“Sono ancora qua, e le ragioni della mia discesa in campo 29 anni fa sono ancora valide”. È in sintesi quanto Silvio Berlusconi voleva affermare con il suo videomessaggio alla convention di Forza Italia a Milano, per casualità trasmesso mentre sulle tv di mezzo mondo andava in scena l’incoronazione di re Carlo. A tratti, su alcuni canali italiani le due scene hanno condiviso lo schermo. Chi si aspettava che l’ex premier abdicasse o annunciasse un passaggio di consegne è rimasto deluso. “Eccomi, sono qui per voi, per la prima volta in camicia e giacca dopo oltre un mese”, l’attacco dei 20′ di monologo registrato alla vigilia con una troupe al San Raffaele, dove è ricoverato dal 5 aprile, con la compagna Marta Fascina sempre accanto.
L’ex premier non appariva in pubblico da quasi due mesi, l’ultima foto su social risale al 31 marzo. Pochi giorni prima di finire in terapia intensiva per una “terribile polmonite” (come l’ha definita), con una leucemia mielomonocitica cronica curata con la chemioterapia. I segni si vedono sul volto. L’obiettivo è comunque dimostrare di essere capace di un sacrificio da pochi. Servono un paio di sorsi d’acqua per arrivare in fondo, la voce affaticata ma decisa nei passaggi chiave, la fede all’anulare sinistro, a tratti l’affanno. Il linguaggio del corpo resta quello dell’abile oratore. La scenografia è curata: alle spalle un cartellone di FI, la bandiera tricolore e quella dell’Europa, i fogli sulla scrivania ma lo sguardo fisso in avanti sul gobbo elettronico. Non mancano i sorrisi, quando racconta dei suoi risvegli notturni in ospedale: “Che ci faccio qui?”. “Vicino a me vegliava la mia Marta e disse: ‘Siamo qui perché hai lavorato tanto per salvare la nostra democrazia e la nostra libertà'”.
Poi c’è un lungo ricordo del 1994, l’abbraccio con mamma Rosa e la sua missione di salvare l’Italia dai comunisti, l’unico accenno alla politica estera è sull’Ue, il “nostro orizzonte di riferimento”, che deve rinforzarsi contro l’imperialismo cinese: se Pechino, per assurdo, decidesse di occupare l’Italia, “la cosa migliore da fare sarebbe andare a scuola a studiare il cinese”. Infine le consuete parole d’ordine programmatiche, aumentare le pensioni e ridurre le tasse. Il Cavaliere sottolinea il “rapporto leale e costruttivo con i nostri alleati”, con un avvertimento: “FI è la spina dorsale del Governo”. Ringrazia i coordinatori regionali e locali, non nomina nessuno fra gli azzurri, neanche Antonio Tajani, per molti il suo delfino. “Un compito importante ci attende e mi attende. Non mi sono mai fermato, neanche in queste settimane, ho lavorato alla nuova organizzazione del partito e per questo ora sono pronto a riprendere a lavorare con voi”. Sentir parlare di riorganizzazione fa temere chi nel partito è già deluso dall’ultima ristrutturazione interna di marzo.
Alla fine dei venti minuti, quasi di passione, tutti sono in piedi ad applaudire la conclusione di Berlusconi. Definisce FI “come una religione laica, la religione della libertà di cui parlava Benedetto Croce”. E “nessuno riuscirà a sconfiggerci: gli italiani ci considereranno i loro santi laici, i santi della loro libertà e del benessere”. In platea, davanti al maxischermo, c’è anche sorpresa: “Che grinta”, “Ma sta benissimo”, “È un miracolo, ce l’ha fatta”. “È un grande statista, un grande leader e un grande uomo. Solo uno così, dopo aver superato una malattia non semplice e un mese di ricovero, può trovare questa forza”, nota un “commosso” Tajani: “Berlusconi è la nostra guida e lo sarà ancora a lungo”. La leadership non è in discussione, ma obiezioni sulla gestione dirigenziale non mancano: “Il partito – avverte l’ex capogruppo alla Camera Alessandro Cattaneo – deve essere aperto e contendibile, basato sul merito”. Per il governatore della Sicilia Renato Schifani FI “deve guardare con più attenzione al Sud”. Le fibrillazioni emergono anche in questa giornata di festa. Per qualcuno è una tregua di cui solo Berlusconi può essere garante, per altri azzurri nemmeno di tregua si può ancora parlare.