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Almeno il 30% in più di bus, pressing delle Regioni sul Governo

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Un aumento del 30% delle linee del trasporto pubblico locale, il coinvolgimento delle compagnie di pullman turistici, rimborso degli abbonamenti del periodo lockdown e ingressi scaglionati per gli studenti a scuola, con l’uso di mascherine per i ragazzi a bordo. Sulla ripresa delle attivita’ a settembre, prima fra tutti quella delle scuole, c’e’ gia’ la proposta di un Piano per i trasporti messo a punto dalle Regioni, che lanciano l’allarme su “ritardi”, “difficolta’ economiche” e “disorganizzazione” in vista dell’incontro con il Governo fissato per lunedi’ prossimo. La Conferenza dei governatori ha approvato un documento dove si sollecitano interventi il prima possibile: ragioni che saranno avanzate ai ministri Boccia, Speranza e De Micheli, i quali dovranno conciliare le disposizioni di sicurezza anti-Covid senza rischiare il caos della mobilita’ in vista delle riaperture, in particolare quella delle scuole, soprattutto nelle grandi citta’. “Ho chiesto a nome delle Regioni un confronto proprio per cercare di comunicare in maniera migliore”, spiega Stefano Bonaccini, governatore emiliano e presidente della Conferenza. Per i governatori servono mezzi aggiuntivi, personale e risorse. E se il distanziamento sociale ha portato ad abbattere la capienza sui bus del 50%, la proposta in vista della ripresa della scuola e’ di “un aumento delle linee del trasporto, ovvero un’integrazione, non inferiore al 30%”, spiega Fulvio Bonavitacola, coordinatore della Commissione Trasporti in seno alla Conferenza. Ma bus e autisti non basteranno. Da qui l’idea – gia’ sperimentata in citta’ come Roma durante il lockdown – di avere un supporto dai servizi privati: “per settembre servono deroghe alle autorizzazioni anche riguardo al personale – aggiunge Bonavitacola – . Con un aumento di linee serviranno piu’ conducenti e, aldila’ dell’aumento di straordinari e delle assunzioni, un’ipotesi potrebbe essere l’utilizzo di conducenti che gia’ lavorano nell’ambito di servizi diversi dal Tpl, penso ad esempio agli autisti di pullman turistici”. Per la Commissione, la mobilita’ alternativa non sembra dunque essere una soluzione efficace a risolvere il problema in vista di settembre ma “sarebbe solo un palliativo”. Alcune citta’ a breve faranno simulazioni ed esercitazioni: nella Capitale, dove a regime durante l’inverno circolano 1.400 bus al giorno, l’Atac fara’ simulazioni a fine agosto quando avra’ chiaro il quadro anche in materia di distanziamento sui bus e potra’ cosi’ eventualmente ipotizzare potenziamenti. L’altra questione sul tavolo e’ il crollo dei ricavi per le aziende dei trasporti e la necessita’ di misure integrative per un ristoro delle risorse, per esempio riguardo al rimborso degli utenti per il mancato utilizzo degli abbonamenti al trasporto da parte degli utenti durante il lockdown. Su questo alcune Regioni si sono gia’ mobilitate. Nel Friuli sono gia’ previsti i risarcimenti a lavoratori e studenti per il mancato utilizzo dei ticket del Tpl causa Covid-19 e gli sconti sugli abbonamenti che verranno emessi per l’anno scolastico 2020-2021 con riduzione di prezzo estesa anche agli studenti che utilizzeranno il servizio urbano per il percorso casa-scuola.

Spacers stencils painted at the bus stops in the city of naples for the Covid 19 emergency
PH. MARIO LAPORTA/KONTROLAB

Da settembre nella provincia di Trento, per agevolare lo spostamento di 50.000 studenti, i trasporti saranno gratuiti per tutti gli alunni trentini di ogni ordine e grado: il provvedimento rimarra’ in vigore per tutto l’anno scolastico. Sul fronte delle scuole vengono denunciati i ritardi maggiori. Il Cts e il Ministero dei Trasporti, deputati a decidere, sono al lavoro per fornire un sistema efficace che potrebbe essere rappresentato dagli scaglionamenti degli studenti per orari, come sara’ disposto nel Lazio: gli orari potrebbero essere 8,30 per gli alunni di elementari e medie e 9,30 per quelli delle superiori. Una misura volta appunto a far respirare il trasporto pubblico ed ad alleviare il traffico, “Serviranno risorse aggiuntive, soprattutto per i servizi di Tpl mirati al trasporto degli alunni delle scuole secondarie di secondo grado, che rappresentano almeno il 30% del totale. Purtroppo, ancora oggi il tema e’ oggetto di confronto con il Mit e Miur, che hanno rimesso ai tavoli regionali le decisioni conseguenti, senza considerare che l’inizio delle attivita’ scolastiche e’ ormai prossimo – si legge nel documento della Commissione – . Regioni e Pa hanno evidenziato da tempo la necessita’ di un coordinamento a livello nazionale delle singole autonomie scolastiche in relazione agli orari di inizio e fine lezioni, nonche’ alle provenienze degli alunni, con una proposta di calendario”.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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