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Cinema

Addio a Paul Sorvino, uno dei bravi ragazzi di Scorsese

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 Addio a Paul Sorvino. L’attore italo americano, il boss Paulie di Brooklyn nel film di Martin Scorsese “Quei bravi ragazzi” (1990) aveva 83 anni. Lo ha annunciato la moglie Dee Dee, dicendo che e’ deceduto per cause naturali, sebbene avesse anche sofferto di diabete di tipo 2. Aveva tre figli, due dei quali attori, Mira e Michael. “I nostri cuori sono spezzati, non ci sara’ mai un altro Paul Sorvino, e’ stato l’amore della mia vita e uno dei piu’ grandi artisti che abbia mai abbellito lo schermo e il palcoscenico”, ha detto Dee Dee Sorvino, sua terza moglie. Con oltre 160 tra film e titoli della tv, Paul Sorvino, nato a New York il 13 aprile 1990 da genitori italiani (il padre di Napoli, la madre della provincia di Campobasso) era un attore veterano. Ha recitato in film come Reds e Dick Tracy di Warren Beatty, The Rocketeer, Romeo + Juliet di Baz Luhrmann, Repo! The Genetic Opera e Nixon di Oliver Stone, dove interpretava Henry Kissinger. Ha anche recitato in una stagione di “Law & Order” nel ruolo del sergente della polizia di New York Phil Cerreta. E in tanti ruoli televisivi come la prima stagione nel ’76 delle Strade di San Francisco e piu’ di recente in Godfather of Harlem. Ha avuto una carriera anche italiana: Giovanni Veronesi lo aveva voluto in Streghe da Nord, Renzo Martinelli in Carnera – The Walking Mountain, Giulio Base nei film tv con Terence Hil ‘Doc West’, Salvatore Samperi in L’onore e il rispetto Quando nel dicembre 2017, Mira Sorvino disse che Harvey Weinstein aveva danneggiato la sua carriera dopo aver rifiutato alcune delle sue avances, il padre Paul, intervistato da Tmz in pieno #MeToo, dise che lo avrebbe ucciso se si fossero mai incontrati. “Se lo incontro per strada… dovrebbe sperare che finisca in galera, perche’ se ci imbattiamo, penso che in qualche modo sara’ sdraiato sul pavimento, magicamente”, ha detto Sorvino. Prima di diventare attore, Sorvino e’ stato cantante d’opera di formazione classica: a 18 anni, volendo diventare, cantante studio’ all’American Musical and Dramatic Academy. Il suo primo ruolo cinematografico e’ stato Senza un filo di classe di Carl Reiner, e in seguito ha ottenuto il plauso come protagonista sia della versione di Broadway che dell’adattamento cinematografico di “Quella stagione del campionato”. Sorvino fu anche un abile scultore, lavorando principalmente con il bronzo e creando modelli ispirati alle figure greche. Nel 2006, ha presentato alcune delle sue opere al Boca Raton Museum of Art e nel 2017 Page Six aveva riferito di essere in trattative per essere incaricato di creare sculture in bronzo sia di Prince che di Whitney Houston.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Cinema

Morto a 65 anni l’attore americano Val Kilmer

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È morto all’età di 65 anni l’attore americano Val Kilmer. Lo rende noto la famiglia, citata dal New York Times. Il decesso è avvenuto a Los Angeles a causa delle complicazioni di una polmonite, ha spiegato la figlia Mercedes Kilmer. All’attore era stato diagnosticato un cancro alla gola nel 2014, da cui era riuscito a guarire. Tra le sue tante interpretazioni si ricordano in particolare quella Jim Morrison in ‘The Doors’ del 1991 di Oliver Stone, quella di Iceman in ‘Top Gun’ del 1986 di Tony Scott e quella di Bruce Wayne in ‘Batman forever’ del 1995 di Joel Schumacher.

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Cinema

Giovanni Bagnasco e “il mostro”: “Ho imparato a non essere vittima. La felicità è una responsabilità”

Nella serie L’arte della gioia è Ippolito, il “mostro” che conquista il cuore dello spettatore. Nella vita, Giovanni Bagnasco è un ragazzo di 25 anni con il volto segnato dalla sindrome di Treacher Collins e un’anima limpida che illumina ogni sua parola. In un’intervista al Corriere della Sera racconta la sua storia fatta di sfide, consapevolezza e rinascita.

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«Potrei scrivere un libro sugli sguardi. Da piccolo anche il non detto faceva male», racconta Giovanni Bagnasco. Il suo volto racconta una storia rara, segnata dalla sindrome di Treacher Collins, una malattia congenita che colpisce ossa e cartilagini del volto. Eppure, Giovanni ha imparato presto a distinguere tra due tipi di persone: «i cuori buoni e i cuori ciechi».

Cresciuto nella quiete di Chianciano Terme, tra campagna e spazi aperti, ha coltivato sogni artistici tra un lavoro da casellante e un corso di lingua dei segni mai concluso a causa del Covid. Fino all’improvviso incontro con il mondo del cinema, che lo ha accolto attraverso due provini superati: uno per Finalmente l’alba, l’altro con Valeria Golino per il ruolo di Ippolito.

“Il mostro” che racconta la forza interiore

«Il personaggio non è stupido, è solo stato isolato», gli dice Golino. E lui in quel ruolo riversa tutto: «la parte docile e quella vulcanica». Nessuna scuola di recitazione, ma la forza di una vita vissuta senza filtri. «Sul set, mentre giravo le scene più violente, pensavo ai momenti difficili vissuti», confessa.

E quando si parla d’aspetto, Giovanni è disarmante: «La parola ‘mostro’ non mi ferisce più, è solo una componente della mia vita». Da piccolo piangeva, si chiedeva “perché a me?”, ma oggi si è dato una risposta che lo guida: «Dovevo nascere così e basta. Fare la vittima non ti renderà felice».

L’amore, la musica, il futuro

Oggi è un attore emergente, ma anche un ragazzo che ha vissuto l’amore, che ha scritto testi rap, che ha lottato contro il dolore. «Ho ricevuto tanto e ho dato tanto», racconta. Sui social ci sta poco: solo per progetti artistici o per sostenere la onlus del suo chirurgo, la Smile House. «Da ragazzino, i social mi facevano male. Era una vita parallela».

La sua forza più grande è quella di saper vedere oltre: «Sembrerei più brutto se stessi sempre a disperarmi. Siamo tutti belli, se troviamo la nostra bellezza interiore».

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