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Cronache

Ricatto a luci rosse al prete per un rapporto omosessuale, per l’estorsione è finito nei guai il pianista Pappalardo

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“Se non vieni all’appuntamento io scrivo al vescovo allegando le foto”. E’ la minaccia che il pianista di fama internazionale Gianfranco Pappalardo Fiumara avrebbe fatto a un prete di Giarre, L.P., con il quale aveva avuto rapporti omosessuali. Per soldi, sostiene la vittima che lo ha denunciato ai carabinieri. Per non interrompere la relazione, secondo l’artista che e’ stato arrestato la settimana scorsa da militari dell’Arma davanti a una chiesa e posto domenica scorsa ai domiciliari dal Gip di Catania, Carlo Cannella, per estorsione. La notizia era trapelata e pubblicata dai media. Ed erano girate indiscrezioni su un presunto ‘ricatto a luci rosse’. Il legale del pianista, l’avvocato Enzo Guarnera, si era limitato a confermare l’arresto e il reato contestato, l’estorsione, e ad aggiungere che non riguardava la sfera professionale del suo assistito, ma quella personale. Ed e’ il Gip Cannella, nell’ordinanza emessa dopo l’interrogatorio dell’indagato, a fare luce sulla vicenda. Le indagini sono state avviate dopo la denuncia del religioso, spinto da un confratello col quale si e’ confidato. Con Pappalardo Fiumara, ha ricostruito nell’esposto, si erano conosciuti su una chat. Il sacerdote ha nascosto la sua vera identita’, dicendosi un insegnante sposato, con la moglie che si era temporaneamente trasferita al Nord Italia. I due uomini si sono incontrati in casa di Pappalardo e hanno avuto un rapporto, durante il quale il pianista avrebbe realizzato delle foto e dei video. Secondo la denuncia del sacerdote, l’artista successivamente lo avrebbe ricattato, maneggiando un coltello per intimidirlo: la vittima avrebbe pagato duemila euro per evitare l’eventuale diffusione delle foto. Pappalardo Fiumara, inoltre, per costringerlo a incontrarlo lo avrebbe anche minacciato: “Se non vieni ci saranno gravi conseguenze…”. Il prete, ha scritto nella denuncia, ha poi ricevuto una seconda richiesta di soldi: settemila euro per il silenzio, che poi sono diventati cinquecento euro, come parziale acconto. La situazione, ha ricostruito il sacerdote, si sarebbe aggravata quando Pappalardo Fiumara ha scoperto che non era un insegnante, ma un prete. L’incontro “chiarificatore” tra i due e’ avvenuto in chiesa, ma ad ascoltare c’erano anche i carabinieri ai quali la vittima aveva denunciato il “ricatto a luci rosse”. E il pianista e’ stato arrestato. Pappalardo Fiumara ha ammesso gran parte dei fatti, ma ha negato di avere ricevuto soldi e ha spiegato di avere reagito in quel modo perche’ non voleva interrompere la relazione e di essersi sentito ingannato dal sacerdote che aveva nascosto la sua vera identita’. Il Gip Cannella, nel disporre gli arresti domiciliari di Pappalardo Fiumara, ha sottolineato che “sussistono gli elementi del reato di estorsione” perche’, “depurato il fatto da tutte le vicende relative al rapporto tra i due, che non assumono rilevanza penale, cio’ che e’ veramente significativo sta nella richiesta di denaro avanzata dall’indagato” per “non rivelare la loro relazione”.

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Commando armato tra i vicoli dei Quartieri: volevano uccidere

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Armi in pugno, volti coperti, in quattro hanno fatto irruzione nell’androne di Foqus, la Fondazione Quartieri Spagnoli, in via Portacarrese a Montecalvario. Erano circa le mezzanotte di domenica scorsa e i componenti del commando erano convinti che lì dentro si nascondesse l’uomo che stavano inseguendo per uccidere, come vendetta per un precedente agguato, avvenuto due settimane prima in via Nardones. Non trovandolo, sono fuggiti via. Attimi di terrore per il custode, che ha denunciato tutto.

Il contesto: vendetta e criminalità

Secondo le indagini della Squadra Mobile diretta da Giovanni Leuci, quella incursione armata è stata la risposta a un episodio camorristico. Un agguato, avvenuto a tarda notte tra i vicoli del centro, documentato grazie alla testimonianza di uno studente. L’inchiesta è condotta dalla DDA con il coordinamento del procuratore aggiunto Sergio Amato. Le immagini delle telecamere di videosorveglianza confermano la dinamica e il livello di pericolosità dei quattro incappucciati, armati di pistole e fucili.

L’emergenza criminale e il caso minorenni

L’attacco a Foqus arriva in un momento già delicato per Napoli, dove si sta alzando l’allarme sulla presenza di armi tra i giovanissimi. Solo pochi giorni fa due ragazzini di 14 e 15 anni sono stati pugnalati da coetanei nei pressi di piazza Dante, per futili motivi. Ieri, il prefetto Michele di Bari e l’assessore alla legalità Antonio De Iesu si sono recati nella zona degli accoltellamenti per incontrare commercianti e cittadini e ribadire l’importanza dell’impegno collettivo contro la devianza giovanile.

La missione di Foqus e la voce di Rachele Furfaro

“Domenica notte il nostro portone era aperto”, spiega Rachele Furfaro, fondatrice e presidente di Foqus. “Da quando siamo nati, nel 2013, abbiamo cercato di vivere la realtà dei Quartieri come una grande piazza, aperta alla contaminazione culturale e al contrasto della povertà educativa”. Non a caso, proprio ieri, la struttura ha ospitato un incontro con 750 studenti provenienti da tutta Italia, in collaborazione con la Robert Francis Kennedy Foundation e l’Università Orientale.

Diritti, scuola e coraggio nei Quartieri

“Serve più coraggio anche da parte delle scuole per stare in questi territori e mettere in campo interventi di qualità. Bisogna affermare il diritto alla formazione, alla lettura, al gioco”, insiste la presidente Furfaro. Un messaggio ancora più forte alla luce dell’ennesimo episodio di violenza giovanile che ha scosso Napoli lo scorso week end.

Il lavoro di Foqus non si ferma. La comunità reagisce, nonostante tutto.

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Videochiamata al concerto dal carcere, indagato Baby Gang

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La Procura di Catania ha indagato il rapper Zaccaria Mouhib, 24 anni, in arte Baby Gang, per concorso per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti, aggravato dall’avere favorito la mafia, e per avere violato la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, che gli impediva di essere presente nel capoluogo etneo. Agenti della squadra mobile della Questura di Lecco, in raccordo con quelli di Catania, hanno eseguito a Calolziocorte (Lecco) un decreto di perquisizione e hanno sequestrato lo smartphone dell’artista che nei prossimi giorni verrà sottoposto ad accertamenti forensi.

All’indagato la polizia ha anche notificato un foglio di via obbligatorio emesso dal Questore di Catania che vieta a Baby Gang di potere dimorare nel capoluogo etneo per quattro anni. Iniziativa che farà saltare il suo concerto previsto per l’8 agosto prossimo alla Villa Bellini. Al centro dell’inchiesta della Procura di Catania la sua partecipazione, lo scorso 1 maggio, sul palco della Plaia, all’One day music festival, dove, prima di esibirsi con la canzone ‘Italiano’, scritta con Niko Pandetta, fa vedere un video sul suo smartphone in cui sembra assistere a una videochiamata con il nipote dello storico capomafia Turi Cappello. Il trapper però è in un carcere in Calabria, detenuto dal ottobre del 2024 per spaccio di sostanze stupefacenti.

“È mio fratello, un c… di casino per Niko Pandetta”, ha incitato il pubblico dal palco l’artista mostrando il telefonino in cui si è visto il volto di Pandetta. Il gesto è stato ripreso da molti dei presenti che hanno poi postato i video sui social, diventati virali. Non è ancora chiaro se la videochiamata fosse in diretta o registrata, o fosse un antico video memorizzato. Per chiarire cosa fosse realmente accaduto e verificare se Pandetta abbia avuto la possibilità, dal carcere, di mandare un video o, addirittura, di partecipare in diretta al concerto del 1 maggio sulla spiaggia della Plaia la Procura di Catania ha avviato degli accertamenti, delegando le indagini alla squadra mobile della Questura. E da una perquisizione nella cella del carcere di Rossano, dove Pandetta è detenuto, eseguita il 3 maggio scorso, la polizia penitenziaria ha trovato e sequestrato un telefonino. Per questo motivo è stato indagato per accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di detenuti.

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False fatturazioni e riciclaggio, 29 misure e 40 perquisizioni

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Ventinove misure cautelari e 40 perquisizioni sono in corso di esecuzione in 10 citta tra Emilia Romagna , Campania e Lombardia nei confronti di presunti appartenenti a un’associazione per delinquere operante nel settore edilizio e dedita all’emissione di fatture false, riciclaggio e autoriciclaggio di denaro. Oltre 100 unità composte da operatori della polizia di Stato e da militari della guardia di finanza sono impegnate nell’operazione che si sta svolgendo Bologna, Ferrara, Modena, Ravenna, Reggio Emilia, Forlì, Rimini, Mantova, Napoli e Caserta. Si tratta del risultato di una complessa indagine – partita dalla segnalazione di movimentazioni di denaro sospette pervenuta alla polizia postale da parte di Poste Italiane – condotta dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica dell’ Emilia-Romagna coordinato dal Servizio polizia postale e per la sicurezza cibernetica, e dal Nucleo operativo metropolitano della guardia di finanza di Bologna, sotto la direzione del pubblico ministero Flavio Lazzarini della procura di Bologna.

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