Anche la Russia, dopo le reazioni negative degli Usa e della Nato, gela le aspettative per l’iniziativa di pace di Pechino. Mosca intende studiare “con grande attenzione il piano degli amici cinesi”, assicura, ma si tratterà di un processo lungo e “faticoso”. Per il momento, “non ci sono i presupposti per seguire una via pacifica”, e quindi l’operazione militare russa in Ucraina “continua”. La questione della Crimea, annessa dalla Russia nel 2014, emerge intanto sempre più come un nodo centrale, e difficilmente districabile, di un negoziato che per ora rimane solo nel mondo degli auspici. “Riporteremo la nostra bandiera in ogni angolo dell’Ucraina”, aveva sentenziato ieri il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e qualcuno a Kiev preannuncia addirittura una riconquista per via militare della strategica penisola sul Mar Nero annessa alla Russia nel 2014. Ma il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha risposto che ciò è “impossibile”, perché la Crimea è “parte integrante della Russia”.
A Kiev però – dove oggi si è presentata a sorpresa la segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen – “non importa” quello che pensa la Russia, ha ribattuto il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak, affermando che la penisola è parte di “un unico pacchetto come un territorio che deve essere liberato”. E questo, ha sottolineato Podolyak, deve essere compreso anche dai partner dell’Ucraina. Il governo ucraino, insomma, fa capire di voler tenere alta la posta anche in possibili trattative di pace, rifiutando, almeno inizialmente, le ipotesi che cominciano a circolare ufficiosamente di cessioni territoriali riguardanti la penisola e almeno parte del Donbass. Ma il capo del servizio stampa delle Forze militari Sud di Kiev, Nataliya Gumenyuk, ha commentato in modo criptico che, mentre “la battaglia continuerà” nel Donbass, “per la Crimea ci sarà uno scenario diverso”. Immancabile, anche oggi, il messaggio con le nefaste profezie dell’ex presidente russo Dmitry Medvedev, che prevede una “apocalisse” nucleare se gli occidentali non smetteranno di “rimpinzare di armi il regime neofascista di Kiev”.
Il Comando operativo Sud delle truppe ucraine ha intanto detto che la Russia ha rafforzato la presenza nel Mar Nero schierando un sottomarino dotato di missili Kalibr al fianco delle navi da guerra già presenti, dalle quali partono molti dei missili impiegati dai russi per i bombardamenti sulle infrastrutture ucraine. Sempre gli ucraini hanno denunciato che l’impiego di droni iraniani Shahed da parte dei russi per i ripetuti attacchi compiuti durante la notte su due aree lontane dal fronte: la regione di Kiev nel nord e quella di Khmelnytskyi, 320 chilometri ad ovest della capitale. In questo secondo caso, secondo le fonti ucraine, è stato ucciso un operatore dei servizi di soccorso e altri quattro civili sono rimasti feriti. L’amministrazione militare di Kiev ha riferito invece che nove droni sono stati abbattuti nella notte nello spazio aereo della capitale senza provocare danni o vittime.
Diversa la versione del ministero della Difesa russo: a Khmelnytsky, ha detto il portavoce Igor Konashenkov, “è stato colpito il centro ovest per le operazioni speciali” delle forze ucraine, e nella regione di Kiev, precisamente a Brovary, è stato centrato un centro di trasmissioni dell’intelligence. Zelensky intanto ha rimosso il comandante delle forze congiunte ucraine, il generale Eduard Mykhailovich Moskalov, in carica da 11 mesi. Nessuna spiegazione è stata data e quindi non è possibile sapere se la decisione sia da mettere in relazione con gli scandali di corruzione che recentemente hanno investito il settore della Difesa. La Russia, invece, ha inviato per colloqui in Algeria, alleato chiave di Mosca nel Mediterraneo, il capo del Consiglio per la Sicurezza nazionale Nikolai Patrushev, che è stato ricevuto dal presidente Abdelmajid Tebboun.