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Aldo Grasso stronca Maurizio Crozza e il suo Fratelli di Crozza

In un articolo sul Corriere della Sera, Aldo Grasso stronca Maurizio Crozza definendo il suo programma Fratelli di Crozza una caricatura stanca e priva di vera satira.

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Nel suo articolo pubblicato sul Corriere della Sera, Aldo Grasso (foto Imagoeconomica in evidenza), tra i più autorevoli critici televisivi italiani, ha rivolto una dura critica a Maurizio Crozza e al suo programma Fratelli di Crozza, in onda sul canale Nove.
«Dov’è finito Maurizio Crozza?», si chiede Grasso, raccontando di aver dovuto rivedere la puntata «perché non credeva ai suoi occhi». Secondo il critico, Crozza ha perso la forza corrosiva della satira e si è ridotto a un imitatore prevedibile: «Ormai si limita a caricature, brutte caricature, svuotate di ogni finezza satirica».

Maurizio Crozza. In questa immagine veste i panni di Vincenzo De Luca

Satira spenta e prevedibile

Grasso accusa Crozza di affidarsi più alla tecnologia che al talento: «Usa l’intelligenza (poca) artificiale (tanta) per cercare i personaggi». Nonostante la presenza di sette autori, osserva, la comicità del programma risulta fiacca. L’unica battuta davvero riuscita sarebbe quella sui liguri: «Piuttosto che votare uno di sinistra lasciano la mancia al ristorante».

Nella recensione, Grasso cita alcune delle imitazioni più note del comico: Trump, Meloni, Urso, Giani, Bersani, Corona e Feltri. Ma nessuna convince davvero. «Il Trump vero fa più ridere e più paura dell’imitazione», scrive il critico, aggiungendo che «della Meloni resta solo la trovata della linguina a serpente».

Un programma consolatorio per il suo pubblico

Il giudizio di Grasso va oltre la comicità. Secondo il critico, Fratelli di Crozza è diventato un «programma consolatorio» per un pubblico che si accontenta di slogan, moralismi e rabbia caotica.
Scrive: «È un programma per un’invincibile armata che confonde la propria irrilevanza con le battute di Andrea Scanzi e si entusiasma per Francesca Albanese». Una satira che, per Grasso, «si appiattisce nello Zeitgeist moralistico collettivo» e ha smarrito ogni coraggio.

Uno spettacolo dove la palpebra crolla

Grasso chiude la sua recensione citando Alberto Arbasino: «Il suo è uno spettacolo dove il cuore e la mente vorrebbero fuggire lontano, ma la natica si rifiuta e la palpebra crolla».
Per il critico, Crozza è ormai «un fortunato e noioso pensionato d’oro della comicità» e Fratelli di Crozza non è più satira, ma una copia sbiadita di ciò che era.

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Sinner-Djokovic, vittoria netta: sarà ancora finale con Alcaraz a Riad

Jannik Sinner batte Novak Djokovic e raggiunge Carlos Alcaraz nella finale del 6 Kings Slam di Riad. Una sfida che rinnova la rivalità più emozionante del tennis mondiale.

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Come nel 2024, e come in tante altre occasioni recenti, la finale del torneo-esibizione “6 Kings Slam” di Riad metterà di nuovo uno di fronte all’altro Carlos Alcaraz e Jannik Sinner, i due volti del tennis del futuro (e ormai anche del presente).

Sinner travolge Djokovic

L’altoatesino, numero 2 del mondo, ha battuto Novak Djokovic in due set secchi (6-4, 6-2), dominando la semifinale con sicurezza e lucidità. Una prestazione di altissimo livello, soprattutto nei turni di servizio e nei colpi di risposta, che conferma il grande stato di forma del tennista italiano.

Alcaraz supera Fritz e vola in finale

In precedenza, Carlos Alcaraz, numero 1 del ranking ATP, aveva sconfitto lo statunitense Taylor Fritz con lo stesso punteggio: 6-4, 6-2. Anche per lo spagnolo, una prova di forza netta sul cemento arabo.

Una rivalità che infiamma il tennis

Domani, dunque, un nuovo capitolo della sfida tra Sinner e Alcaraz, due giocatori destinati a segnare un’epoca. A Riad non ci sono punti ATP in palio, ma solo un ricchissimo montepremi: milioni di dollari per un’esibizione che ha il sapore di una finale Slam.

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Trump parla con Putin: “Un grande progresso”. Presto un nuovo vertice a Budapest sulla guerra in Ucraina

Trump e Putin tornano a parlarsi dopo due mesi: “Un grande progresso”. Presto un vertice a Budapest. Intanto Zelensky chiede a Washington nuovi aiuti militari dopo i bombardamenti russi.

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Un grande progresso”. Con queste parole il presidente americano Donald Trump ha commentato la telefonata di due ore e mezza avuta con Vladimir Putin, la prima dopo due mesi di silenzio diplomatico.
Il colloquio, definito da entrambe le parti “franco e incoraggiante”, arriva alla vigilia dell’incontro alla Casa Bianca con Volodymyr Zelensky, dove si discuterà del futuro del conflitto in Ucraina e delle nuove forniture di armi.

Secondo Trump, Putin ha aperto la conversazione congratulandosi per il “grande risultato della pace in Medio Oriente”, e i due leader hanno parlato anche delle prospettive commerciali tra Russia e Stati Uniti dopo la fine della guerra.
Il successo in Medio Oriente aiuterà anche nei negoziati per la pace in Ucraina”, ha detto il presidente Usa, annunciando un nuovo vertice bilaterale con Putin a Budapest, anche se la data non è stata ancora definita.

Il summit in Europa e la soddisfazione di Orban

Il prossimo incontro tra Trump e Putin si terrà nella capitale ungherese, su invito del premier Viktor Orban, che ha salutato la notizia come “una grande opportunità per la pace”.
Si tratterà del secondo summit tra i due leader, dopo quello di Ferragosto in Alaska, e del primo organizzato in territorio dell’Unione Europea, dove peraltro vige ancora il travel ban contro i vertici russi imposto dalle sanzioni europee.

Da minacce militari a dialogo diplomatico

Il cambio di tono da parte di Trump è netto. Solo poche settimane fa, il presidente americano aveva espresso “delusione per Putin”, ventilando la possibilità di inviare a Kiev missili da crociera Tomahawk con raggio d’azione di 2.500 km.
Un’ipotesi che Mosca aveva bollato come “una nuova escalation diretta tra le prime due potenze nucleari del pianeta”, ricordando che tali armi dovrebbero essere gestite da personale americano.

Zelensky a Washington per chiedere Tomahawk e Patriot

Il leader ucraino Volodymyr Zelensky incontrerà Trump alla Casa Bianca per discutere proprio della richiesta di forniture militari, in particolare missili Tomahawk e sistemi di difesa antiaerea Patriot.
Secondo un funzionario ucraino citato da Afp, il colloquio sarà “decisivo per la sopravvivenza del Paese”, alla luce degli ultimi bombardamenti russi sulle infrastrutture energetiche, che hanno provocato interruzioni di corrente in tutte le regioni per il secondo giorno consecutivo.

Kiev sotto attacco: 300 droni e 37 missili russi

In un messaggio su Telegram, Zelensky ha denunciato “attacchi al nostro popolo e al nostro sistema energetico”, precisando che la Russia ha usato oltre 300 droni e 37 missili, molti dei quali balistici.
Le regioni più colpite sono Vinnytsia, Sumy e Poltava, dove infrastrutture civili ed energetiche sono state gravemente danneggiate.

Mosca ha confermato di aver compiuto “un massiccio attacco” contro infrastrutture del gas, sostenendo che esse “sostengono il complesso militare-industriale ucraino”.
Il ministero della Difesa russo ha riferito che sono stati impiegati anche missili ipersonici Kinzhal, giustificando l’operazione come “risposta agli attacchi terroristici ucraini” contro obiettivi civili in Russia.

La guerra dell’energia e l’incognita diplomatica

Anche Kiev continua a colpire infrastrutture russe, sebbene su scala minore. Nella regione di Volgograd, un drone ucraino intercettato ha causato un incendio in una sottostazione elettrica, mentre a Belgorod un attacco di droni ha ucciso un civile e ferito altre tre persone.

Mentre il conflitto prosegue, la telefonata tra Trump e Putin apre uno spiraglio diplomatico, ma resta da capire se la promessa di “grande progresso” potrà tradursi in un reale cessate il fuoco o se sarà solo una pausa tattica in un confronto che continua a minacciare la stabilità globale.

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Francia, Lecornu supera le mozioni di sfiducia: il governo regge ma la battaglia sulla manovra si annuncia durissima

Il premier francese Sébastien Lecornu sopravvive alle mozioni di sfiducia con un margine di 18 voti. Macron difende la sospensione della riforma delle pensioni, ma la manovra finanziaria divide la maggioranza.

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Il primo ministro francese Sébastien Lecornu (foto Imagoeconomica) ha superato con un margine di soli 18 voti le mozioni di sfiduciapresentate da La France Insoumise (LFI) e dal Rassemblement National (RN). La vittoria, seppur risicata, consente al governo di restare in carica e di affrontare ora il nodo più difficile: la manovra finanziaria da 30 miliardi di euro che dovrà essere approvata entro fine anno.

Adesso al lavoro! Al lavoro con il dibattito sulla manovra!” ha dichiarato Lecornu ai cronisti fuori da Palazzo Matignon, consapevole che la strada politica resta in salita.

I voti decisivi dei socialisti e del centro

Il governo ha retto grazie ai voti dei Républicains e di gran parte dei socialisti, con solo 7 defezioni su 69 deputati PS. Determinante è stato l’impegno del premier di non ricorrere all’articolo 49.3 della Costituzione, che permette di far approvare le leggi senza voto articolo per articolo, imponendo un voto di fiducia finale.

Lecornu — che si è definito ironicamente il “monaco soldato di Macron” — ha ottenuto così il sostegno del centro e dei moderati, mentre il fronte della sinistra è definitivamente spaccato: il Nuovo Fronte Popolare nato dalle elezioni anticipate del 2024 non esiste più.

Stop alla riforma delle pensioni e la “legge Zucman” dei socialisti

Per assicurarsi l’appoggio dei socialisti, il premier ha sospeso la riforma delle pensioni, permettendo a chi ha raggiunto i 62 anni di lasciare il lavoro senza ulteriori ritardi. Una decisione accolta con favore dalla base socialista ma che ha irritato l’ala macroniana più ortodossa.

Il segretario del PS, Olivier Faure, ha comunque avvertito: “La nostra fiducia non è per sempre”. Il Partito socialista si batterà “articolo per articolo” nella discussione sulla manovra, a partire dalla “legge Zucman”, che prevede una sovrattassa sui super-ricchi, ormai simbolo della sinistra francese.

Macron interviene per tenere unita la maggioranza

Di fronte al malumore dei suoi deputati, il presidente Emmanuel Macron è intervenuto personalmente per chiedere compattezza: “So quanto vi è costata questa sospensione, ma serviva un compromesso per la stabilità del Paese”, avrebbe detto ai suoi, secondo fonti di BFM TV.

Macron ha ribadito che la battaglia sulle pensioni “era e resta giusta”, ma ha riconosciuto la necessità di un passo indietro per garantire la sopravvivenza politica dell’esecutivo in un’Assemblea senza maggioranza assoluta.

Un Parlamento diviso in tre blocchi

La Francia continua così a vivere la sua stagione più instabile: una nazione politicamente tripartita tra centro macroniano, sinistra radicale e destra lepenista, nessuno dei quali in grado di formare da solo una maggioranza.

Il Rassemblement National di Marine Le Pen, pur restando il primo partito nei sondaggi (32-33%), è apparso isolato: solo cinque deputati esterni al RN hanno sostenuto la sua mozione.

Intanto, la sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon rilancia la protesta, invocando su X “resistenza popolare e unità sul terreno”, mentre la capogruppo Mathilde Panot annuncia una nuova mozione per la destituzione di Macron.

Dalla prossima settimana, con l’inizio del dibattito sulla legge di bilancio e sulla Sécurité sociale, inizia il capitolo più delicato del governo Lecornu: un esecutivo in bilico, costretto a governare in un Parlamento dove ogni voto può essere decisivo.

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