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Spettacoli

Alessandro Borghese “riparte” con l’edizione speciale 4 Ristoranti

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“Sono sicuro che questa edizione del mio programma sara’ speciale, bella, con concorrenti affiatati e agguerriti. Comincero’ a Capodanno con una puntata multietnica dedicata al cenone del 31 dicembre, girata a Milano in quattro ristoranti di diverse culture culinarie che vanno dalla Cina alla Russia, da Cuba all’Eritrea. Poi abbiamo girato nel Delta del Po dove ci sono palafitte sul mare e pesce meraviglioso, capesante e anguille. E ancora siamo andati in Sardegna a Cagliari e nel centro dell’isola. Abbiamo fatto tappa nelle vecchie fiaschetterie dei Castelli romani, nel Ponente ligure sulla Riviera dei Fiori e a Cremona. Insomma ne abbiamo per tutti”. Parola di chef Alessandro Borghese che rivela i dettagli della nuova edizione del suo programma “Alessandro Borghese 4 Ristoranti”, sette puntate in onda dal 1 gennaio 2019 ogni martedi’, alle ore 21.15, su Sky Uno (canale 108) sul digitale terrestre canale 311 o 11, su Sky on demand.

 

Il programma la cui produzione originale Sky e’ realizzata da Drymedia, partira’, come rivela chef Borghese, il primo dell’anno, con una puntata girata a Milano e dedicata al cenone della festa realizzato secondo quattro diverse culture culinarie. “Ho voluto cominciare con Milano perche’ e’ una citta’ multietnica anche dal punto di vista imprenditoriale, dove i quattro ristoranti scelti sfoderano culture gastronomiche opposte ma interessanti. La formula non e’ cambiata i ristoranti si contenderanno la vittoria riproducendo i piatti tipici del primo giorno dell’anno secondo le tradizioni del paese di appartenenza. Il vincitore giudicato dagli altri concorrenti si aggiudichera’ un contributo economico di 5mila euro di premio ma avra’ un ritorno d’immagine notevole”. Ecco i ristoranti della prima puntata girata a Milano. Monkey in the city di cui e’ titolare Pedro Fiol, cubano nato a Santiago De Cuba e trasferitosi a Milano da giovane. A Capodanno da Monkey si brinda con spumante, rhum o cidra (spumante dolciastro) sulle note della musica latina. Veranda e’ gestito da Lilia, nato in Russia ma trapiantato a Milano. Per il cenone previsto menu’ di antipasti tipici con pasticci di aringa, bliny con caviale rosso, salmone e panna acida, aspic (gelatina) di carne e aringa, portate di anatra ripiene, involtini di cavolo e ravioli siberiani. L’ingrediente imprescindibile e’ il caviale rosso. Maoji Street food di Angela è un ristorante di cucina cinese dove a Capodanno non mancano piatti tipici come pesce, ravioli, riso. Brindisi con grappa e signore in kimono rosso che a mezzanotte fanno volare le lanterne rosse esprimendo i loro desideri. Adulis Restaurant, Isayas, etiope e’ il titolare, ma la sua cucina e’ eritrea. A Capodanno tutti in abiti nei colori tipici eritrei. Tra musica e danze in cucina domina l’agnello da mangiare con l’injera sorseggiando vini sudafricani. A mezzanotte si stappa lo spumante eritreo. Forte di un ascolto medio nei 7 giorni nella scorsa edizione, di circa 1.500.000 spettatori, in crescita del 39% rispetto alla precedente, il format con Chef Alessandro Borghese conduttore e giudice e’ diventato un programma cult. La sua formula rimane la stessa. Quattro ristoratori della stessa zona si sfidano per stabilire chi tra di loro e’ il migliore in una certa categoria. Ogni ristoratore invita a cena gli altri tre che accompagnati dallo chef Borghese, commentano e votano con un punteggio da 0 a 10 location, menu, servizio e conto del ristorante che li ospita. Ogni cena e’ preceduta dall’ispezione di chef Borghese della cucina del ristorante, che nel corso della cena si concentrera’ sul personale di sala, messo alla prova su accoglienza, servizio al tavolo, descrizione del piatto e del vino.

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Livio Macchia dei Camaleonti e il rock da giullari: ma ora invecchiare è un altro mestiere

L’intervista al Corriere della Sera del fondatore dei Camaleonti: aneddoti, Sanremo, Battisti, Lennon, e la musica che non è più quella di una volta.

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«Invecchiare non è facile, ma che bella avventura è stata». Parla così Livio Macchia, 83 anni, fondatore e anima dei Camaleonti, in una lunga e affettuosa intervista rilasciata al Corriere della Sera. Una chiacchierata a cuore aperto, che ripercorre 60 anni di carriera, tra concerti surreali sotto la neve, Sanremo dimenticati, successi da milioni di copie e ricordi indelebili di amici che non ci sono più.

Gli inizi tra scuola, rock e Teocoli

«Siamo partiti come tanti. Andavamo a scuola insieme, amavamo la musica. Poi abbiamo capito che potevamo farne una cosa seria», racconta Macchia. All’epoca c’erano Riki Maiocchi e Paolo De Ceglie, ma anche un giovane Teo Teocoli:

«Voleva cantare a tutti i costi. Per lui abbiamo adattato canzoni napoletane in chiave rock. Era un matto, un giullare, ma ha trovato la sua strada».

Il Clan Celentano, Battisti e Mogol

I Camaleonti orbitavano attorno al Clan Celentano:

«Adriano era divertente. Poi, come Battisti, è cambiato quando ha conosciuto la moglie».
Lucio Battisti, invece, era un amico di serate, cene e cinema, e regalò loro “Mamma mia”:
«È stato e sarà sempre il numero uno. Mogol cercava di cantare i testi per spiegarceli, ma non ci riusciva mai».

Sanremo, Eternità e i giudizi taglienti

Nel 1970 salirono sul palco di Sanremo con Ornella Vanoni:

«Simpatica e matta come una campana. Prima di entrare sul palco ci disse: “me la sto facendo addosso”».
In un’altra edizione, con i Dik Dik e Maurizio Mandelli, portarono “Come passa il tempo”:
«Baudo era convinto che avremmo vinto. Una giornalista stronza scrisse che facevamo “pop giurassico”. Ma non aveva capito nulla nemmeno lei».

Da “L’ora dell’amore” a St. Moritz con John Lennon

L’apice fu “L’ora dell’amore”, 2 milioni di copie vendute.

«Oggi con sei milioni di streaming ti compri un cartone di uova».
Ricorda concerti sotto la neve, richieste folli come quella del miliardario Niarchos che li voleva suonare a 4.000 metri a Capodanno, e perfino John Lennon:
«Ballava quei balli cretini in cui ti buttavi a terra all’improvviso».

I Camaleonti, una band di trasformisti

Il nome del gruppo nasceva dalla capacità di adattarsi:

«Suonavamo Villa, rock, soft, liscio. Eravamo ragazzi, non ce ne fregava niente e di nessuno».
Nel 1973 vinsero Un Disco per l’Estate con “Perché ti amo”, nonostante la casa discografica non credesse più in loro.
«Appena abbiamo vinto, si sono ricreduti e ci hanno pure pagato».

I ricordi: Maiocchi, De Ceglie, Cripezzi

Parla con affetto dei suoi compagni:
Riki Maiocchi: «Un pazzo scatenato, un ribelle. Una sera ci ha detto “esco un attimo” e l’abbiamo rivisto un anno dopo».
Paolo De Ceglie: «Un simpaticone, faceva scherzi. E amava le donne, ovviamente».
Tonino Cripezzi: «Rompipalle e spendaccione, ma un amico vero. È morto tre anni fa, mi manca tantissimo».

La musica di oggi? Vasco sì, Ligabue no

Il Festival di Sanremo di oggi?

«Non me ne faccia parlare. Si contano solo le visualizzazioni. E certi over 50 che cantano “Cuoricini cuoricini”? Ma vai allo Zecchino d’Oro».
Su Ligabue è tranchant:
«Fa canzoni tutte uguali. Mille volte meglio Vasco Rossi: non canta, ma parla, almeno è vero».

Invecchiare e restare sul palco

A 83 anni, Macchia non si nasconde:

«A questa età abbiamo meno futuro e più passato. Ma amo ancora stare sul palco, mi mancano le luci, la piazza, persino i selfie della gente, anche se sono una rottura di palle».
E sul suo destino non ha dubbi:
«Spero nel Paradiso. Sono stato troppo bravo, mi vogliono tutti bene. Abbiamo vissuto una vita meravigliosa».

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Alla premiere di Cannes 7 minuti di applausi per ‘Fuori’ di Mario Martone

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Oltre sette minuti di applausi e una bella accoglienza in sala al termine della premiere mondiale di Fuori di Mario Martone in concorso a Cannes per la Palma d’oro e in sala dal 22 maggio con 01. La sala del Grand Theatre Lumiere era piena e i ‘bravo’ si sono susseguiti all’indirizzo del regista napoletano e del cast Valeria Golino la protagonista che interpreta Goliarda Sapienza, Matilda De Angelis e Elodie. In sala a festeggiare Martone il delegato generale del festival Thierry Fremaux.

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Festival di Sanremo, solo la Rai in gara per l’organizzazione: attesa la decisione del Consiglio di Stato

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C’è una sola offerta per i prossimi tre Festival di Sanremo (con eventuale proroga per altri due anni): è quella della Rai, l’unica emittente ad aver risposto al bando pubblicato dal Comune di Sanremo dopo la sentenza del Tar che ha imposto la gara pubblica per l’utilizzo del marchio. Né Mediaset né il Nove né altre realtà si sono fatte avanti. Ma la partita non è ancora chiusa.

Tutto sospeso in attesa del Consiglio di Stato

La scadenza del bando è avvenuta regolarmente, ma per la vera parola fine bisognerà aspettare giovedì prossimo, quando il Consiglio di Stato si pronuncerà sulla sentenza del Tar. Se il Consiglio annullerà la sentenza, l’intera procedura verrebbe invalidata, facendo decadere l’obbligo del bando. Al contrario, se il verdetto verrà confermato, il bando resterà valido e si aprirà la fase di negoziazione con l’unico soggetto rimasto in gara: Viale Mazzini.

Una trattativa inevitabile

Le condizioni previste dal bando non sono considerate favorevoli per la Rai, che nella fase successiva – come ha spiegato il sindaco Alessandro Magercercherà di rinegoziare i termini economici con il Comune. «Se le verifiche di congruità e delle procedure giuridiche in corso confermeranno l’esito delle procedure sulla manifestazione del Festival di Sanremo, si aprirà poi la fase di negoziazione prevista dal bando», ha dichiarato il primo cittadino.

Festival in bilico?

Per ora, la certezza è solo una: nessun altro broadcaster ha manifestato interesse, lasciando campo libero alla Rai, che punta a mantenere la conduzione e la gestione del Festival che da sempre rappresenta il suo evento di punta in termini di ascolti e visibilità.

Il prossimo Festival, in programma nel 2025, potrebbe dunque segnare l’inizio di una nuova era o, semplicemente, la conferma di un’egemonia mai davvero messa in discussione. Tutto dipende dalla decisione del Consiglio di Stato.

(SANREMO TEATRO ARISTON, foto Imagoeconomica)

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