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Tecnologia

Instagram compie 15 anni: da app vintage a gigante globale con tre miliardi di utenti

Instagram celebra 15 anni dalla nascita: da app per scatti vintage a piattaforma globale da tre miliardi di utenti, simbolo della comunicazione visiva e delle sfide sui social.

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Instagram compie 15 anni e celebra un percorso che ha trasformato il modo di comunicare nel mondo digitale. Nata il 6 ottobre 2010 da un’idea di Kevin Systrom e Mike Krieger, l’app venne pensata per condividere foto con filtri che ricordavano le vecchie Polaroid. In soli due mesi raggiunse un milione di utenti, un successo immediato che attirò l’attenzione di Mark Zuckerberg, pronto ad acquistare la società nel 2012 per un miliardo di dollari.

Oggi Instagram è parte dell’universo Meta, con un valore stimato di oltre 100 miliardi di dollari e tre miliardi di utenti attivi mensili, superando anche TikTok.


Dalla fotografia ai video brevi: l’evoluzione del linguaggio digitale

Dopo l’acquisizione da parte di Facebook, Instagram ha cambiato volto, diventando una piattaforma a 360 gradi: messaggi diretti, profili verificati, pubblicità, stories e reels. Le stories, introdotte nel 2016, hanno preso spunto da Snapchat, mentre i reels, arrivati nel 2020, hanno dichiaratamente sfidato TikTok sul terreno dei video brevi.

La piattaforma è oggi anche una vetrina commerciale e il terreno fertile in cui è nata la figura dell’influencer e dei creators, protagonisti di un’economia digitale che muove miliardi.


Le polemiche e le ombre del successo

Il successo di Instagram non è stato privo di controversie. Nel 2021, le rivelazioni dell’ex dipendente Frances Haugen al Wall Street Journal hanno acceso il dibattito sugli effetti del social sulla salute mentale degli adolescenti, spingendo il Senato americano ad aprire un’inchiesta. Da allora Meta ha introdotto profili protetti per i minori e strumenti di controllo per genitori e utenti.

Anche l’Unione Europea osserva da vicino la piattaforma, concentrandosi sui temi della privacy, del trattamento dei dati e dell’uso dell’intelligenza artificiale per la pubblicità.


Mosseri: “Non vi ascoltiamo, è solo l’algoritmo”

Negli ultimi giorni, il responsabile di Instagram Adam Mosseri ha pubblicato un video per smentire la teoria secondo cui l’app ascolterebbe le conversazioni private degli utenti per proporre pubblicità mirate.

“Instagram è cresciuta grazie ai reels, ai messaggi diretti e ai suggerimenti personalizzati“, ha spiegato Mosseri, indicando che la piattaforma continuerà a puntare su questi elementi.

A 15 anni dal primo scatto, Instagram resta uno specchio dei tempi: dal filtro vintage alle dirette globali, ha cambiato non solo la fotografia, ma anche il modo in cui il mondo racconta sé stesso.

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Batterie e tecnologie spaziali del futuro, Premio Nobel per la Chimica 2025 a Susumu Kitagawa, Richard Robson e Omar Yaghi

Le strutture metallo-organiche premiate con il Nobel potrebbero rivoluzionare energia, ambiente e spazio. Dai filtri per acqua pulita alle batterie del futuro, fino alle applicazioni con intelligenza artificiale.

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Le strutture metallo-organiche (MOF), i materiali che hanno valso il Premio Nobel per la Chimica 2025 a Susumu Kitagawa, Richard Robson e Omar Yaghi, promettono di rivoluzionare non solo l’ambiente, ma anche il futuro dell’energia e delle tecnologie spaziali.

Finora le loro applicazioni più studiate riguardano la cattura dell’anidride carbonica e la purificazione dell’acqua, ma gli scenari che si aprono sono ancora più vasti: dai filtri per riciclare aria e acqua nelle missioni spaziali fino alla realizzazione di celle a combustibile e batterie di nuova generazione.

Cosa sono i materiali MOF

I MOF sono materiali porosi formati da ioni metallici collegati da lunghe molecole organiche a base di carbonio. Queste combinazioni permettono di creare strutture tridimensionali regolari, simili a cristalli, con pori perfettamente ordinati e modulabili.

L’elemento distintivo è la presenza di cavità interne di dimensioni controllabili, che possono raggiungere superfici enormi: fino a 7.000 metri quadrati per grammo di materiale, secondo i calcoli del chimico Omar Yaghi. Una porosità straordinaria che rende questi materiali vere “spugne molecolari” capaci di immagazzinare e separare gas come idrogeno, metano e anidride carbonica.

Energia pulita, acqua potabile e catalisi chimica

Grazie alla loro versatilità, i materiali da Nobel sono considerati una chiave per l’energia pulita. Possono essere impiegati nelle celle a combustibile, nelle batterie a idrogeno e nei sistemi di stoccaggio dei gas rinnovabili.

Le loro cavità interne consentono anche di filtrare e purificare l’acqua in aree dove le risorse sono scarse, rimuovendo metalli pesanti e inquinanti. Alcuni MOF, inoltre, agiscono come catalizzatori innovativi, accelerando reazioni chimiche complesse o funzionando da sensori molecolari in ambito biomedico.

Le nuove frontiere: intelligenza artificiale e spazio

L’intelligenza artificiale è già all’opera per progettare nuove architetture molecolari di MOF con proprietà mirate, ottimizzando la combinazione tra i diversi ioni metallici e i leganti organici.
Allo stesso tempo, la ricerca guarda allo spazio: questi materiali potrebbero servire per riciclare aria e acqua a bordo delle navicelle, garantendo sostenibilità e autonomia nelle missioni di lunga durata.

I COF, l’evoluzione dei materiali porosi

Tra le più recenti innovazioni figurano i COF (Covalent Organic Frameworks), strutture simili ai MOF ma tenute insieme da legami covalenti, molto più forti e stabili. Questi materiali sono più duraturi e meno densi, ideali per immagazzinare idrogeno e anidride carbonica o persino per estrarre acqua dall’aria dei deserti.

Le scoperte di Kitagawa, Robson e Yaghi aprono dunque una nuova era per la scienza dei materiali: un ponte tra chimica, energia, ambiente e spazio, dove le “spugne molecolari” diventano protagoniste della transizione tecnologica globale.

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Supercalcolo e computer quantistici, l’Italia punta a crescere anche dopo il Pnrr

Dopo tre anni di investimenti, l’Italia conferma il suo ruolo di leader europeo nel supercalcolo e nelle tecnologie quantistiche. L’Icsc proseguirà la crescita con nuovi fondi e progetti dopo il Pnrr.

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Dopo tre anni di grandi investimenti, il mondo del supercalcolo italiano guarda già al futuro. È quanto emerso dal meeting annuale dell’Icsc – Centro Nazionale di Ricerca in HPC, Big Data and Quantum Computing, che si è concluso all’Isola d’Elba.
Durante l’incontro, ricercatori, istituzioni e partner industriali hanno tracciato un bilancio dei risultati raggiunti e le strategie per consolidare la crescita del settore dopo la fine del Pnrr.

Tre anni di risultati e una rete nazionale del supercalcolo

Abbiamo costruito un’infrastruttura distribuita nazionale di supercalcolo e Big Data, sviluppato tecnologie quantistiche per i computer del futuro e partecipato a quasi cento progetti con le industrie”, ha dichiarato Antonio Zoccoli, presidente dell’Icsc.
Il centro, fondato nel 2022 grazie a 320 milioni di fondi Pnrr, ha permesso all’Italia di conquistare un ruolo di primo piano in Europa nelle tecnologie HPC e quantistiche, diventando anche nodo nazionale dell’European Science Cloud.

“Il punto ora era: andiamo avanti? E come? La risposta è stata unanime: certamente!”, ha aggiunto Zoccoli, confermando che la crescita proseguirà con nuovi progetti e nuovi finanziamenti.

Nuovi fondi e prospettive di sviluppo

Per i prossimi tre anni, l’Icsc potrà contare su finanziamenti garantiti, tra cui 80 milioni l’anno dal Ministero dell’Università e della Ricerca, da suddividere tra i tre centri nazionali. “Ragionevolmente – ha spiegato Zoccoli – possiamo attenderci circa 20 milioni l’anno”.
A queste risorse si aggiungeranno tra 10 e 20 milioni di euro annui da progetti nazionali e internazionali, oltre ai ricavi derivanti dall’uso dell’infrastruttura di calcolo da parte di aziende esterne.

La sinergia tra ricerca e industria

“Uno degli aspetti più significativi emersi in questa tre giorni – ha sottolineato Francesco Ubertini, presidente del Cineca – è come l’Icsc sia ormai riconosciuto come il luogo d’incontro tra la ricerca scientifica e il mondo industriale. Le tecnologie sono il collante che unisce università e imprese”.

Il centro è infatti articolato in diversi spoke tematici, ognuno dedicato a specifiche linee di ricerca.

L’avanzata italiana nei computer quantistici

Tra i settori più innovativi, spicca quello dei computer quantistici, guidato da Paolo Cremonesi del Politecnico di Milano, leader dello spoke 10 dell’Icsc.
Il nostro risultato più importante è aver colmato il gap che l’Italia aveva con l’Europa e con il resto del mondo – ha spiegato Cremonesi –. Avevamo competenze di altissimo livello ma mancava la capacità di fare sistema e sviluppare dispositivi concreti”.

Grazie ai fondi del Pnrr, l’Icsc è riuscito a unire università e imprese, costruendo un ecosistema in grado di sviluppare progetti di grande rilievo internazionale e di proiettare l’Italia verso la nuova era del calcolo quantistico.

Il supercalcolo e la ricerca sui computer quantistici diventano così i pilastri dell’innovazione tecnologica nazionale, una sfida che l’Italia sembra decisa a vincere anche oltre il Pnrr.

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Google porta in Italia l’AI Mode: ricerche più intelligenti con testo, voce e immagini

Google lancia in Italia l’AI Mode, la nuova modalità di ricerca basata sull’intelligenza artificiale Gemini che consente di interagire con testo, immagini e voce per ottenere risposte più precise e personalizzate.

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Google porta in Italia l’AI Mode: ricerche più intelligenti con testo, voce e immagini

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Meta description SEO: Google lancia in Italia l’AI Mode, la nuova modalità di ricerca basata sull’intelligenza artificiale Gemini che consente di interagire con testo, immagini e voce per ottenere risposte più precise e personalizzate.

Suggerimento per immagine: Schermo di smartphone con interfaccia Google AI Mode attiva e microfono, lente e icona immagine visibili nella barra di ricerca.


L’intelligenza artificiale entra nella Ricerca Google

Conversare con Google per ottenere risposte più complesse e personalizzate è ora possibile anche in Italia.
Il colosso di Mountain View ha infatti lanciato AI Mode, la nuova modalità di ricerca basata sull’intelligenza artificiale, già disponibile negli Stati Uniti e ora estesa a 36 nuove lingue e quasi 50 Paesi, tra cui il nostro.

Grazie a Gemini, la versione personalizzata dei modelli linguistici avanzati di Google, gli utenti potranno porre domande articolate e multimediali, combinando testo, voce e immagini nella stessa ricerca.


Domande più complesse, risposte più pertinenti

«Gli utenti potranno chiedere cose che prima richiedevano più ricerche separate», spiega Google in un post ufficiale.
Che si tratti di organizzare un viaggio, scegliere un prodotto o approfondire un argomento, AI Mode è progettata per capire meglio le intenzioni dell’utente e fornire risultati più mirati.

La nuova modalità è accessibile come scheda dedicata nella pagina dei risultati e all’interno dell’app Google per Android e iOS. Con questo aggiornamento, l’intelligenza artificiale di Google copre oltre 200 Paesi e territori.


La sfida dell’affidabilità e della disinformazione

Google sottolinea che l’uso dell’IA nella ricerca è accompagnato da una forte attenzione alla qualità delle informazioni.
«Ci impegniamo a garantire accesso a fonti diverse e autorevoli. Nei casi in cui l’affidabilità non sia elevata, mostreremo un insieme di risultati di ricerca», spiega l’azienda.

Ammette però che, come per ogni tecnologia in fase iniziale, “i risultati potrebbero non essere sempre perfetti”.


AI Overview e il dibattito sul traffico dei siti

Google ha inoltre chiarito alcuni aspetti di AI Overview, la funzione già attiva in Italia che mostra riassunti generati dall’IA in cima ai risultati di ricerca.
Secondo l’azienda, i clic provenienti da questi riepiloghi sarebbero “di qualità superiore”, poiché gli utenti che li seguono rimangono più a lungo sulle pagine visitate.

Una precisazione che arriva dopo le preoccupazioni di diversi editori che hanno segnalato calo di traffico dovuto proprio ai riassunti automatici dell’intelligenza artificiale.

Con AI Mode, Google sembra puntare a un equilibrio: rendere la ricerca più intuitiva e intelligente, ma senza penalizzare l’ecosistema informativo da cui le risposte provengono.

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