“Nessuno si deve vendere”. Eccola la frase pronunciata da uno dei consulenti degli indagati nell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi nei confronti dei periti del gip Angela Nutini e finita nella segnalazione da parte del giudice alla procura di Genova. Una frase “strumentalizzata” secondo i legali degli indagati che oggi hanno sollevato la questione nel corso dell’udienza del secondo incidente probatorio e che potrebbe avere ancora strascichi in aula. La frase era stata detta nel corso delle ultime riunioni tra tecnici di dicembre dove alcune parti avevano chiesto una prova e gli era stata negata. Gli animi si erano infiammati fino alla fatidica frase. A quel punto i tre professori avevano scritto delle “pressioni costanti che rendevano poco sereno lo svolgimento del loro lavoro” al gip che a sua volta aveva trasmesso gli atti in procura. La segnalazione e’ adesso in mano al procuratore aggiunto Francesco Pinto che ha aperto un fascicolo, a carico di ignoti, per oltraggio a pubblico ufficiale. Il problema, ha sollevato oggi in aula l’avvocato Giorgio Perroni, legale di Michele Donferri Mitelli (ex responsabile delle Manutenzioni di Aspi), e’ che quelle frasi sarebbero state “strumentalizzate” visto che ai pubblici ministeri sarebbe arrivata solo una parte delle registrazioni e non l’audio completo. “Il clima teso – ha sottolineato il legale – era da entrambe le parti. Ed e’ una cosa normale in qualsiasi procedimento”. Non solo. Il legale a quel punto ha chiesto il deposito di tutte le registrazioni delle riunioni ma nel corso dell’udienza i periti hanno ammesso di averle distrutte. Il giudice ha cosi’ respinto la richiesta ritenendola comunque non rilevante. “Un fatto lesivo del diritto di difesa”, ha concluso Perroni. La vicenda potrebbe diventare un nuovo intoppo per il secondo incidente probatorio, quello sulle cause del cedimento del ponte, se gli avvocati dovessero ravvisare estremi per una possibile astensione dei periti. Il gip ha fissato l’udienza ad aprile ma la consegna della perizia potrebbe slittare a giugno. Lo scorso luglio si era concluso il primo incidente probatorio: l’accertamento in cui erano stati inviati alcuni reperti in un laboratorio in Svizzera, dove era stato appurato il degrado dei trefoli che sostenevano il ponte ma anche difetti nella costruzione dell’opera e aveva “fotografato” il viadotto dopo il crollo e lo stato delle sue parti collassate. Intanto proseguono le indagini in quello che e’ ormai un vero e proprio vaso di pandora: dall’inchiesta madre sul crollo del Morandi (il viadotto collassato il 14 agosto 2018 in cui persero la vita 43 persone) a quella sui report ammorbiditi dei controlli sui viadotti, alle barriere antirumore non conformi e pericolose per gli automobilisti, fino all’ultima sulle gallerie dopo il crollo di due tonnellate e mezzo dalla volta del tunnel Berte’.