per Azione, infatti, un’alternativa potrebbe essere chiedere ospitalita’ nel simbolo di Italia viva, che e’ gia’ al lavoro sul terzo polo. Ma il confronto fra Calenda e Matteo Renzi per adesso non sembra decollare. E poi, il leader di Azione punta comunque a presentare il proprio logo: non solo per avere la possibilita’ di correre da solo ma anche, nel caso in cui scelga la via del patto con Iv, per poter trattare ad armi pari con Renzi. Fra le due forze ci sono contatti ma ancora mancano quelli decisivi. Iv e’ la piu’ propensa a stringere un’alleanza. Renzi ha messo Italia viva in silenzio elettorale: niente tweet, niente dichiarazioni a radio e tv. Ma, nei giorni scorsi, il leader di Iv lo ha detto chiaramente: “Noi lavoriamo al terzo polo, e chi ci da’ una mano e’ benvenuto”. Per i renziani sarebbe assurdo arrivare al voto del 25 settembre con due forze di centro che corrono l’una contro l’altra, mentre un terzo polo con Azione potrebbe aspirare tranquillamente al 10%. C’e’ poi da considerare che per Iv il superamento della soglia di sbarramento del 3% non e’ ancora scontato. Ma Calenda prende tempo e sembra frenare: Renzi? “Noi stiamo raccogliendo le firme e faremo una campagna fatta finalmente solo sulle cose da fare, le cose di buonsenso non sono ne’ di destra ne’ di sinistra. In questo momento sto lavorando a una cosa sola, a costruire un programma solido”. Non sembra troppo convinto del patto con Iv il senatore di Azione, Matteo Richetti: “Renzi ha avuto una traiettoria non sempre lineare. In queste ore la nostra tentazione e’ di scrivere una pagina nuova per la politica italiana. Siamo pronti a raccogliere le firme e a mobilitare tutta Italia su questo”. I tempi sono stretti: tra il 12 e il 14 agosto, le forze politiche dovranno formalizzare le coalizioni, quindi dovranno decidere con chi allearsi. Per i simboli c’e’ qualche giorno in piu’: anche quelli dovranno essere presentati fra il 12 e il 14 agosto, ma per le firme c’e’ tempo fino al 21-22 agosto, quando dovranno essere presentate le candidature. La norma prevede che le firme debbano essere 36.750 per i 49 collegi della Camera e 19.500 per i 26 collegi del Senato (in pratica, significa dover trovare 36.750 persone, che firmeranno sia per la Camera sia per il Senato). Il terzo polo di Renzi ha gia’ portato a casa l’alleanza con le liste civiche dell’ex sindaco di Parma, Federico Pizzarotti. E l’accordo col Partito Repubblicano Italiano. Anche l’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini, insieme ad altre personalita’ lombarde, si e’ detto disponibile “a collaborare per un progetto politico che faccia si’ che l’Italia sia piu’ viva e che abbia piu’ azione di prima”. Secondo alcuni, un progetto simile al centro potrebbe avere delle chances di intercettare anche il senatore Pierferdinando Casini. Da Azione, intanto, descrivono un Calenda concentrato prevalentemente sulla raccolta firme. In una riunione zoom, ha parlato con i direttivi provinciali per organizzare il “piano di battaglia”, che partira’ anche con l’invio di newsletter e con l’individuazione di persone che organizzino il lavoro. C’e’ anche un piano B: sperare in una esenzione dalla raccolta legata al fatto che Calenda venne eletto al Parlamento europeo con il simbolo “Siamo europei” abbinato a quello del Pd. Ma piu’ di un esperto esprime perplessita’ sulla percorribilita’ di questa soluzione. (

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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Politica

Addio a Giancarlo Gentilini, lo “Sceriffo” di Treviso simbolo della Lega Nord

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È morto a 95 anni Giancarlo Gentilini (foto Imagoeconomica in evidenza), storico sindaco e vicesindaco di Treviso, conosciuto come “lo Sceriffo” per la sua spilla simbolo di ordine, disciplina e rispetto delle leggi. Figura centrale della Lega Nord, è stato per vent’anni un riferimento assoluto per la città e per il movimento federalista e nordista. Gentilini si è spento ieri all’ospedale di Treviso, dopo un improvviso malore. Aveva appena trascorso le festività pasquali con familiari e amici.

Dal 1994 un’era politica fuori dagli schemi

Eletto per la prima volta nel 1994, in piena frattura con la Prima Repubblica, Gentilini ha rappresentato il primo grande esperimento amministrativo della Lega Nord in Veneto. La sua leadership ha ispirato generazioni di sindaci padani. Rimasto in carica fino al 2013, ha saputo imprimere un’impronta personale, carismatica e controversa al governo della città, definendosi “al servizio del mio popolo”.

Una vita di provocazioni e polemiche

Uomo fuori dagli schemi, Gentilini è stato amato e odiato. Amatissimo dal suo elettorato, detestato dalle opposizioni per uscite spesso offensive: frasi contro immigrati, rom, comunità omosessuale, disegni di teschi agli incroci pericolosi e panchine rimosse per evitare che vi si sedessero stranieri. La sua comunicazione era brutale, talvolta al limite del razzismo, ma efficace. Una figura che ha spesso messo in difficoltà anche la sua stessa Lega, incapace di contenerne la dirompenza.

L’ultimo capitolo di una vita sorprendente

Nel 2017 ha perso la moglie, e l’anno successivo, a 89 anni, si è risposato. Un uomo che non ha mai smesso di sorprendere, nel bene e nel male. Sempre fedele alla sua immagine, sempre diretto, spesso divisivo, ma instancabile e coerente con il proprio sentire.

Il cordoglio delle istituzioni

Tra i primi a ricordarlo, Luca Zaia, presidente del Veneto: «È stato un grande amministratore, ha saputo intercettare i sentimenti del popolo. Ha fatto la storia di Treviso e del Veneto». Lorenzo Fontana, presidente della Camera, ha parlato di «dedizione totale alla città». Il sindaco di Treviso, Mario Conte, ha espresso il dolore dell’intera comunità: «Il nostro Leone è andato avanti. Ha scritto la storia».

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