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Esteri

Brexit, nuova intesa Ue-Gb sull’Irlanda del Nord

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Il Protocollo della discordia sulla carta esiste ancora, ma non è più quello di prima. Si consuma sotto la leadership del quarto primo ministro Tory britannico del dopo Brexit l’ennesima svolta negoziale del lungo divorzio di Londra dall’Ue: stavolta sullo spinoso dossier dell’Irlanda del Nord, la più piccola e turbolenta nazione del Regno Unito, a rischio di nuove fibrillazioni a 25 anni quasi esatti di distanza dalla storica pace del Venerdì Santo che nel 1998 pose fine – senza seppellirla del tutto – alla sanguinosa stagione dei Troubles. L’intesa – suggellata dopo poco meno di sette anni dal referendum che sancì la Brexit, in un momento storico di revival di rimpianti e recriminazioni sull’isola – porta le firme di Rishi Sunak e della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Protagonisti di un preannunciatissimo vertice cerimoniale convocato a Windsor per provare a chiudere la partita. In sostanza si è trattato di ufficializzare una revisione del protocollo nordirlandese firmato a suo tempo dal governo di Boris Johnson con Bruxelles ma poi rimesso in causa da Londra e oggetto da mesi di controversie non prive di conseguenze sullo stallo politico interno che tuttora paralizza le istituzioni locali di Belfast.

Non una modifica formale del documento, che avrebbe costretto l’Ue a contraddirsi rispetto alla sua posizione legalitaria iniziale; ma certo una reinterpretazione sostanziale – ribattezzata ‘Windsor Framework’ (qualcosa come ‘L’impalcatura di Windsor’) – nella direzione delle richieste d’Oltremanica di alleggerimento degli impegni: a cominciare dalla cancellazione dei controlli di routine imposti sulla carta dal Protocollo in versione originaria per le merci in transito interno fra l’Ulster (rimasto legato alle regole del mercato unico europeo anche dopo la Brexit, allo scopo di poter mantenere aperto il confine con la Repubblica d’Irlanda nel rispetto dell’accordo del Venerdì Santo) e il resto del Regno. Le novità maggiori riguardano un sistema di corridoi verdi e rossi che distinguerà i commerci interni (liberati da ogni laccio burocratico) da quelli dei soli prodotti “a rischio di esportazione” verso l’Ue; nonché la garanzia sull’equiparazione fra Ulster e Gran Bretagna nella disponibilità senza barriere di cibo, medicinali, sementi e altri prodotti nazionali di base. Ma soprattutto l’introduzione di un “freno di salvaguardia” messo a disposizione delle istituzioni nordirlandesi “democraticamente elette” su eventuali modifiche legislative di Bruxelles che dovessero riguardare Belfast: freno che potrà nel caso tradursi in un diritto di veto ad hoc esercitabile attraverso il governo centrale del Regno Unito.

In cambio Londra appare peraltro destinata a continuare ad accettare un qualche ruolo della Corte di giustizia europea quale arbitro ultimo di eventuali contenziosi. La Carta di Windsor apre in ogni caso “un nuovo capitolo nelle relazioni” bilaterali, hanno dichiarato all’unisono Rishi e Ursula nella conferenza stampa congiunta finale, scambiandosi sorrisi, cenni d’intesa, elogi incrociati: non senza tutelare sia “l’integrità del mercato unico” (von der Leyen); sia “la sovranità dell’Irlanda del Nord” (Sunak). Mentre a benedire un documento che porta in fondo il nome della dinastia non è mancata l’attesa udienza simbolica concessa da re Carlo III alla presidente della Commissione nel vicino castello omonimo. Per Sunak resta tuttavia la sfida dei malumori interni alla sua maggioranza, a partire dal prolungato dibattito serale dinanzi alla Camera dei Comuni convocata per lo statement di rito in Parlamento. Malumori in parte alimentati dai desideri di rivincita di Johnson e dei suoi fedelissimi, malgrado il riconoscimento anche di qualche brexiteer ultrà sul risultato migliorativo d’un accordo che “se ci fosse stato offerto nel 2017 saremmo stati felicissimi di accettare”. Accordo sospeso d’altronde al verdetto della destra unionista nordirlandese del Dup, il cui portabandiera, Jeffrey Donaldson, preferisce per ora prendere tempo. E promosso invece con riserva dal leader neomoderato dell’opposizione laburista Keir Starmer: convinto sia un passo utile benché “tardivo” che un prossimo governo del Labour potrà allargare ben “oltre l’Irlanda del Nord”, per favorire in generale una cooperazione “più soft” fra Londra e Bruxelles. Come a voler annacquare la Brexit, pur senza crociate per rimetterla in discussione.

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Esteri

Zelensky: situazione difficile ma resistiamo nel Kursk

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“Il Comandante in Capo Oleksandr Syrskyi ha fornito un aggiornamento sulla situazione in prima linea. In molte direzioni la situazione rimane difficile”. Lo scrive Volodymyr Zelensky su X. “Solo a mezzogiorno, si sono già verificati quasi 70 attacchi russi. Gli scontri si concentrano nelle direzioni di Pokrovsk, Kramatorsk, Lyman e Kursk”. E “le nostre forze continuano le operazioni difensive in aree specifiche delle regioni di Kursk e Belgorod”, ha assicurato, dopo che ieri Mosca aveva annunciato la completa riconquista del Kursk. Zelensky ha chiesto una rinnovata pressione sulla Russia ad accettare la tregua proposta dagli Usa.

Secondo Zelensky “la situazione in prima linea e l’azione dell’esercito russo dimostrano che l’attuale pressione globale sulla Russia non è sufficiente a porre fine a questa guerra. Presto saranno passati cinquanta giorni da quando la Russia ha iniziato a ignorare la proposta degli Stati Uniti di un cessate il fuoco completo e incondizionato, una proposta che l’Ucraina aveva accettato l’11 marzo”. Per questo motivo, “è necessaria una pressione più tangibile sulla Russia per creare maggiori opportunità per una vera diplomazia”, ha avvertito, ringraziando “tutti coloro che sono al fianco dell’Ucraina”.

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Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti

Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.

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Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).

Il cordoglio della città e della comunità filippina

La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.

Le drammatiche immagini dell’incidente

Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.

Il dolore delle autorità

Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.

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Trump spinge per il cessate il fuoco in Ucraina: “Ora Putin deve aprire ai colloqui diretti”

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Donald Trump ha deciso di accelerare i tempi. Dopo mesi di logoramento sul fronte, ora il presidente americano punta a ottenere da Vladimir Putin un’apertura concreta ai colloqui diretti, oltre a una tregua immediata e “senza condizioni” che apra la strada ai negoziati di pace. A dirlo chiaramente è stato lo stesso Trump, mentre da Mosca il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha dichiarato che la Russia è pronta a negoziare.

Il piano di Trump e la controproposta di Kiev

Mentre la Russia rivendica la completa riconquista della regione di Kursk, l’Ucraina propone come contromossa uno schieramento internazionale che impedisca futuri attacchi russi. Una misura di garanzia per evitare che la tregua si trasformi in una nuova aggressione. Nonostante le difficoltà militari, Volodymyr Zelensky sembra disposto a valutare un compromesso “dignitoso” per salvaguardare l’indipendenza ucraina dopo tre anni di guerra.

Il compromesso proposto da Kiev prevede:

  • La difesa della sovranità nazionale senza limitazioni sull’esercito.

  • L’utilizzo degli asset russi congelati in Occidente per il risarcimento dei danni di guerra.

L’ombra della resa dei conti e la pressione di Trump su Putin

Trump, incontrando Zelensky a Roma all’ombra della Cupola di San Pietro, ha fatto capire che il tempo stringe. Ammette apertamente il sospetto che Putin voglia “continuare la guerra” per logorare la situazione e far perdere tempo agli Stati Uniti. Una strategia che Trump non intende subire, rilanciando l’obiettivo di concludere la guerra nei primi 100 giorni della sua presidenza.

L’annuncio della riconquista russa della regione di Kursk, accompagnato dal primo riconoscimento ufficiale dell’uso di truppe nordcoreane da parte di Mosca, alimenta le preoccupazioni. Ma allo stesso tempo, la Russia continua a mostrare difficoltà economiche profonde nonostante il regime autarchico tenti di nascondere la crisi.

Il difficile equilibrio: salvare l’onore per tutti

Per Trump, per Putin e per Zelensky l’obiettivo è quello di poter dichiarare una vittoria:

  • Trump vuole essere il presidente che ha portato la pace.

  • Putin vuole presentarsi come il difensore della “Madre Russia” contro l’Occidente.

  • Zelensky vuole salvaguardare la sovranità e l’onore nazionale.

Il 9 maggio, data simbolica della vittoria sovietica sul nazismo, si avvicina. Putin punta a presentarsi come vincitore, ma senza un vero accordo, la guerra rischia di continuare nel logoramento reciproco.

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